“Non serve essere ebreo per essere sionista”. Infatti non serve. Per essere un sionista, si deve solo essere un razzista, un sostenitore del regime di Apartheid pieno di odio, violento e intollerante che occupa la Palestina dal 1948.
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Di Miko Peled – 15 luglio 2022
Immagine di copertina: Il presidente Joe Biden, al centro, parla con il Segretario di Stato americano Antony Blinken, a destra, e il Presidente israeliano Isaac Herzog presso la Sala della Memoria del Museo Memoriale dell’Olocausto Yad Vashem a Gerusalemme, 13 luglio 2022. Debbie Hill | Pool tramite AP
Al suo arrivo all’aeroporto Ben Gurion, che si trova sulle terre della città palestinese occupata di El-Lyd, il Presidente Joe Biden ha ripetuto il suo antico mantra: “Non serve essere ebreo per essere sionista”. Infatti non serve. Per essere un sionista, si deve solo essere un razzista, un sostenitore del regime di Apartheid pieno di odio, violento e intollerante che occupa la Palestina dal 1948. Si deve credere che le persone che non sono palestinesi hanno diritto alla Palestina e alle sue risorse. Per essere sionista, non è necessario essere ebrei, basta ripetere l’assurda affermazione che la Bibbia dà a tutti gli ebrei del mondo il diritto di uccidere i palestinesi che vogliono tornare alle loro case e alla propria terra.
In una nauseante dimostrazione di ipocrisia, il Presidente Biden, il Presidente israeliano Yitzhak Hertzog e il Primo Ministro Lapid hanno parlato di pace, giustizia e diritti umani come valori condivisi degli Stati Uniti e dello Stato di Israele. Erano passate meno di ventiquattro ore da quando John Bolton aveva ammesso di aver orchestrato colpi di Stato in Paesi di tutto il mondo. Questo anche dopo che l’esercito israeliano ed esponenti politici hanno apertamente parlato dell’assassinio di scienziati e funzionari iraniani.
I valori condivisi da Israele e dagli Stati Uniti sono chiaramente rappresentati dal fatto che il Presidente Biden è in visita in un Paese che solo di recente ha assassinato la giornalista americano-palestinese Shireen Abu-Akleh, tacendone. Il Presidente degli Stati Uniti è in Israele, incontra i capi dello Stato israeliano, eppure invece di usare tutta la forza della sua posizione, che è considerevole, per chiedere responsabilità, non fa e dice nulla.
E poi c’è il caso del giornalista americano Jamal Khashoggi. Gli omicidi di Khashoggi e quello di Shireen Abu Akleh non sono gli unici crimini commessi dai due regimi per i quali Biden sta mostrando amicizia, ma di questi due omicidi si è parlato molto e coinvolgono cittadini statunitensi, quindi si potrebbe pensare che avrebbe agito o almeno parlato.
Un pessimo affare
Il sostegno degli Stati Uniti a Israele è un pessimo affare per i contribuenti americani. 3,8 miliardi di dollari/euro di denaro dei contribuenti americani vengono inviati in Israele all’inizio di ogni anno. E con l’eccezione del complesso militare-industriale, gli americani ne ricavano poco.
I cittadini americani che desiderano recarsi in Palestina, in particolare se hanno un nome arabo o una famiglia lì, sono oggetto di molestie da parte delle autorità israeliane. Queste molestie hanno luogo all’aeroporto di Tel-Aviv, dove le autorità sono notoriamente razziste, anti-arabe e anti-musulmane. Le molestie possono durare molte ore e spesso sfociano nel rifiuto di ingresso nel Paese. I cittadini statunitensi non sono protetti dal disumano processo di interrogatorio che si svolge all’aeroporto durante il tragitto e non sono protetti dalla cittadinanza statunitense quando lasciano il Paese.
