La foto di copertina è dedicata al compagno e amico Mario Contu improvvisamente deceduto la mattina del 19 febbraio del 2005. Le foto inserite nell’articolo sono state riprese dall’archivio fotografico di “LaCaverna” sito WEB nato a Torino in occasione del G8 del 2001 e chiuso qualche anno dopo. Nella copertina Mario martedì 31 Luglio 2001 dopo aver visitato il carcere di Alessandria dove erano detenuti un gruppo di compagni tedeschi e torinesi, arrestati durante le giornate del G8 , riferisce dell’esito durante la manifestazione in piazza organizzata da CSOA Askatasuna di Torino.
Oggi, come all’ora, Askatasuna è indagata per associazione sovversiva. I reati contestati partono dal 2009, quando nel capoluogo torinese gli studenti dell’Onda si rivoltarono contro il G8 sull’università. Askatasuna occupa uno stabile in corso Regina Margherita dal 1996, dove si svolgono momenti assembleari di auto-organizzazione e attività culturali, sportive, di mutuo aiuto e solidarietà.
«L’attacco al sindacalismo di base è in continuità con il nostro, le ragioni sono politiche – dice Dana Lauriola, anche lei inquisita – Continueremo a lottare con serenità e determinazione, ma sta accadendo qualcosa di preoccupante. Questa criminalizzazione del dissenso deve far riflettere».
di MARCO PREVE
Genova, un poliziotto racconta cosa è successo nella caserma del Gruppo operativo mobile di polizia penitenziaria a Bolzaneto il lager dei Gom “Calci, pugni, insulti: i diritti costituzionali erano sospesi. E dicevano: tranquilli, siamo coperti”
da Repubblica del 26 Luglio
GENOVA – Un poliziotto che presta servizio al Reparto Mobile di Bolzaneto, e di cui Repubblica conosce il nome e il grado ma che non rivela per ragioni di riservatezza, racconta la “notte cilena” del G8. “Purtroppo è tutto vero. Anche di più. Ho ancora nel naso l’odore di quelle ore, quello delle feci degli arrestati ai quali non veniva permesso di andare in bagno. Ma quella notte è cominciata una settimana prima. Quando qui da noi a Bolzaneto sono arrivati un centinaio di agenti del Gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria”.
E’ il primo di uno dei molti retroscena sconosciuti del drammatico sabato del G8. Il nostro interlocutore ammette che “nella polizia c’è ancora tanto fascismo, c’è la sottocultura di tanti giovani facilmente influenzabili, e di quelli di noi che quella sera hanno applaudito. Ma il macello lo hanno fatto gli altri, quelli del Gom della penitenziaria”.
E il pestaggio sistematico nella scuola? “Quello è roba nostra. C’è chi dice sia stata una rappresaglia, chi invece che da Roma fosse arrivato un ordine preciso: fare degli arresti a qualunque costo. L’intervento lo hanno fatto i colleghi del Reparto Mobile di Roma, i celerini della capitale. E a dirigerlo c’erano i vertici dello Sco e dirigenti dei Nocs, altro che la questura di Genova che è stata esautorata. E’ stata una follia. Sia per le vittime, che per la nostra immagine, che per i rischi di una sommossa popolare. Quella notte in questura c’era chi bestemmiava perché se la notizia fosse arrivata alle orecchie dei ventimila in partenza alla stazione di Brignole, si rischiava un’insurrezione”.
La trasformazione della caserma di Bolzaneto in un “lager” comincia lunedì con l’arrivo dei Gom, reparto speciale istituito nel 1997 con a capo un ex generale del Sisde, e già protagonista di un durissimo intervento di repressione nel carcere di Opera. Appena arrivati – vestiti con le mimetiche grigio verde, il giubbotto senza maniche nero multitasche, il cinturone nero cui è agganciata la fondina con la pistola, alla cintola le manette e il manganello, e la radiotrasmittente fissata allo spallaccio – prendono possesso della parte di caserma che già alcune settimane prima del vertice era stata adattata a carcere, con annessa infermeria, per gli arrestati del G8.
La palestra è stata trasformata nel centro di primo arrivo e di identificazione. Tutti i manifestanti fermati vengono portati qui, chi ha i documenti li mostra, a tutti vengono prese le impronte. A fianco alla palestra, sulla sinistra, accanto al campo da tennis, c’è una palazzina che è stata appositamente ristrutturata per il vertice ed è stata trasformata nel carcere vero e proprio. All’ingresso ci sono due stanzoni aperti che fungono da anticamera. Qui, la notte di sabato, fino a mattina inoltrata di domenica, staziona il vicecapo della Digos genovese con alcuni poliziotti dell’ufficio e qualche carabiniere.
“Quello accaduto alla scuola e poi continuato qui a Bolzaneto è stata una sospensione dei diritti, un vuoto della Costituzione. Ho provato a parlarne con dei colleghi e loro sai che rispondono: che tanto non dobbiamo avere paura, perché siamo coperti”.
Quella notte. “Il cancello si apriva in continuazione – racconta il poliziotto – dai furgoni scendevano quei ragazzi e giù botte. Li hanno fatti stare in piedi contro i muri. Una volta all’interno gli sbattevano la testa contro il muro. A qualcuno hanno pisciato addosso, altri colpi se non cantavano faccetta nera. Una ragazza vomitava sangue e le kapò dei Gom la stavano a guardare. Alle ragazze le minacciavano di stuprarle con i manganelli… insomma è inutile che ti racconto quello che ho già letto”.
E voi, gli altri? “Di noi non c’era tanta gente. Il grosso era ancora a Genova a presidiare la zona rossa. Comunque c’è stato chi ha approvato, chi invece è intervenuto, come un ispettore che ha interrotto un pestaggio dicendo “questa non è casa vostra”. E c’è stato chi come me ha fatto forse poco, e adesso ha vergogna”. E se non ci fossero stati i Gom? “Non credo sarebbe accaduto quel macello. Il nostro comandante è un duro ma uno di quelli all’antica, che hanno il culto dell’onore e sanno educare gli uomini, noi lo chiamiamo Rommel”.
Che fine hanno fatto i poliziotti democratici? “Siamo ancora molti – risponde il poliziotto – ma oggi abbiamo paura e vergogna”.
(26 luglio 2001)