Come l’Apartheid israeliano si è diffuso dall’interno della Linea Verde alla Cisgiordania

Un nuovo rapporto esamina come, secondo il direttore legale di Adalah Suhad Bishara, Israele stia espandendo la supremazia territoriale e politica ebraica.

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Di Orly Noy – 29 giugno 2023


Immagine di copertina: Palestinesi aspettano di attraversare il posto di blocco di Qalandiya mentre si dirigono dalla Cisgiordania Occupata alla Moschea di Al-Aqsa, a Gerusalemme, per partecipare alla preghiera del venerdì durante il Ramadan, 29 aprile 2022. (Oren Ziv)

Questo mese, Adalah – Il Centro Legale per i Diritti della Minoranza Araba in Israele ha pubblicato un documento programmatico che esamina in profondità i passi che il governo israeliano sta compiendo per cercare di accelerare l’annessione della Cisgiordania Occupata. Il documento suddivide questi passaggi in tre grandi categorie principali: Cambiamenti istituzionali e trasferimento di aree di azione alle amministrazioni pubbliche; legalizzazione degli avamposti ed espansione degli insediamenti esistenti; e l’applicazione diretta della legge israeliana nei Territori Occupati.

Il documento programmatico conclude che il governo israeliano “lavora apertamente per espandere il regime di supremazia ebraica oltre la Linea Verde, e per approfondire e perpetuare in Cisgiordania i meccanismi di Apartheid che vi ha stabilito per le generazioni a venire”. Chiede inoltre un’azione immediata e urgente da parte di organismi internazionali, tra cui la Corte Penale Internazionale, che ha avviato un’indagine su presunti crimini di guerra da parte di Israele, e la Corte Internazionale di Giustizia, che sta svolgendo un procedimento per esaminare le conseguenze giuridiche dell’Occupazione in corso da parte di Israele della Cisgiordania.

“È vero che questa è una politica in corso da decenni”, secondo il dottor Suhad Bishara, direttore dell’ufficio legale di Adalah e del suo dipartimento di terra, pianificazione e costruzione. “All’inizio dell’Occupazione del 1967, ci furono discussioni sullo status dei territori e su cosa ne sarebbe stato fatto, ma subito dopo le politiche di Israele divennero molto più chiare in termini di ciò che stava accadendo sul campo e delle sue ambizioni territoriali nei Territori Occupati, ed è diventato più attento in termini di come ha inquadrato quelle ambizioni.


Foto: Un cantiere per nuove abitazioni nell’insediamento ebraico di Shiloh, nella Cisgiordania Occupata, 21 giugno 2023. (Yonatan Sindel/Flash90)

“Negli anni ’70 e ’80, vediamo nelle sentenze legali una discussione circa le esigenze di sicurezza, anche quando si tratta di insediamenti. Ma in seguito le cose sono diventate molto più chiare in termini di ambizioni demografiche e territoriali di Israele. Pertanto, non si può dire che questo governo stia portando qualcosa di nuovo, ma piuttosto sta accelerando processi già esistenti. Le mosse che ha fatto finora, in meno di sei mesi, insieme a quelle che sono all’ordine del giorno, indicano la volontà di cambiare le cose prima che qualcosa cambi politicamente. Questi sono passaggi che non abbiamo mai visto prima.

“Fino ad ora, i governi che si sono succeduti hanno operato sulla linea sottile tra la lettura distorta del diritto internazionale da parte di Israele, e questo include la Corte Suprema, e la percezione dei Territori Occupati come un’area in cui Israele ha un interesse politico, sotto forma di annessione in un modo o nell’altro. L’attuale governo non è più interessato a quella linea sottile, che agli occhi di molti è illusoria e in realtà non esiste, visto che da molti anni si parla di pratica di annessione. Questo governo vuole mosse di annessione esplicite”.

Supremazia in espansione

Analogamente ai documenti di programmatici pubblicati dalle organizzazioni per i diritti umani negli ultimi anni, il documento di Adalah discute anche l’esistenza di un regime di Apartheid nei Territori Occupati Tuttavia, contrariamente alla percezione popolare, il documento segna l’allargamemento dell’Apartheid da Israele ai Territori.

“La maggior parte della discussione sulla questione è inquadrata in modo tale che ci sia un ‘Israele sovrano’, che è democratico, e un ‘Israele occupante’, il che a sua volta induce le persone a chiedersi in che modo l’Occupazione influisca sulla democrazia israeliana”, ha detto Bishara. “L’esperienza degli ultimi anni ci ha insegnato che il principio di annessione prende le politiche israeliane nei confronti del popolo palestinese, fin dalla Nakba, e le estende ai Territori Occupati”.

