Come ufficiale di carriera nell’esercito israeliano, non c’è dubbio che Herzi Halevi abbia partecipato a innumerevoli attacchi contro i civili e non ha alcuna esperienza nell’affrontare un vero esercito.
Fonte: english version
Di Miko Peled – 20 settembre 2022
Nel numero del 15 novembre 2013 del New York Times, c’era un pezzo di Jodi Rudoren intitolato: “Per un filosofo-Generale in Israele, la pace è il momento di prepararsi alla guerra”. Questo articolo riguardava il Generale israeliano Herzi Halevi, che all’epoca era Generale di Brigata e Comandante della Regione della Galilea settentrionale. All’inizio di questo mese, il Ministro della Difesa israeliano, Benny Gantz, ha annunciato di aver scelto Levy come nuovo Capo di Stato Maggiore dell’IDF. Mentre la stampa israeliana esaltava le virtù del Generale, è stato citato anche il pezzo del Times.
Quindi quali sono esattamente le virtù che questo Generale israeliano possiede e che lo hanno reso degno di un’esposizione del New York Times nel 2013 e della nomina a nuovo Capo di Stato Maggiore dell’IDF nel 2022? Rudoren ne ha elencate alcune nel suo articolo:
“Il Generale Halevi, 45 anni, triatleta e padre di quattro figli, ha affermato che i suoi studi universitari in filosofia si sono rivelati più importanti per la dirigenza militare rispetto ai corsi di amministrazione aziendale. Considerato uno dei migliori candidati per guidare l’esercito come Capo di Stato Maggiore, il Generale Halevi è un ex paracadutista e comandante dell’unità di ricognizione d’élite Sayeret Matkal”.
Se le parole su una pagina facessero rumore, la descrizione di Halevi fatta da Rudoren suonerebbe sicuramente come un’ovazione. Ci si può aspettare che ora che è stato selezionato, senta che la sua visione di lui era davvero perspicace.
Un passato di crimini di guerra
Come ufficiale di carriera nella fanteria israeliana, non può esserci dubbio che abbia partecipato a innumerevoli attacchi contro civili e manchi di alcuna esperienza nell’affrontare un vero esercito.
I giornali israeliani avevano menzionato la sua partecipazione al rapimento di Mustafa Dirani nel 1994, un leader libanese sciita di quello che allora era il Movimento Amal. Fu rapito dalla sua casa nel Sud del Libano durante un’incursione delle forze speciali. Gli israeliani si aspettavano che sotto interrogatorio, Dirani avrebbe detto loro dove si trovava il navigatore dell’aeronautica Ron Arad, catturato otto anni prima dopo che il suo aereo era stato abbattuto in territorio libanese. Dirani non ha detto loro nulla e dopo dieci anni di detenzione nelle carceri israeliane senza accusa, è stato rilasciato in uno scambio di prigionieri tra Israele e Hezbollah. Mentre alcuni possono considerare questo rapimento di un cittadino straniero da parte delle forze speciali israeliane come una sorta di eroismo, in realtà è un atto di pirateria e una grave violazione del diritto internazionale.
In qualità di Comandante della Brigata Paracadutisti dell’IDF, Halevi ha partecipato al massacro di Gaza del 2008 che Israele chiama “Operazione Piombo Fuso”. È stato un assalto senza precedenti contro una popolazione civile indifesa; quasi 1500 persone sono state uccise. Altre migliaia sono rimaste ferite e circa ventimila persone sono rimaste senza casa. L’assalto è terminato il giorno prima che Barack Obama prestasse giuramento come Presidente degli Stati Uniti. Obama non ha condannato l’assalto o l’uccisione di civili. C’è da chiedersi perché Jodi Rudoren non gli abbia chiesto conto di questo enorme crimine di guerra, soprattutto perché era un comandante in comando nella sua esecuzione.
Il 6 giugno 2018, Halevi è diventato il Capo del Comando Meridionale israeliano, che sovrintende all’attività dell’IDF intorno alla Striscia di Gaza. Nel novembre 2019 ha comandato un assalto a Gaza in cui sono state uccise più di venti persone, tra cui diversi bambini.
L’elenco delle partecipazioni del filosofo-Generale include la Prima e la Seconda Intifada, e “l’Operazione Scudo Difensivo”, in cui le forze israeliane hanno attaccato, ucciso e distrutto città palestinesi in tutta la Cisgiordania, inclusa la famosa battaglia e il massacro nel campo profughi di Jenin. Ha anche partecipato alla seconda guerra libanese, dove Hezbollah ha battuto sonoramente le forze di terra israeliane, ma ha comunque provocato oltre un milione di rifugiati nel Libano meridionale. L’elenco continua fino ai giorni nostri, ogni massacro, ogni brutale assalto ai palestinesi, siano essi combattenti o civili, Halevi era lì. È stato sulla pelle dei palestinesi che si è guadagnato le stellette, per così dire.
