Perché Israele teme Fathi Khazem, l’ultimo simbolo della resistenza palestinese

Lo stoicismo e la sfida al dominio coloniale di Fathi Khazem lo hanno trasformato nel simbolo della resistenza di cui il popolo palestinese ha bisogno.

Fonte: English version

Di Ahmed Abu Artema – 10 ottobre 2022

Immagine di copertina: Fathi Khazem partecipa a un rally per il 35esimo anniversario della fondazione del movimento islamico Jihad – Jenin- 6 ottobre 2022 (Foto APA Images)

Il 28 settembre, un’unità delle forze speciali dell’esercito israeliano ha assassinato Abdul Rahman Khazem, figlio di un palestinese ricercato dagli israeliani, Fathi Khazem. L’omicidio di Abdul Rahman nel campo profughi di Jenin sembra essere un’operazione di vendetta contro suo padre, perseguitato dalle forze di occupazione dall’aprile 2022.

Il nome di Fathi Khazem è emerso ad aprile, dopo che suo figlio Raad aveva effettuato un’operazione a Tel Aviv provocando l’uccisione e il ferimento di un certo numero di israeliani.

Nelle poche ore che seguirono l’uccisione di suo figlio Raad, Fathi “Abu Raad” Khazem uscì per accogliere la folla in lutto, rivolgendosi a loro ad alta voce e in barba all’occupazione israeliana, dichiarando la sua determinazione a continuare a resistere a Israele fino alla liberazione della Palestina

Un nuovo periodo di resistenza

Abu Raad non è il primo palestinese a perdere nella lotta per la liberazione molti dei suoi figli a causa del regime coloniale sionista, ma la sua importanza, impostasi  dallo scorso aprile, rappresenta  in Cisgiordania l’emergere di un nuovo periodo, che ha segnato un nascente momento rivoluzionario segnato dalla ripresa della resistenza armata contro Israele.

Questo contesto spiega la sollecitudine dell’esercito israeliano nel vendicarsi di Khazem. Nel tentativo di catturarlo, l’esercito ha preso d’assalto il campo di Jenin più volte negli ultimi mesi, distruggendo la sua casa e chiedendogli di arrendersi. Abu Raad non si è mai consegnato.

E’ bene ripeterlo: Abu Raad non ha compiuto alcuna azione specifica e non ha  imbracciato le armi contro l’esercito. Questo dimostra chiaramente il suo potere di simbolo per la resistenza palestinese. Questo è il motivo per cui rimane un obiettivo del regime israeliano.

Inoltre, la sua presa di mira è il risultato della politica sionista di punizione collettiva. Per decenni, Israele ha perseguito una politica di punizione delle famiglie dei combattenti della resistenza palestinese, detenendo i membri della famiglia o demolendo le loro case.

Il rifiuto di Abu Raad di arrendersi rappresenta una sfida morale al regime coloniale israeliano, mentre fornisce una spinta morale ai palestinesi in Cisgiordania, non solo perché si rifiuta di inchinarsi all’ingiustizia coloniale, ma perché è riuscito a sfuggire alla cattura per mesi. Questi atti sono unici, e l’anno scorso sarebbero stati praticamente sconosciuti, in Cisgiordania.

Fathi Kazem a fianco dei militanti di Jenin durante il funerale del suo secondo figlio, Abdiul Rahman, il 28 settembre (Foto dai social media)

Azioni simili possono essere ora  viste in tutta la Palestina, inclusa la capacità di Ibrahim al-Nabulsi di sfuggire alla cattura per mesi prima di essere assassinato. Questo non è un risultato da poco, poiché significa che ora ci sono aree della Cisgiordania, per quanto piccole, che Israele non può raggiungere senza  pagarne un prezzo. Il campo profughi di Jenin è l’esempio più emblematico, ma gli sviluppi degli ultimi mesi hanno visto emergere la Città Vecchia di Nablus come un’altra area in cui i gruppi di resistenza hanno  del potere.

Da quando Mahmoud Abbas ha assunto la presidenza dell’Autorità Palestinese (AP) diciassette anni fa, Israele ha avuto mano libera in Cisgiordania, sperimentando una facilità di accesso senza precedenti a qualsiasi punto della regione.

Dopo la conclusione dell’Operazione Scudo difensivo nel 2002, il regime israeliano mirava a prosciugare le infrastrutture delle fazioni di resistenza palestinesi lanciando una massiccia invasione e rioccupazione delle città palestinesi. All’indomani dello Scudo difensivo e con la conclusione della Seconda Intifada, l’impresa israeliana fu seguita dagli sforzi del generale statunitense Keith Dayton per pacificare ulteriormente la popolazione palestinese. Gli Stati Uniti  fornirono formazione e finanziamenti a elementi dei servizi di sicurezza dell’Autorità Palestinese per prevenire futuri attacchi contro Israele. Abbas, che ha ripetutamente dichiarato la sua posizione di principio di rigetto della lotta armata, ha anche assistito Israele in questo processo di disarmo sistematico.

