Merav Michaeli e Israele assediato

Merav Michaeli, leader del Partito Laburista israeliano, schernisce due milioni di palestinesi che vivono sotto assedio a Gaza: “Nessuno Stato sovrano accetterebbe un assedio ai suoi residenti da parte di un’organizzazione terroristica”.

Fonte: english version

Di Jonathan Ofir – 7 agosto 2022

Ecco cosa ha twittato venerdì pomeriggio il Ministro dei Trasporti israeliano Merav Michaeli, che è la leader del Partito Laburista, mentre Israele iniziava il suo ciclico attacco non provocato a Gaza, che nel momento in cui scrivo ha causato la morte di 31 palestinesi di Gaza, tra cui 6 bambini, con 0 morti israeliane.

“I residenti di Israele meritano di vivere al sicuro. Nessuno Stato sovrano accetterebbe un assedio ai suoi residenti da parte di un’organizzazione terroristica”.

Ci vuole davvero un bel coraggio per capovolgere la realtà in quel modo. Il breve tweet (che includeva anche minacce alla Jihad islamica e “Rafforzare lo status delle forze di sicurezza”) non ha fatto alcun riferimento all’assedio che Gaza sta vivendo da 15 anni nella sua forma attuale e disumana.

No, sono gli israeliani, che subiscono pochissime perdite, grazie al sistema di protezione antimissilistico Iron Dome e a molti rifugi antiaerei che sono ovunque, comprese le case private, ad essere “assediati”.

Sicuramente, Michaeli è consapevole del linguaggio che usa. Le è stato fatto notare. La prima risposta su tweet del giornalista israeliano Israel Frey citava:

La verità è che se qualcuno qui è assediato, è Gaza da Israele.

Ma questo non è destinato a provocare alcun serio risveglio morale dall’ipocrita Michaeli. Israele è sotto “assedio” e nient’altro conta. Non possiamo vivere così.

Tale falso vittimismo è radicato profondamente del DNA del sionismo, non ultimo nella sua forma Laburista. Ricorda come il defunto Ministro degli Esteri Laburista, Abba Eban, descrisse le frontiere di Israele 50 anni fa come i “confini di Auschwitz”.

Sì, Eban stava parlando all’ONU nel 1969 e spiegava perché Israele non poteva tornare ai suoi cosiddetti “confini del 1967”, che erano le linee del cessate il fuoco del 1949, che erano un’espansione dei confini assegnati dalle Nazioni Unite nel 1947, poiché quei confini erano presumibilmente così sottili da infondere “una sorta di ricordo di Auschwitz”, ed Eban sottolineò che “non stava esagerando”.

Beh, allora suppongo che non sto esagerando, né lo fa la giornalista di Haaretz Amira Hass, quando fa notare che se qualcuno qui è prigioniero in un campo di concentramento, sono gli abitanti di Gaza, a causa dell’assedio israeliano.

Uno dei maggiori problemi con il sistema Iron Dome, che è preponderantemente finanziato dagli Stati Uniti, è che gli israeliani possono sopportare molti più attacchi periodici di Gaza, perché costano loro pochissime vite, se non addirittura nessuna. Sì, alcuni di loro potrebbero dover correre ai ripari, soprattutto al Sud, per proteggersi dal presunto 5% di razzi che non vengono intercettati dal sistema, quei razzi interromperanno le loro vite e metteranno alcuni in uno stato di ansia, ma è incomparabile a ciò che gli abitanti di Gaza dovranno subire con i bombardamenti indiscriminati su una popolazione civile indifesa.

E io sono per la sicurezza, e la sicurezza per tutti. Ma a causa della natura di questa situazione e dell’equilibrio dei poteri estremamente sbilanciato, il sistema Iron Dome funge da anestetizzante per gli israeliani, riducendo così la pressione per fermare gli attacchi a Gaza. In questo senso, l’Iron Dome è un’arma d’attacco non ufficiale e indiretta, non difensiva.

E quando i razzi non disturbano la pace degli israeliani, quasi nessuno di quegli israeliani vuole sapere della realtà invivibile in cui hanno costretto Gaza.

L’uso da parte di Michaeli della parola “assedio” era apparentemente in riferimento ad alcuni giorni in cui le città israeliane nel Sud erano in allerta a causa del timore di rappresaglie da parte della Jihad islamica, dopo che Israele aveva arrestato il suo leader Bassam al-Saadi a Jenin nell’Ovest della Cisgiordania occupata lunedì scorso. Ma quelli che sono stati  di nuovo veramente assediati sono i palestinesi di Gaza, perché anche i loro pochi valichi di accesso per le necessità mediche di base e il carburante per la centrale elettrica, sono stati chiusi. L’impianto è stato chiuso a causa della mancanza di carburante. Gli abitanti di Gaza devono razionare l’uso di energia elettrica a circa 4 ore al giorno. L’organizzazione umanitaria Gisha ha chiesto giovedì l’apertura di questi valichi:

“Il blocco all’uscita delle merci aggrava anche le perdite finanziarie causate dalla chiusura dei valichi, e questo per un’economia già devastata da decenni di restrizioni e dagli ultimi 15 anni di blocco imposto da Israele sulla Striscia. La decisione di Israele di chiudere i valichi di Gaza ha gravi ripercussioni per i suoi abitanti e si aggiunge all’impatto del blocco illegale che impone regolarmente”.

Ma no, è Israele che è sotto assedio, dice Michaeli.

Michaeli sa sicuramente che nell’aver usato la parola assedio sta schernendo direttamente i palestinesi, deridendo e sminuendo l’assedio di Gaza. Questo è altamente offensivo, ma non aspettatevi di vedere Michaeli correggersi o scusarsi. Al contrario, il “governo del cambiamento” israeliano sta ora cercando di dimostrare il suo valore come governo belligerante, soprattutto perché il suo leader, il Primo Ministro ad interim Yair Lapid è considerato un centrista liberale (non è affatto così) e non ha credenziali militari da esibire. L’assalto a Gaza è ora la sua prova di virilità, con i caccia F-35 lanciati sulla popolazione in gran parte indifesa di Gaza. E Michaeli, che dovrebbe rappresentare la sinistra progressista (ma non è affatto così) ha bisogno di rafforzare la sua posizione rafforzando la posizione delle forze di sicurezza.

Il governo del “cambiamento” è ora in competizione con Benjamin Netanyahu, il suo rivale nelle imminenti elezioni, su chi ha il grilletto più facile, e questi ce l’hanno davvero facile.

Una volta terminato l’assalto, la situazione di presunta “stabilità”; Gaza sotto assedio ma senza razzi, deve solo reggere per tre mesi, fino alle elezioni del 1° novembre. In modo che Lapid, Michaeli e i loro simili possano dimostrare che anche loro possono “falciare il prato” di Gaza così come un governo Netanyahu, se non meglio. E ovviamente il Ministro della Difesa Benny Gantz, che si è vantato durante la campagna elettorale del 2019 di aver riportato Gaza “all’età della pietra”, sarà una risorsa in questo sforzo.

Gli israeliani non possono tollerare un assedio, anche se è immaginato e inventato, contro di loro. Ma se è su Gaza, allora va bene, purché gli abitanti di Gaza non si lamentino o reagiscano.

Jonathan Ofir è un musicista, direttore d’orchestra e blogger/scrittore israeliano residente in Danimarca.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org