Evitiamo l’uso della parola Olocausto. Chiediamo solo la fine della tirannia israeliana per i palestinesi

Per anni i palestinesi hanno cercato di raccontare la storia della loro Nakba perché, dal loro punto di vista, è il loro Olocausto.

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Di Hanin Majadli – 19 agosto 2022

Immagine di copertina: Famiglie palestinesi vengono espulse dal loro villaggio  Photograph by David S. Boyer / Corbis

Gli ebrei israeliani sono arrabbiati con il Presidente palestinese Mahmoud Abbas. Quest’uomo irrilevante che serve principalmente come appaltatore per l’occupazione israeliana in Cisgiordania ha affermato questa settimana che Israele ha compiuto “50 olocausti” contro i palestinesi. Ha dimenticato per un momento che è assolutamente vietato usare la parola “Olocausto”, prerogativa esclusiva degli ebrei. Appartiene solo a loro. Ne hanno il monopolio.

Oppure critichiamolo, ma allo stesso tempo, troviamo un’altra parola per quello che sta succedendo qui sotto il nostro naso da 75 anni. Dopotutto, la parola “Nakba” (quando più di 700.000 arabi fuggirono o furono espulsi dalle loro case durante la Guerra d’Indipendenza israeliana del 1947-1949) non si può nominare in Israele e nemmeno la parola “Apartheid”. La maggior parte degli israeliani non accetta nemmeno la parola “Occupazione”.

Quindi avanti, ci dicano una parola che rappresenti; pulizia etnica, uccisioni, massacri, deportazioni, furti, espulsioni, annessioni, migliaia di morti. Una parola che riflette una situazione in cui la libertà e anche il diritto più elementare, il diritto all’autodeterminazione, il diritto di vivere come un popolo uguale a tutti gli altri popoli, è stato violentemente sottratto. Non un Olocausto; qualcos’altro.

Non è un caso che gli ebrei israeliani abbiano reagito alle parole di Abbas nel suo discorso a Berlino martedì. Per anni, con impressionante perseveranza e persistenza, Israele ha nutrito una pretesa di antisemitismo contro qualsiasi critica palestinese, o meno, al suo comportamento nei Territori Occupati e in generale. Parte del motivo è macchiare la giusta lotta palestinese per la libertà e per la vita, e dipingerla come antisemita. Com’è facile e conveniente trasformare la battaglia contro l’occupazione e l’Apartheid in una battaglia per il “Mai Più”, come se i palestinesi fossero nazisti e coloro che li sostengono fossero “i loro aiutanti”.

 

Studenti palestinesi visitano il Museo dell’Olocausto Yad Vashem a Gerusalemme. Credito: Maya Levin, Jini

Per anni i palestinesi hanno cercato di raccontare la storia della loro Nakba perché, dal loro punto di vista, è il loro Olocausto. Ma la questione qui non è semantica, è fondamentale. Quindi si tengano pure la parola “Olocausto”e liberino i palestinesi dall’occupazione, dai crimini che sono stati commessi contro di essi, dalla tirannia israeliana, dalla condiscendenza, dal sottrarsi alle responsabilità, dalla negazione e dalla capacità di vivere in pace con loro stessi nonostante tutti questi peccati.

Questa settimana abbiamo anche sentito che l’esercito ha ucciso cinque bambini in un attacco a Gaza durante l’Operazione Alba Spezzata. Non un Olocausto, ma come descrivere questo martirio? E questo è solo un martirio tra le centinaia e migliaia che a volte si verificano ogni giorno, ogni settimana e ogni mese, e in ogni operazione. Come descrivere il ​​fatto che, nonostante tutto questo, Israele non riconosce i suoi crimini, non si scusa per essi e non cerca di impegnarsi per una restituzione storica, per non parlare di una soluzione giusta ed equa?

Una cosa di cui gli ebrei israeliani sono esperti è essere scioccati dal fatto che la loro catastrofe, il loro trauma, la loro tragedia non siano riconosciuti. Perché solo loro esistono, solo loro sono vittime. È un po’ ironico che Abbas venga ora crocifisso. Dopotutto, ha teso una mano a Israele per 13 anni sperando che qualcuno la stringesse. Abbas è pragmatico, non violento e vuole la pace. In cambio, viene completamente ignorato dall’occupante compiaciuto e condiscendente. Sii il nostro appaltatore, occupati del coordinamento della sicurezza, dacci i nomi di cui abbiamo bisogno, reprimi la resistenza popolare, consegna i nostri oppositori, ma dacci una pausa e non parlarci di pace e cose del genere. Servici e stai zitto.

Così ora ha finalmente trovato un modo per ottenere un po’ di attenzione da parte degli israeliani.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

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