Quali sono le leggi sullo status personale in Iraq e qual è il loro impatto sulla vita delle donne
Fonte: versión española
Di Teeba Triste – 16 febbraio 2023
Immagine di copertina: al-Amal Association, Marzo 8, 2014
Per molti aspetti, le leggi sullo status personale dell’Iraq erano un tempo considerate tra le più giuste della regione. Tuttavia, dopo la Guerra del Golfo del 1991, le donne iniziarono a perdere i loro diritti legali. Ciò si rifletteva nelle pratiche sociali incoraggiate dal regime, poiché Saddam Hussein credeva che l’adozione delle tradizioni islamiche e di alcune norme tribali reazionarie gli avrebbe garantito il controllo del paese durante quel difficile periodo. Da allora, le donne irachene hanno affrontato un viaggio di crescente discriminazione, violenza sistemica e oppressione sociale, senza un’adeguata copertura da parte dei media. In questo testo presenteremo alcune recenti leggi e modifiche che il regime ha approvato o ha cercato di applicare per limitare i diritti delle donne in Iraq. Inoltre, presenteremo una breve panoramica delle risposte del movimento femminista a tali offensive.
L’occupazione statunitense e le successive guerre settarie hanno esacerbato le forme di sfruttamento, violenza e insicurezza in Iraq. Gli eventi militari hanno peggiorato la situazione delle donne nel paese. Nel 2003, Human Rights Watch documentò un’ondata di violenze sessuali e rapimenti a Baghdad. All’epoca, il rapporto osservava che l’insicurezza e la paura di essere vittime di questi crimini tenevano le donne intrappolate a casa, lontane da scuola, università e lavoro. Sebbene anche gli uomini fossero rapiti, le donne che subirono tale sorte furono successivamente stigmatizzate nelle loro famiglie a causa del concetto di onore. Le donne nel sud dell’Iraq furono oggetto di brutali attacchi da parte delle milizie di Bassora prima che nel 2008 il governo iracheno prendesse il controllo di quella regione ricca di petrolio.
In un altro rapporto del 2011, Human Rights Watch evidenziava le difficoltà affrontate dalle giovani donne rimaste vedove, “costrette a matrimoni precoci, picchiate a casa e molestate sessualmente se se ne vanno”. Il rapporto rivelò inoltre che le forze governative erano coinvolte in abusi, tra cui violenze sessuali contro donne attiviste politiche o parenti di uomini dissidenti. Ancora oggi chi commette atti violenti contro le donne è tutelato dalla legge irachena – il codice penale considera i “delitti d’onore” un’attenuante, anche nell’omicidio, e dà diritto al marito di punire la moglie. Secondo Ali al-Rabi’i, esperto legale, l’articolo 308 dello statuto, che impone il matrimonio tra lo stupratore e la sopravvissuta allo stupro, “distrugge la punizione contro il reato di stupro”, depenalizzandolo.
Molte delle questioni emerse in Iraq dopo il 2003 hanno sollevato interrogativi, in particolare sulla situazione delle donne e su cosa è successo ai loro diritti, dal momento che la maggior parte di loro è stata presa di mira durante le guerre e le crisi. Per le donne e il movimento femminista iracheno, l’episodio più sconvolgente è stato il tentativo di abolire la Legge sullo statuto personale n. 188 del 1959, che conferisce carattere laico al matrimonio e al divorzio e che in questi casi riconosce e tutela i diritti della donna.
I primi tentativi in tal senso vennero da Paul Bremer, l’amministratore civile statunitense della Coalition Provisional Authority -attraverso la risoluzione n.137 del 2003-, con un accordo con esponenti religiosi che si opponevano alla legge del 1959 in una prospettiva patriarcale in relazione ai rapporti sociali.
Annullando quella legge, Bremer cercò di fare della religione e dei suoi aspetti il principale riferimento per gli individui nella loro personalità giuridica. Lo fece sopprimendo il concetto di stato civile e di uguaglianza tra uomini e donne iracheni davanti alla legge, e allo stesso tempo eliminando tutti i diritti conquistati dalle donne irachene e stabiliti nella legge sullo status personale n. 188. Tuttavia, le femministe militanti reagirono a questo cambiamento retrogrado premendo per il mantenimento della legge n. 188 e l’abolizione della delibera n. 137 del 2003 (proposta da Bremer) emanata dal Consiglio Direttivo – primo organo nazionale ad assumere poteri dopo l’Autorità occupante.
Tuttavia, la battaglia non finì lì. Il contenuto della famigerata risoluzione fu definito come articolo costituzionale (articolo 41), concedendo agli iracheni il diritto di far riferimento alla propria religione nell’organizzazione del proprio status personale. Ancora una volta le militanti femministe si appellarono all’opinione pubblica con campagne di advocacy politica, esperienza unica nella storia della lotta femminista irachena, con l’obiettivo di abrogare l’articolo 41. Infatti, questo articolo della legge fu congelato e oggi è tra gli articoli costituzionali controversi che devono essere rivisti.
Nel 2014, il Consiglio dei ministri, con la legge Jaafari, rivide lo status giuridico come proposto dal ministero della Giustizia, guidato da un rappresentante di un partito politico islamista. Il disegno di legge aveva lo scopo di regolare le condizioni dei seguaci della dottrina sunnita, in modo che non fossero soggetti alle leggi dello Stato, ma a quelle religiose. Non entreremo nei dettagli di questa legge, che comprende 253 articoli, ma ne citeremo solo alcuni che mostrano fino a che punto la legge controlla la vita delle donne in Iraq.