Un passaporto statunitense non protegge nemmeno gli americani dall’essere colpiti e uccisi dalle forze israeliane. Rachel Corrie e Shireen Abu-Akleh, entrambe cittadine degli Stati Uniti, sono state uccise in pieno giorno. Indossavano equipaggiamento di sicurezza, erano ben identificabili come civili non combattenti e furono entrambe assassinate in piena vista. Washington non ha fatto alcuno sforzo per assicurare i criminali alla giustizia.
Un altro cittadino statunitense morto per mano dei soldati dell’IDF è Omar Abdalmajeed As’ad. Morì il 12 gennaio dopo essere stato arrestato dalle truppe dell’IDF. Secondo un rapporto del Jerusalem Post, il settantottenne As’ad “è stato arrestato, ammanettato, bendato e imbavagliato”, dopodiché i soldati se ne sono andati. Inoltre, secondo il rapporto del Post, “i soldati non hanno chiesto assistenza medica e lo hanno lasciato lì credendo che si fosse addormentato”. Sebbene diversi membri del congresso abbiano rilasciato dichiarazioni, non è stata intrapresa alcuna azione reale per ritenere Israele responsabile.
Dov’era il governo degli Stati Uniti che doveva proteggerlo? Dov’era la richiesta di indagare e consegnare i colpevoli alla giustizia? e dove sono le sanzioni contro lo Stato di Israele, che non mostra alcuna considerazione per la vita dei palestinesi?
L’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem ha commentato che: “L’annuncio dell’esercito in merito alla morte di Omar Assad è adornato con parole vuote sul ‘fallimento morale’, concludendo, come previsto, con il più lieve dei rimproveri. Infatti, il fallimento morale fondamentale è quello dei vertici israeliani, che guidano un regime di supremazia ebraica, in cui la vita umana dei palestinesi non ha alcun valore”.
Nessuna democrazia, nessuna stabilità
Contrariamente a quanto si dice su Israele, non è né una democrazia né un’isola di stabilità. Sono passati diversi anni da quando Israele è stato in grado di funzionare come uno Stato. Ciò è dovuto al fatto che non c’è stato un governo con una maggioranza stabile in carica. Si tengono continuamente elezioni, e anche se i risultati sono prevedibilmente gli stessi, non si forma un governo stabile. I risultati elettorali sono stati coerenti, mostrando chiaramente ciò che vogliono gli elettori israeliani, vale a dire, sono favorevoli a un governo forte e di estrema destra guidato da razzisti come Benjamin Netanyahu, che è stato incriminato per corruzione, e generali criminali di guerra come Benny Gantz.
Né la corruzione né i crimini di guerra sembrano avere alcun impatto sugli elettori e queste persone vengono ripetutamente elette. L’unica cosa che cambia sono le collaborazioni tra i politici che raramente durano molto a lungo e i nuovi generali che entrano nell’arena politica. L’unica cosa che rimane costante nella politica israeliana è Benjamin Netanyahu. Lui e i suoi fedeli seguaci del Partito Likud sono l’unico elemento stabile e coerente nella politica israeliana.
Per chi lavora Joe Biden?
A giudicare dalla sua prestazione, Joe Biden lavora per l’AIPAC e non per il popolo americano. Ha perseguito ogni obiettivo, stretto ogni mano e ripetuto i suoi mantra, cercando chiaramente di compiacere i suoi sostenitori in patria. Secondo i rapporti, si è persino assicurato di dire a Benjamin Netanyahu che gli piace. La sua intervista alla televisione israeliana includeva l’impegno a mantenere la Guardia Rivoluzionaria Iraniana nell’elenco delle organizzazioni terroristiche e persino ad attaccare l’Iran se fosse stato necessario per impedirgli di sviluppare armi nucleari. Non è ciò che vogliono i suoi elettori negli Stati Uniti, ma è ciò che Israele e l’AIPAC si aspettano da lui.
Miko Peled è uno scrittore e attivista per i diritti umani, nato a Gerusalemme. È autore di “The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine” (Il figlio del generale. Viaggio di un Israeliano in Palestina) e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five” (Ingiustizia, Storia dei Cinque Della Fondazione Terra Santa).
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org