L’articolo dell’Economist sulle donne arabe e l’obesità è un altro esempio di ipocrisia occidentale quando si tratta degli standard che valgono per le donne arabe rispetto alle donne europee.
Fonte: english version
Yousra Samir Imran – 19 agosto 2022
Immagine di copertina: The Economist ha utilizzato una fotografia della famosa attrice irachena Enas Taleb per il suo articolo su “Perché le donne sono più grasse degli uomini nel mondo arabo”.
Il settimanale di attualità britannico The Economist ha suscitato molto scalpore all’inizio di questo mese quando ha pubblicato un articolo intitolato “Perché le donne sono più grasse degli uomini nel mondo arabo”, utilizzando una fotografia della famosa attrice irachena Enas Taleb tratta dall’International Babylon Festival dello scorso anno. Taleb di conseguenza ha deciso di citare in giudizio per quella che lei dice essere diffamazione personale, definendo l’articolo “un insulto alle donne arabe”. E ha ragione.
L’articolo cita la povertà, le diete ricche di carboidrati, un più alto tasso di disoccupazione delle donne, motivi di sicurezza, norme sociali che disapprovano le donne che fanno esercizio fuori casa e, infine, la “preferenza” degli uomini arabi per le donne curvy come ragioni alla base del divario di obesità in Medio Oriente che è al 26% rispetto al 16% per gli uomini. Sebbene alcune di queste ragioni siano in una certa misura vere, l’articolo è semplicistico e privo di sfumature, presentando un’immagine omogenea dei paesi arabi, concentrandosi solo su Iraq ed Egitto e usandoli per definire un’intera immagine del Medio Oriente.
La realtà è che il livello di preoccupazione per la sicurezza varia da paese a paese, con alcuni ancora pesantemente nel mezzo di una guerra, come Yemen e Siria, mentre altri che stanno ancora cercando di riprendersi dal conflitto, come Iraq, Libano e Libia. E poi ci sono quei paesi relativamente stabili come gli stati del Golfo, il Marocco, la Tunisia e la Giordania.
”L’affermazione dell’Economist è in completo contrasto con la body positivity che i media occidentali celebrano quando si tratta di donne formose europee o americane, con il movimento di body positivity che sottolinea che la propria figura non è un’indicazione o una misura di buona salute né di felicità. Ma quando si tratta di donne arabe formose, improvvisamente è un indicatore del fatto che gli abitanti del Medio Oriente non sono sufficientemente istruiti né sanno cosa è bene per loro, ribadendo tutti quei vecchi tropi orientalisti.”
L’idea che non sia socialmente accettabile fare esercizio fuori casa, varia ancora da paese a paese nel mondo arabo, e la scena è in continua evoluzione, rendendo nel migliore dei casi inesatta la dichiarazione generale dell’articolo.
Da ex personal trainer che ha lavorato nel Golfo con una clientela prevalentemente femminile araba, nonché ex editorialista di fitness per Grazia Arabia, posso dirvi che il Medio Oriente, proprio come il resto del mondo, è stato morso dal fitness bug e che le donne arabe di tutti i ceti sociali vanno in palestra.
Sarebbe ingenuo non riconoscere che per molte donne della regione andare in palestra è un lusso, ma dalla mia esperienza di coaching in Qatar e da quello che ho visto nella patria di mio padre, l’Egitto, c’è un numero crescente di palestre che soddisfano budget diversi. Dalle palestre più semplici con attrezzature di seconda mano che hanno aperto in stanze e corridoi di vecchi condomini, a quelle più lussuose dotate di spa che si affacciano sul mare – le ho viste tutte e tendono a essere separate per genere.
Il documentario egiziano “Lift Like A Girl” è un eccellente esempio di come stanno cambiando gli atteggiamenti sociali nei confronti delle donne che vanno in palestra per allenarsi, con un focus particolare sulla classe operaia.
Quelle poche donne arabe che ho incontrato in Qatar e che non andavano in palestra, (a causa della paura che gli altri le giudicassero, cosa che le donne di tutto il mondo sperimentano), avevano spesso macchine per esercizi a casa. Le riviste femminili arabe sono piene di articoli su rashaqa, o fitness.
Hi @TheEconomist can you explain why you keep posting racist sexist stuff!!? pic.twitter.com/ThJ7rD6PcX
— Sulafa Zidani, PhD (@sulafaz) 4 agosto 2022
La verità è che l’articolo dell’Economist è un altro esempio dell’ipocrisia dei media occidentali quando si tratta degli standard che valgono per le donne arabe rispetto alle donne europee o americane. L’articolo termina affermando che, poiché gli uomini arabi “preferiscono” che le loro donne siano “ruben-esque”, le donne arabe cercano seriamente di ingrassare o di mantenere le loro curve. Si conclude affermando: “Purtroppo nel mondo arabo o in qualsiasi altro luogo, questa non è certo la strada per una buona salute, per non parlare della felicità”.
Questa affermazione è in completo contrasto con la body positivity che i media occidentali celebrano quando si tratta di donne formose europee o americane, con il movimento di body positivity che sottolinea che la propria figura non è un’indicazione o una misura di buona salute né di felicità. Ma quando si tratta di donne arabe formose, improvvisamente è un indicatore del fatto che gli abitanti del Medio Oriente non sono sufficientemente istruiti né sanno cosa sia bene per loro, ribadendo tutti quei vecchi tropi orientalisti.
Un altro esempio recente di questa ipocrisia è stato durante le Olimpiadi della scorsa estate, quando numerose squadre di atletica leggera europee hanno sfidato la sessualizzazione nello sport indossando tute e altri abiti più “modesti”. Le loro azioni sono state celebrate, definite potenti e femministe, ma quante atlete dei paesi mediorientali sono state squalificate per aver provato a indossare un abbigliamento sportivo modesto?
Gli amanti della moda chiedono a gran voce di indossare cappotti oversize, kimono svolazzanti e foulard fantasia che sfilano durante la settimana della moda, ma quando si tratta di donne mediorientali che ogni giorno indossano il look oversize o abaye magnificamente ricamate, è improvvisamente oppressione. Come disse all’epoca l’editore di “It’s Not About the Burqa” Mariam Khan, ciò che è per le donne bianche è emancipazione, per le donne musulmane è oppressione.
In quanto donne arabe, siamo oggetto di continue critiche da parte dei media occidentali. L’articolo dell’Economist è un’ulteriore prova di come l’Occidente creda di avere il diritto di fare dei nostri corpi un argomento di discussione e di interesse, una forma più tranquilla della feticizzazione che le nostre madri furono costrette a sopportare da artisti e fotografi orientalisti francesi e britannici durante il 19esimo e 20esimo secolo. È già abbastanza difficile essere una donna ed essere oggetto di giudizio da parte degli uomini, della società e dei media, ma è un doppio smacco quando sei una donna araba e il tuo corpo è usato come argomento e come una sorta di immagine distorta dai media occidentali, come se i nostri Indici di Massa Corporea fossero la prova dei mali percepiti dall’Occidente nei confronti delle società arabe.
Yousra Samir Imran è una scrittrice e autrice egiziana britannica che vive nello Yorkshire. È l’autrice di Hijab e Red Lipstick, pubblicato da Hashtag Press.
Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org