È commovente vedere una vivace comunità palestinese sfidare i tentativi di essere messa a tacere in una continua ricerca di responsabilità e giustizia.
Fonte: English version
Osama Tanous – 25 ottobre 2022
Immagine di copertina: Un’infermiera palestinese presta cure mediche a un neonato in un’incubatrice all’ospedale al-Shifa di Gaza City il 18 novembre 2008 (AFP)
Martedì mi sono svegliato con un video scioccante inviatomi da un collega che lavora come medico nel Naqab. Il video, che stava circolando sui social media e sui gruppi WhatsApp, mostrava Gideon Sahar, il capo della chirurgia cardiotoracica presso il Soroka Medical Center di Beersheba, che rivolgeva una domanda al ministro degli interni di estrema destra israeliano, Ayelet Shaked.
In una riunione del partito Jewish Home, Sahar ha chiesto a Shaked della “popolazione problematica”, riferendosi ai cittadini palestinesi di Israele. “Per quanto riguarda la crescita della popolazione e della popolazione più problematica, ci troviamo di fronte a una sorta di paradosso”, ha affermato Sahar.
Le parole di Sahar hanno suscitato shock nella comunità medica palestinese all’interno di Israele
“Da un lato, sapendo che il tasso di natalità è decisivo, abbiamo il “grembo arabo”; e d’altra parte, lo incoraggiamo con gli assegni familiari. Ecco perché penso che dovremmo considerare un assegno familiare regressivo: il primo figlio ne riceve uno, il secondo figlio anche,il terzo figlio forse ; il quarto figlio no, e il quinto dovrebbe fare scattare una multa”.
Shaked ha risposto che un tale sistema non avrebbe funzionato, citando il suo programma per combattere la poligamia nella comunità beduina, nel quale “l’occidentalizzazione” incoraggia le donne ad avere meno figli.
Le parole di Sahar si sono presto diffuse nella comunità medica palestinese all’interno di Israele. Un gruppo che rappresenta i medici arabi nel Naqab ha presentato una denuncia formale all’amministrazione dell’ospedale di Soroka, esprimendo indignazione per la definizione di Sahar dei palestinesi e del “grembo arabo” come “problematici”. Non ci si può fidare che un medico che esprime tali opinioni tratti i pazienti arabi allo stesso modo e dovrebbe essere licenziato, affermava la denuncia. Sahar si è in seguito scusato e il Soroka Medical Center ha dichiarato che i suoi commenti “sono stati fatti nel corso di un evento privato che non è collegato al suo lavoro e alla sua professione”.
Tali commenti sembrano provenire direttamente da un libro di testo fascista, che descrive un’intera popolazione – di razza, etnia o religione diversa – come problematica e vede il suo tasso di natalità come un problema che necessita di un intervento punitivo del governo.
Punta dell’iceberg
Mentre molti palestinesi che vivono in Israele, o lavorano nel sistema sanitario israeliano, sono ben consapevoli del razzismo che ci circonda, siamo rimasti scioccati dalla facilità con cui queste affermazioni sono state pubblicamente espresse dal primario di un reparto ospedaliero.
Tali sentimenti, che vedono un’altra popolazione come una bomba demografica ticchettante che deve essere disinnescata, contravvengono ai codici etici medici di uguaglianza e di antirazzismo. Tuttavia, le sue osservazioni sono solo la punta dell’iceberg di una forma molto più ampia e istituzionalizzata di superiorità razziale in Israele.
I governi di tutto il mondo hanno una lunga storia di politicizzazione dell’utero delle donne. Mentre studiavo salute pubblica all’Università di Tel Aviv, sono stato introdotto al concetto di demografia e controllo della popolazione. Abbiamo appreso di diversi metodi globali per aumentare o diminuire il numero della popolazione, incluso il modello cinese, che mirava a gestire la crescita della popolazione come parte della spinta all’industrializzazione dello stato. Abbiamo studiato Singapore, che come paese povero aveva una rigida politica anti-natalità ma che poi, una volta divenuta una nazione ricca, ha incoraggiato le donne ad avere più figli.