Nel corso di questi diciassette anni, gli sforzi delle autorità coloniali per interrompere ogni possibile attività di resistenza (in coordinamento con l’AP) hanno portato alla scomparsa virtuale di una presenza armata indipendente in Cisgiordania.

Questo è stato un periodo favorevole per l’espansione degli insediamenti e l’annessione di terre, mentre l’esercito era libero di entrare in aree di presunta sovranità dell’Autorità Palestinese per perseguire i palestinesi ricercati, arrestandoli con successo dopo che erano sfuggiti a Israele per anni durante il periodo d’oro della Seconda Intifada. Questo assalto aveva lo scopo di “ripulire” la Cisgiordania dagli ultimi resti di lotta armata.

Il simbolo di cui il popolo palestinese ha bisogno

La Cisgiordania oggi è radicalmente diversa da come era solo un anno fa. Nelle ultime settimane, non è passato giorno senza un’operazione di tiro su obiettivi militari israeliani o coloni, e non è passato giorno senza assassinii da parte di Israele o l’arresto di decine di palestinesi.

Abu Raad rappresenta il simbolo di cui i palestinesi hanno bisogno per questa nuova fase. Padre di due martiri giustiziati da Israele, ha colto l’occasione parlando con fermezza a favore dell’eroismo dei suoi figli, diventando un personaggio pubblico venerato.

Fathi Kazem mentre parla al rally per il 35esimo anniversario della formazione del movimento islamico jihad il 6 ottobre 2022 (Foto APA images)

Se ciò non bastasse, ha anche sfidato l’ordine militare israeliano di consegnarsi, e quando è uscito per parlare alla folla di persone in lutto radunata davanti alla sua casa dopo l’assassinio di Raad Khazem, la sua sfida e il suo stoicismo lo hanno istantaneamente reso un bersaglio.

Ma c’è anche un altro fattore importante dietro la notorietà di Abu Raad presso i suoi nemici coloniali: in precedenza era impiegato nei servizi di sicurezza dell’AP, il che significa che faceva parte del meccanismo che israeliani e americani avevano immaginato avrebbe impedito qualsiasi futura Intifada. Eppure il suo nuovo ruolo sociale, e il personaggio della resistenza e della resistenza rivoluzionaria che incarna, è l’esatto opposto del risultato voluto dai progetti israeliani e americani. La storia non è priva di ironie.

In qualità di ex impiegato della sicurezza dell’AP, Khazem diventa anche una figura di unità, e i suoi appelli ai suoi ex colleghi dei servizi di sicurezza dell’AP per combattere l’esercito israeliano godono di un’autorità che solo Khazem  riesce ad avere..

Le esortazioni di Khazem non sono cadute nel vuoto. I resoconti dei media israeliani indicano la crescente partecipazione dei membri dell’apparato di sicurezza dell’AP alle operazioni armate. Questo per l’esercito rappresenta un incubo per la sicurezza, avendo scommesso sulla continua cooperazione dell’Autorità Palestinese con Israele per quanto ne riguarda il coordinamento, al fine di mantenere l’occupazione gratuita di Israele.

Ancora più importante, il riconoscimento da parte di Israele del potere dei simboli palestinesi lo spinge a eliminarli e metterli a tacere, perché uno dei fattori più importanti che impediscono la rinascita della resistenza non è solo l’assenza di armi, ma l’assenza di esempi viventi che ispirino nuovi modi per resistere.

Anche Ibrahim al-Nabulsi era un simbolo, nonostante non avesse mai vissuto i combattimenti dell’Operazione Scudo difensivo. I video che lo riprendono  mentre armava e incoraggiava la resistenza sono diventati virali a livello locale, poiché è diventato rapidamente un personaggio con cui i giovani palestinesi si sono fortemente identificati. Ha ispirato un’affinità come nessun funzionario dell’Ap è stato in grado di raccogliere. Naturalmente, divenne anche un bersaglio dell’occupazione.

La risposta dei media israeliani alla crescente importanza di Fathi Khazem è significativa. Israel Hayom ha pubblicato un rapporto completo su Khazem, intitolato “La nascita di un nuovo eroe”, commentando la sua capacità di ottenere il rispetto del popolo palestinese, che “lo vede come un leader”. Il rapporto prosegue osservando che “[I palestinesi] non hanno mai visto una persona del genere, che osa sfidare Israele e l’Autorità Palestinese in un modo così audace e aperto”.

Abu Raad è ora un bersaglio mobile e il tempo dirà cosa Israele ha in serbo per lui. Una cosa, tuttavia, è certa: indipendentemente da ciò che Israele potrebbe fare, se arrestarlo o assassinarlo, Fathi Khazem ha stabilito un nuovo esempio di cosa significa sfidare il colonizzatore.

 

Ahmed Abu Artema – Nato a Rafah, nella Striscia di Gaza, nel 1984, Ahmed Abu Artema è un rifugiato palestinese. Scrittore e attivista politico indipendente con sede a Gaza, ha scritto il libro “Organized Chaos” e numerosi articoli. È uno dei fondatori e organizzatori originali della Grande Marcia del Ritorno.

 

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestina.org