Eppure niente di tutto questo è stato menzionato dal New York Times. Infatti, se si deve credere a Jodi Rodoren, questo era un Generale profondamente riflessivo, forse anche etico, con una visione filosofica della vita, che gli ha permesso di svolgere il suo importante lavoro. Quello che avrebbe dovuto dire è che questo è l’ennesimo criminale di guerra israeliano con le mani intrise del sangue di palestinesi innocenti.
Sei comandanti di brigata
All’inizio di questo mese, sei comandanti di brigata, tutti con il grado di Colonnello, sono stati intervistati dal quotidiano israeliano Yediot Aharonot. L’intervista è stata pubblicata su Ynet, l’edizione digitale del giornale. Tra le altre cose trattavano le regole di ingaggio, o in altre parole, le regole in base alle quali un soldato può aprire il fuoco. Israele è stato attaccato con l’accusa che l’omicidio della giornalista Shireen Abu Akleh è stato possibile perché le regole erano troppo permissive.
Tuttavia, il Primo Ministro Lapid e il Ministro della Difesa Gantz hanno difeso le regole di ingaggio dei militari, sottolineando che i soldati non devono aver paura di premere il grilletto, come se ne avessero mai avuta, e che l’istitutivo militare sosterrà gli uomini e le donne in prima linea.
Il rapporto cita fonti militari israeliane secondo cui nel 2021 settantanove palestinesi sono stati uccisi. Tuttavia, nell’agosto 2022, ne erano già stati uccisi ottantacinque, e questo, secondo un comandante, “è un risultato”. I comandanti di brigata affermano chiaramente che “i soldati non hanno paura di sparare”, “basti guardare quanti palestinesi sono stati già uccisi nel 2022”, afferma il Colonnello Elbaz, Comandante della Brigata Binyamin. Il suo comando include le città di Ramallah, El-Bire, Bir Zeit, le città di Silwad e Kufr Aqab.
Il Colonnello Moyal, Comandante della Brigata Menashe, condivide l’opinione del suo collega. “Al mio comando, quest’anno abbiamo ucciso ventinove palestinesi, rispetto ai soli nove nel 2021”. Nella competenza della Brigata Menashe ci sono le città di Jenin e Tul-Karem, nonché Ya’bed, Barta’a e Kabatiya. Controlla anche i campi profughi di Jenin, Nur El-Shams e Fahma.
Secondo il rapporto Ynet, a causa dell’aumento delle “attività” nelle regioni di “Giudea e Samaria”, questi sei comandanti sono ora i più impegnati nell’esercito israeliano. L’aumento delle morti palestinesi è considerato un risultato.
Forza massima
Sia l’articolo del New York Times sul Generale Halevi che l’articolo di Ynet sui sei comandanti di brigata omettono alcuni dettagli. Per molti decenni, l’esercito israeliano non ha fatto altro che uccidere palestinesi disarmati o armati con poco più che fucili semiautomatici, che di solito sono vecchi e inefficaci. Qualunque siano i risultati che i combattenti armati devono mostrare sono dovuti al loro coraggio e alla loro volontà di affrontare il nemico e non all’equipaggiamento militare.
Qualsiasi militare che raggiunga il grado di Colonnello o superiore deve essere stato coinvolto direttamente o strettamente in crimini di guerra, certamente i soggetti delle storie qui citate. Eppure non se ne fa menzione in nessuno dei due rapporti. Inoltre, i palestinesi stanno combattendo contro una forza militare potente, ben armata, ben equipaggiata ed estremamente ben finanziata che non ha altro da fare che ucciderli. Quando l’esercito israeliano si confronta con i palestinesi, “si scatena” con tutta la sua forza. Le forze israeliane usano intelligence, ricognizione, supporto aereo, capacità di evacuazione, unità mediche, supporto logistico e, quando tutto è finito, hanno un pasto caldo e un letto sicuro a cui tornare.
I palestinesi, se riescono a sopravvivere, sono lasciati a vivere nella paura del prossimo assalto a loro, ai loro bambini, alle loro città e alle loro case. Eppure il mondo guarda alle due parti e ancora, spudoratamente, osa glorificare gli assassini e gli oppressori.
Miko Peled è uno scrittore e attivista per i diritti umani, nato a Gerusalemme. È autore di “The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine” (Il Figlio del Generale. Viaggio di un Israeliano in Palestina) e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five” (Ingiustizia, Storia dei Cinque Della Fondazione Terra Santa).
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org