I paesi poveri, consapevoli delle proprie risorse limitate, hanno una motivazione per cercare di diminuire la natalità, mentre gli stati ricchi, con un surplus di risorse e popolazioni in diminuzione e sempre più anziane, aono incentivate a fare il contrario. Tutto questo fa parte della biopolitica della governance, un argomento di ampio dibattito che va oltre lo scopo di questo articolo.
Quando il mio docente all’Università di Tel Aviv parlò di Israele, disse che vi era un problema serio, in quanto vi era un tasso di natalità relativamente alto, di circa tre figli per madre (quasi il doppio di quello dell’Europa occidentale), in un paese piccolo e ricco con una popolazione che invecchia. Questo problema è aggravato dalla questione della “Aliyah”, che incoraggia gli ebrei di tutto il mondo a stabilirsi in Israele e ad aumentare la sua popolazione.
L’elefante nella stanza era la popolazione araba palestinese. In che modo un paese così ossessionato dalle statistiche razziali e dalla creazione di una maggioranza (e minoranza) permanente a Gerusalemme e altrove, e che incoraggia la crescita della popolazione e la migrazione (di un tipo specifico) su un pezzo di terra così piccolo, riesce a far sì che i palestinesi rappresentino il 20 per cento della sua popolazione?
Incredibilmente grottesco
Quando nel 2018 il tasso di natalità delle madri ebree superò quello delle madri palestinesi, il fatto fece notizia a livello nazionale e internazionale. Le misure punitive che Sahar sostiene pubblicamente segnano l’ennesimo tentativo, in un paese apertamente razzista, di controllare il “problema” di una popolazione indesiderata in eccesso.
Harriet Washington, l’autrice di “Medical Apartheid2, ha raccontato in modo approfondito la pratica scioccante dell’appendicectomia in Mississippi, in cui le donne di colore negli Stati Uniti meridionali venivano sottoposte a sterilizzazione involontaria poiché ritenute non idonee alla riproduzione, una pratica che continuò per più di un secolo dopo la fine della schiavitù.
Durante i miei studi, ho anche appreso di come le agenzie americane ed europee hanno speso milioni di dollari per ridurre i tassi di natalità nei paesi del Sud del mondo, dove le donne sono incoraggiate ad avere meno figli per affrontare meglio la povertà, il cambiamento ambientale e altri problemi.
Quando ho cercato di chiedere al mio docente se avremmo dovuto affrontare anche gli effetti del capitalismo globale sul cambiamento ambientale e sul saccheggio di risorse nel Sud del mondo da parte del Nord del mondo, sono stato subito liquidato come “troppo politico”. Stavamo parlando di pianificazione familiare, giustizia riproduttiva e accesso sicuro agli aborti, mi è stato ricordato.
Tali tropi e valori operano all’interno di un sistema di razzismo e apartheid a livello nazionale o internazionale. Considerano alcune popolazioni – spesso povere, nere o marroni – come “problematiche”, che crescono troppo velocemente e troppo, e necessitano di un intervento per ridurne il numero. Altre popolazioni, spesso ricche e bianche, sono viste come superiori, che invecchiano, si stanno riducendo e che quindi necessitano di un intervento per aumentare il loro numero.
Tuttavia, le parole di Sahar hanno colpito me e molti altri, ben addestrati ed esperti nel trattare con persone e idee razziste, in quanto scandalosamente grottesche nel loro modo apertamente dichiarato, e per la sicurezza, la disinvoltura e l’impunità con cui sono state pronunciate.
È commovente vedere una vivace comunità palestinese sfidare i tentativi di essere messa a tacere in una continua ricerca di responsabilità e giustizia. Tuttavia, questo è solo un primo passo verso lo smantellamento di strutture razziste più grandi, in cui i tassi di natalità sono monitorati ossessivamente mentre l’ambiente politico consente di tollerare affermazioni come quella di Sahar.
Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org