Israele ha ucciso Khader Adnan

Qualche parola sull’orribile morte dello Shahid (Martire) Khader Adnan nella prigione di Nitzan. Inizierò dalla fine: questa non è vuota demagogia, questa è stata davvero una cosciente causa diretta della morte, da parte dell’agenzia di sicurezza Shin Bet/Shabak e del Servizio Carcerario Israeliano.

Fonte: English version

Di Anat Matar – 2 maggio 2023

Qualche parola sull’orribile morte dello Shahid (Martire) Khader Adnan nella prigione di Nitzan. Inizierò dalla fine: questa non è vuota demagogia: questa è stata davvero una cosciente causa diretta della morte, da parte dell’agenzia di sicurezza Shin Bet/Shabak e del Servizio Carcerario Israeliano.

Le condizioni di Adnan, dopo 86 giorni di sciopero della fame, erano note e non avrebbe dovuto essere lasciato nel carcere di Nitzan, nonostante il suo rifiuto di sottoporsi a esami medici che attestassero le sue condizioni. Complice del crimine anche il tribunale che ha subordinato la decisione di rilasciarlo durante il processo all’esito degli esami medici che non sono mai avvenuti.

Sebbene Adnan abbia rifiutato di sottoporsi agli esami, ci si aspettava un intervento salvavita nel caso avesse perso conoscenza. Il suo avvocato, nonché medico che agisce per conto di Physicians for Human Rights Israel (Medici per i Diritti Umani Israele), aveva chiesto da tempo che fosse trasferito all’ospedale Assaf Harofeh. Non c’era e non poteva esserci alcun motivo per opporsi a una simile decisione, date le condizioni deteriorate di Adnan, se non l’intenzione di farlo morire in carcere.

Non sono sicuro che sia superfluo menzionarlo: a differenza di tutti i suoi precedenti scioperi della fame, questa volta lo sciopero della fame di Khader Adnan non è stato una risposta a un arresto amministrativo arbitrario, ma alla natura arbitraria dell’atto d’accusa presentato contro di lui. L’accusa includeva due imputazioni principali: appartenenza alla Jihad Islamica e incitamento. L'”incitamento” includeva, ad esempio, il sostegno agli scioperanti della fame (come lui stesso) che protestavano contro la detenzione amministrativa così come la resistenza armata all’Occupazione.

Secondo il suo avvocato, Jamil Khatib, l’accusa si basa su false testimonianze, risalenti a un anno e mezzo fa. Ma in ogni caso, è chiaro che c’è stata una decisione consapevole e deliberata di spezzare Adnan interrompendo la sua catena di arresti amministrativi, con l’ausilio di un atto d’accusa e detenzione fino alla fine del procedimento.

L’arbitrarietà è la stessa arbitrarietà, la giustizia è la stessa giustizia, e la legge dell’occupante è la stessa legge dell’occupante.

Tutto ciò è strettamente correlato alle iniquità delle attuali manifestazioni che stanno consapevolmente scegliendo di rimanere cieche davanti a tutto ciò che Israele fa come “democrazia” e alla conseguente santificazione dei tribunali e della legge israeliani, la legge del dominatore occupante.

Proprio come l’abuso del popolo di Khan Al Ahmar, è chiaro a tutti che non ci sono procedimenti legali qui e la questione se getteranno gli abitanti del villaggio nella spazzatura (letteralmente in questo caso. Non c’è niente di metaforico questa volta, i deportati sono destinati ad essere mandati in una discarica e in un sito fognario) non è affatto una questione legale.

La pretesa che ci sia una giustizia in Israele, che ci sia un tribunale indipendente, è una menzogna che dobbiamo costantemente denunciare.

Anat Matar è docente di filosofia all’Università di Tel Aviv e attivista politica. È presidente del Comitato Israeliano per i Prigionieri Palestinesi e coautrice di Palestinian Political Prisoners in Israel (Prigionieri Politici Palestinesi in Israele – Pluto, 2011).

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org