Una crisi economica paralizzante, la privatizzazione della terra e la paura del loro potenziale rivoluzionario hanno messo a rischio molti spazi comuni.
Fonte: English version
Di Philippe Pernot e Frida Nsonde a Beirut – 19 giugno 2023
Immagine di copertina: Il Parco Laziza, visto dall’alto, è uno dei parchi a rischio (MEE/Frida Nsonde)
Il mese scorso, tutti gli arredi urbani, comprese le panchine e una biblioteca pubblica, sono scomparsi dal Laziza Park di Beirut.
“Quasi non osiamo più venire qui ad annaffiare le piante, perché temiamo che qualcuno possa chiamare la polizia”, dice a Middle East Eye Samer Alhaj Ali, che ha contribuito a far rivivere il trascurato appezzamento di terra piantando alberi e arbusti.
La polizia ha tenuto d’occhio il parco negli ultimi mesi per conto del suo proprietario.
Il Laziza Park è nato tre anni fa, quando un gruppo di amici ha fatto rivivere un luogo abbandonato nel cuore del quartiere di Mar Mikhail. “Avevamo molto tempo libero durante la pandemia e volevamo fare qualcosa di utile”, spiega Alhaj Ali.
In origine, il sito ospitava il birrificio Laziza, che si dice fosse il birrificio più antico del Medio Oriente.
Ma dopo la sua demolizione, tutto ciò che rimase fu un’area abbandonata, con cumuli di spazzatura. Il gruppo di amici ha iniziato a ripulirlo per poi creare un orto comunitario.
Oggi, mentre le panchine sono sparite, gli alberi del parco continuano a fiorire. Ma il futuro del parco rimane incerto, insieme a molti altri spazi pubblici e parchi di Beirut.
La crisi economica in corso, unita alla corruzione e alle minaccia posta dalle persone che si organizzano e manifestano, ha sollevato preoccupazioni per la perdita di spazi pubblici.
L’incerto futuro degli spazi pubblici
Il gruppo responsabile della pulizia e della cura del Parco Laziza, noto come GRO Beirut, è orgoglioso del proprio lavoro.
Il gruppo è nato dopo l’esplosione di Beirut nell’agosto 2020, che ha devastato i quartieri e causato la morte di 218 persone, contribuendo a riparare finestre e distribuire rifornimenti.
Alla fine, l’iniziativa si è ampliata e il team ha continuato a organizzare seminari e cene di quartiere, oltre a prendersi cura delle piante.
Tuttavia, la cura dello spazio pubblico non è stata priva di sfide.
“È davvero difficile per i residente della zona accettarci”, dice Alhaj Ali, determinato a mantenere vivi gli spazi verdi della città. Quando hanno iniziato a lavorare nel parco, lui e il suo gruppo sono stati accolti con sospetto.
Il team ha dovuto far fronte a numerose lamentele da parte degli abitanti della zona, che si lamentano perché il gruppo farebbe troppo rumore.
Secondo Alhaj Ali, “probabilmente gli abitanti non vogliono semplicemente essere disturbati” dal rumore generato dalle persone che si radunano lì.
Ma una delle sfide più grandi deriva dal fatto che Alhaj Ali e il suo gruppo non sanno cosa intende fare il proprietario con l’appezzamento di terreno.
Se il proprietario volesse convertirlo in un parcheggio, come lo sono stati altri parchi della città, Alhaj Ali dice che vorrebbe saperlo in anticipo. In questo modo, “possiamo almeno togliere gli alberi e piantarli da qualche altra parte”.
La privatizzazione della terra
A Beirut gli spazi verdi scarseggiano. L’Organizzazione Mondiale della Sanità propone nove metri quadri di spazio verde per abitante, ma Beirut non ne prevede nemmeno uno.
Negli ultimi anni i grattacieli hanno continuato a spuntare in tutta la città, lasciando poco spazio alle aree pubbliche e ai giardini.
‘La maggior parte dei libanesi è convinta che la proprietà privata sia sacra e che la terra sia lì per generare denaro’- Tala Alaeddine, ricercatrice e coordinatrice
Dopo la guerra civile libanese (1975-1990), la terra è stata sempre più promossa come merce.
Il piano era di fare di Beirut la capitale finanziaria della regione e la ripresa economica era incentrata sull’attrazione di capitali e investitori nel settore immobiliare e sulla privatizzazione dei terreni.
In particolare, la ricostruzione del centro di Beirut da parte della società immobiliare Solidere, sotto il governo di Rafic Hariri negli anni ’90, ha portato allo sgombero di centinaia di persone e alla distruzione di strade e case secolari.
I souq di Beirut, che erano un crogiolo di tutte le classi e religioni, sono diventati un centro commerciale, un tragico esempio dell’emarginazione dei luoghi pubblici nel momento in cui ostacolano il profitto.
