Se cresci nel campo profughi di Aida, appena fuori Betlemme, una visita al mare è davvero un sogno impossibile.
Fonte: english version
Di Ciaran Tierney -27 settembre 2022
Immagine di copertina: I Lajee Dancers sulla spiaggia di Salthill, Galway. Foto di Ciaran Tierney Digital Storyteller
Quando ha raggiunto le Scogliere di Moher, tutto ciò che voleva fare era trovare un posto tranquillo dove sedersi e piangere.
Per quasi 60 anni, aveva sognato un momento come quello. Ora che era finalmente arrivato, ne era sopraffatto.
Non voleva parlare, o rovinare la gioia agli adolescenti eccitati che gli correvano attorno, ignari di quanto quel momento fosse significativo in una vita profondamente segnata.
A Galway, la scorsa settimana, ho incontrato Khaled Alazraq. Aveva un’enorme responsabilità sulle sue spalle: accompagnare 19 adolescenti rifugiati in giro per il paese in un vorticoso tour nazionale che nell’arco di dieci giorni ha interessato una varietà di luoghi a Dublino, Cork, Galway e Kildare.
Era di nuovo in lacrime quando si è reso conto che la casa in cui alloggiava, in fondo al Claddagh, aveva il mare letteralmente alla fine della strada. Nonostante un fitto programma di tournée, interviste, discorsi e concerti, si alzava all’alba e assaporava semplicemente il panorama, la pace e l’aria pulita lungo le rive della baia di Galway, prima di incontrarsi con i ragazzi.
Khaled Alazraq ha quasi 60 anni. Fino allo scorso lunedì sera non aveva mai visto il mare.
Era cresciuto in un campo profughi a meno di un’ora dal Mediterraneo, ma una vita di restrizioni, molestie, reclusione, oltre all’essere trattato come un cittadino di seconda classe, implicava che sedersi su una spiaggia o camminare in riva al mare era semplicemente un’impresa impossibile persino da sognare.
Khaled non parla molto inglese. Ma i due giorni trascorsi in sua compagnia sono bastati per capire che era un’anima tranquilla, dignitosa, gentile. Il tipo che permette alle lacrime di cadere liberamente dopo aver finalmente realizzato quello che, alla maggior parte di noi, sembra un sogno così semplice.
Se cresci nel campo profughi di Aida, appena fuori Betlemme, una visita al mare è davvero un sogno impossibile.
Quando ci sono soldati armati e torri di guardia che dominano il tuo campo affollato, quando un enorme muro dell’apartheid innalzato durante la tua vita ti dice che la vita è piena di restrizioni e non va vissuta, a volte persone come Khaled possono fare affidamento solo sui sogni.
Khaled ha trascorso 28 anni della sua vita in prigione.
Mentre fuma l’ennesima sigaretta, tranquillo e sereno e molto defilato mentre gli adolescenti visitano l’acquario di Salthill o camminano nel cuore di Galway, è difficile credere che un’anima così tranquilla, umile e dignitosa possa essere stata considerata una minaccia per così tanto tempo.
Nessuno nel campo profughi di Aida, dove vive Khaled, gode di quella che gli irlandesi considererebbero una vita “normale”.
I ballerini di Lajee, compresi i ragazzini che ha accompagnato in giro per l’Irlanda con altri due adulti palestinesi, cercano di mantenere in vita la danza, la musica e la cultura palestinesi su uno sfondo di torri di guardia militari, incursioni mattutine nelle loro case, gas lacrimogeni e soldati pesantemente armati.
Tutte le loro famiglie sono profughi provenienti da città e villaggi in quello che oggi è Israele, senza diritto al ritorno e senza diritto di cittadinanza. Quando viaggiano, se e quando gli è consentito, non possono utilizzare il vicino aeroporto di Tel Aviv. Devono affrontare estenuanti controlli di sicurezza e fare il lungo viaggio attraverso l’Allenby Bridge fino alla Giordania.
Intere generazioni sono cresciute in un campo dove lo status “temporaneo” di rifugiato li perseguita da 72 anni. Viene loro fatto credere di non appartenere ad alcun Paese e tuttavia non possono tornare nel luogo che i loro nonni chiamavano casa.
Ecco perché è una cosa così commovente vedere i ragazzini del campo su un palco irlandese, condividere la loro gioiosa danza e la loro musica con un pubblico irlandese estatico che non riesce a immaginare cosa hanno passato solo per esibirsi a Galway, Kildare, Cork, o Dublino.
