Uday Al-Tamimi è l’icona della terza intifada?

Il cuore palestinese è ancora vivo, batte di libertà, non è invecchiato, come è invece accaduto alla “leadership”, e non si è arreso al nemico sionista.

Fonte: English version

Dott.ssa Amira Abo el-Fetouh 25 ottobre 2022

Immagine di copertina: Uday Al-Tamimi [@kbra_gocer/Twitter]

L’ultimo testamento del giovane martire Uday Al-Tamimi, scritto a mano dopo essere riuscito a eludere il sistema di sicurezza di un Paese che pretende di essere un grande Stato con un esercito invincibile, è straordinariamente maturo. “La mia operazione di resistenza al Checkpoint di Shuafat è stata una goccia nel mare in tempesta della lotta. So che prima o poi sarò martirizzato, e so che con questa operazione non ho liberato la Palestina, ma l’ho portata a termine con un obiettivo in mente: mobilitare centinaia di giovani uomini a imbracciare le armi dopo di me”.

Le gesta di questo eroe diventeranno leggenda. E’ riuscito a sfondare un posto di blocco a Shuafat, a nord di Gerusalemme, aggirare le guardie israeliane che vessano i palestinesi facendoli stare per ore in coda prima di permettere loro di passare, e impartire loro una dose di umiliazione e vergogna. La sua dignità non gli permetteva più di vivere sotto la mortificazione di una brutale occupazione militare, così ha puntato la sua pistola contro i soldati, uccidendone uno e ferendone altri tre. Sorprendentemente, era riuscito a scappare.

Le autorità di occupazione sono impazzite, trascorrendo 12 giorni alla ricerca di un giovane con la testa rasata che da solo aveva attaccato un nutrito gruppo di soldati israeliani. E’ stato imposto uno stretto assedio al campo profughi di Shuafat e alle aree circostanti. I giovani palestinesi si sono rasati la testa in segno di solidarietà, prestazione per cui i barbieri si sono rifiutati di essere pagati. Hanno anche bruciato le telecamere di sorveglianza e hanno usato il nome Al-Tamimi nei messaggi e nelle telefonate nel tentativo di fuorviare gli agenti dell’intelligence israeliana.

Uday Al-Tamimi non mentiva: ha inseguito gli israeliani, attaccandoli di nuovo vicino all’insediamento illegale di Ma’ale Adumim, a est di Gerusalemme. Ha ferito una guardia di sicurezza israeliana prima di scontrarsi con soldati pesantemente armati e ha combattuto con raro valore fino al suo ultimo proiettile e al suo ultimo respiro.

I video pubblicati online dopo il suo martirio lo hanno mostrato mentre sparava con i proiettili che gli piovevano addosso da ogni direzione. Quando la sua pistola si è scaricata, ha ricaricato nuovamente,  ma è stato colpito in faccia. Con il suo ultimo respiro si è unito alle fila degli eroici martiri palestinesi che  si sono rifiutati di accettare ulteriori umiliazioni da parte degli occupanti. Le loro  fila crescono ogni giorno, una testimonianza umana della storia di questa coraggiosa lotta, una lotta per la libertà  assolutamente legittima. Il mondo dimentica questa legittimità e vede gli eventi attraverso l’odiosa lente sionista che trasforma gli oppressori in vittime e le vere vittime nei cattivi. Questo è un mondo ipocrita, senza coscienza né bussola morale.

Migliaia di palestinesi si sono riversati nella casa della famiglia di Al-Tamimi per rendere omaggio, l’orgoglio misto a tristezza. Hanno rinnovato l’intenzione di resistere all’occupazione sulle orme di Uday e degli altri martiri prima di lui, fino alla liberazione della Palestina.