“La maggior parte della nostra società non pensa che la terra abbia un valore sociale”, afferma Tala Alaeddine, coordinatrice della ricerca presso il centro di ricerca urbana Public Works Studio di Beirut. “La maggior parte dei libanesi è ormai convinta che la proprietà privata sia sacra e che la terra sia lì per generare denaro”.
Imprenditori immobiliari diventati politici
Un altro aspetto che interessa aree verdi e parchi sono le leggi e le ordinanze che hanno consentito l’occupazione degli spazi pubblici.
Secondo Alaeddine, le regole in città sono spesso manipolate.
“Negli ultimi tre anni, la maggior parte delle decisioni prese dalla direzione generale dell’urbanistica e dal suo consiglio superiore si basavano su eccezioni – dalle leggi, dai piani regolatori e dai regolamenti urbanistici”, afferma.
La manipolazione delle leggi quando si tratta di spazi pubblici è simile a ciò che i politici stanno facendo in parlamento e nel governo in generale, aggiunge Alaeddine.
“Molti politici in realtà sono essi stessi imprenditori immobiliari o sono molto ben collegati con loro”, spiega. “Ecco perché c’è molta corruzione ogni volta che sono coinvolti la gestione del territorio e la costruzione”.
Per raggiungere i propri obiettivi, le autorità influenzano anche il discorso pubblico, spiega Alaeddine. “Affermano che noi, la gente, non sapremmo come usare gli spazi pubblici”.
Prendendo come pretesto le preoccupazioni per l’inquinamento e i rifiuti, le autorità cercano continuamente di limitare l’accesso a parchi pubblici come Horsh Beirut, in particolare ai gruppi emarginati come i rifugiati siriani, afferma.
Perdere spazi creativi nel mezzo di una crisi economica
Situata in mezzo a vecchie case in rovina e a grattacieli, Mansion è un luogo unico che rischia di sparire.
Il punto di ritrovo si trova in una villa di tre piani a Zuqaq al-Blat e apre le sue porte a chiunque voglia passare per un caffè, il wifi gratuito o una chiacchierata.
La cucina e la maggior parte degli spazi sono condivisi da tutti, mentre i piani superiori ospitano residenze di artisti.
Nel 2012 un gruppo di persone è riuscito a stringere un accordo con il proprietario, che ha ripulito la villa un tempo abbandonata e che da allora è diventata dimora di artisti e ricercatori.
“Luoghi come questo sono molto importanti per i creativi e per tutti i tipi di iniziative, soprattutto come punto di partenza”, afferma Dahlia Barakat, una giovane artista con la residenza a Mansion.
“Sostenerli sta diventando più difficile in questo momento, poiché ne stiamo perdendo molti a causa della crisi”.
Nel 2019, il Libano è precipitato in quella che la Banca mondiale definisce una delle peggiori crisi economiche del mondo, quando il suo sistema finanziario neoliberista è crollato.
Da allora, la lira libanese ha perso oltre il 98% del suo valore, con un’inflazione alle stelle, e l’82% dei libanesi ora vive in povertà, secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e il lavoro.
In questo contesto, molti luoghi alternativi e progetti comuni sono stati costretti a chiudere o a ridurre le proprie attività, a causa della mancanza di fondi e di energia. Da allora i proprietari terrieri si sono rivolti a un uso del suolo più redditizio.
“Attualmente stiamo negoziando con il proprietario nuovi termini su come utilizzare lo spazio. Il nostro obiettivo è mantenere lo spazio comune”, dice Alaeddine a MEE.
In qualità di membro sia del Public Work Studio che dello staff di Mansion, è una testimone diretta del silenzioso e graduale processo di privatizzazione.
Il potenziale rivoluzionario degli spazi pubblici
Un altro fattore che ha reso rari gli spazi pubblici a Beirut è la minaccia che rappresentano per il governo e le autorità a causa delle persone che li utilizzano come luogo per organizzare proteste.
Durante le rivolte del 2019, note come “The Thawra”, migliaia di manifestanti occuparono la piazza dei martiri di Beirut, la tangenziale e altri luoghi iconici, allestendo tende per dibattiti e riunioni che spesso sfociarono in manifestazioni.
Dahlia Barakat faceva parte del movimento. “Durante la rivoluzione, tutti erano per strada. Ci riunivamo e parlavamo di cose proprio lì, proprio in quel momento”, ricorda.
E per lei, da allora, l’importanza degli spazi comunitari è aumentata.
“Sembra che le strade ci siano state portate via”, dice l’artista a MEE, riflettendo sugli avvenimenti.
“Ora, c’è molta paura nelle strade perché la rivoluzione è stata molto dolorosa”, aggiunge, riferendosi al trauma vissuto durante la rivolta.
“Questo è il motivo per cui Mansion e altri spazi sicuri sono così importanti. Qui possiamo parlare, lavorare e provare a creare qualcosa, insieme”.
Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org