Non c’è privacy a casa. La giovane Radhd (17), che ha avuto il coraggio di accompagnarmi per un’intervista radiofonica “in diretta” durante i suoi tre giorni a Galway, parla del tentativo di mantenere viva la cultura dei suoi nonni vivendo sotto la costante sorveglianza di sei torri di guardia militari.
È così brillante alla radio che dimentico che l’inglese è la sua seconda lingua. Di nuovo, quando la tua vita si svolge in un affollato campo profughi, sotto gli occhi vigili di cecchini armati e aggressivi, la sua definizione di coraggio è probabilmente molto diversa da quella di una ragazza irlandese della sua età.
“Non puoi immaginare quanto siamo felici di essere qui in Irlanda”, afferma il leader del gruppo Mohammad Alazza. «Sapere che nessun soldato verrà a fare irruzione nella tua casa nel cuore della notte. Vedere il mare a Galway. È molto, molto speciale. Quando abbiamo visto il mare, non potevamo crederci.
“Uno dei nostri membri, è stato in carcere per 28 anni. Il mare non è lontano da dove abitiamo anzi, è solo a circa 15 km, quindi è molto, molto vicino, ma non possiamo raggiungerlo a causa dell’apartheid”.
È importante per Mohammad, Khaled e i bambini incontrare gli irlandesi, raccontare le loro storie e discutere le realtà della vita sotto occupazione in Cisgiordania.
Nel 2018, il campo profughi di Aida è stato designato come la comunità più esposta ai gas lacrimogeni al mondo dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e il lavoro (UNRWA) per i rifugiati.
Un gruppo di giovani del campo profughi di Aida ha fondato il Lajee Center nell’aprile 2000 per offrire a giovani e donne rifugiate opportunità culturali, educative, sociali e di sviluppo e per far rivivere una cultura che sembra essere costantemente minacciata dall’occupazione illegale.
Tutti i 19 ragazzini che la scorsa settimana hanno ricevuto standing ovation in tutta l’Irlanda sono membri di famiglie che sono fuggite o sono state costrette a fuggire dalle loro case e villaggi in Israele nel 1948. Quando il campo di Aida è stato fondato nel 1950, nessuno si aspettava che così tanti di loro avrebbero ancora vissuto nel campo dopo così tanti anni.
Per Mohammad e la sua famiglia, la “Nakba” (o catastrofe) del 1948, quando 750.000 persone furono cacciate dalle loro case e dai loro villaggi, non è mai finita.
Molte delle persone nel campo sono traumatizzate, dopo aver visto persone innocenti uccise a colpi di arma da fuoco dai soldati o essere state trascinate fuori dal letto nel cuore della notte.
Sognano di tornare ai loro villaggi, di lasciarsi alle spalle il minuscolo accampamento sovraffollato.
Oppure, come Khaled, sognano una semplice giornata al mare.
Mercoledì sera, è stato sorprendente vedere l’enorme partecipazione al Town Hall Theatre di Galway fare una standing ovation ai giovani Lajee Dancers dopo aver assistito alla loro danza vibrante e gioiosa.
“È molto difficile sentirsi a proprio agio nel campo profughi”, dice Radhd. “Ci sono sei torri di avvistamento militari intorno al campo. Non puoi andare da nessuna parte al di fuori della Cisgiordania senza ottenere il permesso dai soldati israeliani. È un posto molto difficile per un bambino, che cerca di giocare per strada quando ci sono lacrimogeni, pistole e bombe.
“Riproduco la musica che suonavano i nostri nonni in passato. Voglio salvare la nostra cultura e le nostre tradizioni, perché l’occupazione israeliana vuole cancellarle”.
Non solo è una musicista di talento, ma ha vinto una borsa di studio per studiare medicina all’estero. Ma, qui in Irlanda, raramente sentiamo le voci di brillanti giovani adolescenti palestinesi come Radhd.
Ho portato Radhd e gli altri adolescenti in un tour a piedi di 90 minuti a Galway, dove hanno posto molte domande coinvolgenti e ben ponderate sui muri che i nostri stessi occupanti una volta usavano per tenere i contadini irlandesi fuori dalle città irlandesi.
Ha dato loro la speranza che un giorno anche il loro muro dell’apartheid crollerà.
E che le persone buone, rispettabili e dignitose come Khaled non dovranno aspettare 58 o 59 anni prima di avere la possibilità di vedere il mare.
Questi adolescenti dotati avrebbero così tanto da offrire al mondo, se solo gli fosse data la possibilità di respirare.
Ciaran Tierney è un ex giornalista con un interesse per i diritti umani, i viaggi e l’attualità, Ciaran ha vinto il premio Irish Current Affairs Blog of The Year 2018.
Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestina.org