Come riporta la ricercatrice Ilham Hammadi, l’art. 50, sul matrimonio infantile, stabilisce che “Il padre e il nonno materno musulmani che siano sani, hanno il diritto esclusivo di obbligare a contrarre matrimonio un bambino o una bambina o una persona con infermità mentale la cui demenza è legata alla pubertà”.
Articolo 62, sul matrimonio poligamo: «Il matrimonio di una quinta moglie non sarà valido, mentre le altre quattro restano mogli dell’uomo». Pertanto, un uomo può sposare più di una moglie, fino a quattro, e può sposarne un’altra se non ha quattro mogli contemporaneamente.
Articolo 63, sul matrimonio con una persona non musulmana: “Il matrimonio di una donna musulmana con un uomo non musulmano è severamente proibito, così come il matrimonio permanente di un uomo musulmano con una donna non musulmana che è apostata della religione islamica». Non è consentito a una donna o a un uomo musulmano sposare permanentemente qualcuno che non professa la religione islamica. Tuttavia, la legge consente a un uomo di contrarre un matrimonio temporaneo con una donna non musulmana.
Art. 101, sui due diritti del marito sulla moglie: «Primo: che essa gli permetta di accostarsi a lei o di avere qualsiasi altro godimento da lui stabilito in conformità del contratto, quando lo desidera, e che non lo impedisca, salvo con una scusa legittima, purché non agisca in alcun modo per contrastare il suo diritto al godimento. Secondo: che non esca dalla casa coniugale senza la sua autorizzazione.
Articolo 108, sulla moglie disobbediente: «Se la moglie disobbedisce, negando al marito il diritto di goderne pienamente, perderà il diritto agli alimenti, alla casa e ai rapporti sessuali. Nel caso in cui lo rifiuti più di una volta e se ne vada di casa senza il permesso del marito, non perderà la pensione. Tuttavia, gli stessi motivi non bastano perché il marito sia considerato disobbediente, a meno che non si astenga dai rapporti sessuali con la moglie per più di quattro mesi (nello stesso articolo).
Articolo 118, sull’affidamento dei figli: «Se i genitori si separano e la donna sposa un altro, ella perde il diritto all’affidamento dei figli, che rimane esclusivo del padre, anche se si separa dal secondo marito».
Articolo 126, sugli alimenti: «Il marito non è obbligato a mantenere la moglie se questa è troppo giovane perché il marito possa goderne».
Articolo 147, sul divorzio: «Divorzio irrevocabile, in cui il marito non ha diritto di ritornare dalla moglie divorziata, anche se questa ha rispettato l’iddah (periodo, stabilito nel Corano, che la donna deve rispettare dopo la morte del marito o dopo il divorzio) altrimenti si articola in: A- Divorzio di minore che non abbia compiuto i nove (9) anni di età, anche se il matrimonio è stato consumato intenzionalmente …”
Queste sono alcune delle disposizioni incluse nella nuova legge Jaafari, e sono molto lontane dal contenuto della legge sullo status personale n. 188 e dai diritti umani e delle donne in particolare. Hammadi ritiene che, tra queste norme, le peggiori e le più pericolose siano quelle relative al matrimonio, tanto più che il legislatore non ha fissato un limite minimo di età. Ciò significa che il tutore legale della ragazza può costringerla a sposarsi fin dalla nascita. Inoltre, le suddette disposizioni hanno trasformato il problema dell’“immaturità dell’apparato riproduttivo della ragazza” in “un motivo di sviluppo della legislazione islamica”. La ragazza è accusata del fatto che il suo corpo non è pronto per i rapporti sessuali ed è ritenuta legalmente e finanziariamente responsabile.
Quando lo stato iracheno ha approvato la legge sullo status personale n. 188, ha compiuto un passo verso la modernizzazione del suo diritto civile affrontando i diritti delle donne, ma questi sforzi vengono continuamente e costantemente ostacolati. La legge sullo statuto di Jaafari è stata congelata grazie alle pressioni delle femministe e del movimento civile iracheno, ma la volontà politica che c’è dietro è ancora presente ed efficace. Pertanto, non sappiamo quando verrà riproposta e con quale urgenza. Allo stesso tempo, le femministe affrontano molte sfide, il che rende il loro lavoro e i loro sforzi contro questo sistema molto duro e quasi socialmente inaccettabile. Si ha così una marginalizzazione della presenza delle donne, del loro lavoro politico e delle loro attività sociali ed economiche. La loro presenza nella politica nel suo complesso si riduce in conseguenza dei pericolosi casi di violenza contro le donne e del prevalere di un pensiero patriarcale sistematico che ne sminuisce le attività ei problemi e si adopera per reificarli.
Questo può essere visto nel dominio dell’Islam politico sulla prospettiva sociale e legale generale delle donne, che ha conseguenze distruttive e oppressive per loro. Tuttavia, ciò non è riuscito a impedire la crescita di un movimento femminista iracheno forte e attivo, che si è espresso nel Movimento iracheno del 2019, un movimento progressista che è stato catalizzato attraverso marce e sit-in nella maggior parte delle città irachene, per chiedere diritti per tutte le persone, libertà dal controllo dell’Islam politico e rifiuto dei tabù sociali e politici.
Teeba Saad è membro della Marcia mondiale delle donne in Iraq e del Movimento di rivolta femminista iracheno.
Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestina.org