L’ex primo ministro israeliano Golda Meir una volta disse che i vecchi palestinesi sarebbero morti e i giovani avrebbero dimenticato. Si sbagliava. Né Uday né gli altri coraggiosi giovani che oggi difendono i loro diritti conoscevano la Palestina pre-Nakba; sono tutti troppo giovani per aver vissuto i colloqui che hanno portato ai disastrosi Accordi di Oslo, ma hanno dovuto convivere con conseguenze ancora più disastrose. I vecchi hanno conservato le chiavi delle case da cui erano stati scacciati dal nascente stato sionista e le hanno tramandate ai giovani insieme ai loro ricordi, perché i giovani non dimentichino mai. Il processo continuerà fino a quando la Palestina non sarà libera dal fiume al mare. I sionisti si illudono, se credono che saranno al sicuro nella terra rubata ai palestinesi.

Uday Al-Tamimi non era affiliato ad alcuna fazione di resistenza palestinese, né lo erano i cinque guerriglieri che, pochi mesi fa, hanno svolto le loro operazioni nelle principali città di Israele, compresa la capitale Tel Aviv. I guerriglieri hanno ucciso 14 israeliani e ne hanno feriti almeno altri 20. Si sono infiltrati nello stato di occupazione, vanificando la tanto acclamata sicurezza israeliana, proprio perché non facevano parte di nessun gruppo più ampio o movimento di resistenza. Erano iniziative individuali che ricordavano la prima intifada palestinese. Hanno colpito obiettivi in quei territori palestinesi occupati nel 1948 che Israele considera essere entro i suoi sicuri, ma mai dichiarati, confini di stato.

È significativo che questi combattenti abbiano utilizzato armi automatiche, non giubbotti esplosivi come in passato. Non si è trattato di attacchi suicida indiscriminati. Gli obiettivi erano soldati, polizia e guardie di frontiera, anche se quasi tutti gli israeliani hanno armi e sono riservisti in quanto parte del servizio militare obbligatorio.

Nell’oscurità del mondo arabo c’è una luce che emana dalla Palestina, da Gerusalemme e dalla Cisgiordania, da Shuafat a Jenin e Nablus, luoghi che le forze israeliane stanno ancora assediando mentre cercano la “Fossa dei Leoni”, i cui membri sono responsabili di molte operazioni. Stiamo assistendo a un nuovo tipo di  resistenza, senza una leadership dichiarata, dove i giovani legano nastri rossi alle canne dei loro fucili per simboleggiare l’unità all’interno delle file palestinesi. Questi giovani palestinesi hanno ripristinato la lotta di liberazione nazionale, non sono interessati alla causa persa dei negoziati senza fine.

Il cuore palestinese è ancora vivo, batte di libertà, non è invecchiato, come è invece accaduto alla “leadership”, e non si è arreso al nemico sionista. Invece, i giovani sono determinati a lottare per liberare la loro terra; il loro è un percorso diverso. Stanno facendo vergognare gruppi del calibro di Fatah e del Fronte popolare e democratico, passati in secondo piano dopo la firma di accordi politici e di sicurezza che vedono le forze di sicurezza palestinesi impiegate esclusivamente nel difendere Israele e i suoi interessi di occupazione.

È evidente, quindi, che i giovani palestinesi sono pronti a realizzare i desideri dell’ultimo testamento di Uday Al-Tamimi e che la lotta continuerà. Uday sembra essere diventato, forse inconsapevolmente, l’icona di quella che potrebbe essere la terza Intifada.

I sionisti, in Israele e altrove, hanno paura: sanno cosa significa. I soldati e la polizia dispiegati nella Cisgiordania occupata non li proteggeranno. Lo hanno ammesso ufficiali di alto rango, con il 55% delle forze di terra israeliane inviate nei territori occupati per affrontare i giovani palestinesi in attesa di una nuova intifada.

Anche i collaborazionisti di Ramallah non li proteggeranno, perché quello che stiamo vedendo è un’intifada giovanile spontanea, senza una leadership definita che potrebbe piegarsi sotto la pressione di agenti militari e finanziari dentro e fuori la Palestina occupata. Questi giovani stanno seguendo le orme dei gruppi di resistenza e incarnano l’unità nazionale che si concentra sull’eredità della resistenza, non sull’eredità dei maledetti accordi di Oslo, che hanno lasciato uno sventurato segno nella storia del determinato popolo palestinese.

 

Traduzione di Grazia Parolari  –  “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org