“Israele è arrivato all’Occupazione del 1967 preparato, dopo 20 anni di governo militare imposto ai cittadini palestinesi che includeva deportazioni, segregazione, espropri massicci e arbitrari di terre e una politica di supremazia ebraica territoriale ed esistenziale. L’intera impresa fu normalizzata con la fine del governo militare nel 1966, ma non si fermò mai. Non c’era alcuna normalizzazione dell’atteggiamento dello Stato nei confronti dei suoi cittadini arabi. La territorialità basata sulla razza fu naturalizzata da leggi, decisioni amministrative e simili, e in seguito è stata intrinsecamente ancorata all’interno di quella che è nota come la rivoluzione costituzionale, inclusa la Legge sullo Stato-Nazione ebraica. Ora questa esperienza si sta estendendo anche ai Territori Occupati”.

 

Foto: I rifugiati palestinesi in Giordania attraversano il Ponte di Allenby verso Israele nell’ambito del programma di visite estive del governo militare. (Pridan Moshe/GPO)

Il documento programmatico di Adalah menziona l’estensione dell’applicabilità della legge sui comitati di ammissione alla Cisgiordania, che porta con sé anche la logica della segregazione dell’Apartheid che ha avuto origine nel 1948.

“Ancora oggi, i comitati di ammissione funzionano negli insediamenti della Cisgiordania nell’ambito degli ordini militari, ma questo è solo uno strato. C’è anche la nomina di Bezalel Smotrich a Ministro che sovrintende all’Amministrazione Civile, che gestisce gli affari civili della Cisgiordania Occupata, e la ‘civilizzazione’ della gestione degli insediamenti, il trasferimento dei poteri dal comandante militare ai ministri e ministeri del governo, l’espansione dei poteri del Ministero per lo Sviluppo del Negev e della Galilea nei Territori Occupati. Tutte queste sono cose che non sono state politiche ufficiali del governo fino ad ora”.

“Siamo consapevoli del fatto che i ministeri del governo e gli enti governativi hanno operato nei Territori in precedenza, tra cui il Ministero dell’Edilizia e dell’Edilizia Abitativa e l’Autorità per le Terre di Israele, ma le risposte che abbiamo ricevuto in passato riguardo alle loro attività erano che si trattava di organi consultivi per il comandante dell’esercito, che ha la massima autorità in Cisgiordania. Questa è un’idea espressa nella costituzione dello Stato di Israele da parte del movimento sionista, e nel modo in cui è stata formulata la sua politica territoriale dal 1948. Ciò è stato espresso anche nella Legge dello Stato-Nazione ebraica e ora nella sua espansione nei Territori Occupati. Pertanto, è più corretto vedere questo come l’espansione della nostra esperienza, dei palestinesi all’interno di Israele e dei rifugiati della Nakba, nei Territori Occupati nel 1967, e non viceversa”.

E allo stesso tempo, stiamo anche assistendo a un processo parallelo di tentativo di riportare i cittadini palestinesi all’era del governo militare, attraverso l’uso dello Shin Bet, degli arresti amministrativi e della Guardia Nazionale che Itamar Ben Gvir vuole istituire. Cioè, la civilizzazione dell’Occupazione da un lato, e la securitizzazione delle relazioni con i cittadini arabi dall’altro.

“Decisamente. Stiamo assistendo a due mosse parallele: l’espansione della ‘civilizzazione’ israeliana della Cisgiordania e la normalizzazione di due sistemi giuridici: uno che si riferisce al legittimo cittadino ebreo, per il quale lo Stato lavora ovunque si trovi, sia all’interno di Israele che nei Territori Occupati, e un altro sistema per il palestinese che è ‘l’Altro’.”

“Questo doppio sistema è progettato per garantire che la supremazia territoriale, spaziale e politica ebraica continui e si espanda. A tal fine, l’altro palestinese deve essere gestito, e questa gestione viene attuata sempre più attraverso sistemi giuridici separati, sia attraverso l’attivazione di regolamenti di emergenza, proposte per coinvolgere lo Shin Bet nella lotta contro la criminalità nella società araba o la nomina di insegnanti e presidi delle scuole arabe, proposte che in pratica danno luogo a due sistemi di pianificazione, applicazione selettiva della legge, ecc.”.

 

Foto: Lavoratori palestinesi privi di documenti arrestati al posto di blocco di Rantis, nella Cisgiordania Occupata, 23 aprile 2023. (Jonathan Shaul/Flash90)

“La separazione che esiste nel sistema giuridico nei Territori Occupati e all’interno del territorio di Israele sta diventando molto più chiara al fine di servire, tra le altre cose, la politica ebraica territoriale israeliana, sia nei Territori Occupati che all’interno di Israele”.

Si parla di due sistemi giuridici separati per due popolazioni, ma si evita di usare il termine Apartheid. È intenzionale?

“I rapporti sull’Apartheid pubblicati negli ultimi due anni sono stati giustamente criticati. Dopo tutto, quando si parla di Apartheid, si parla di un serio elenco di violazioni dei diritti umani, e forse anche di un passo avanti nel contesto della sistematica politica di oppressione e segregazione, in un quadro che definisce i crimini secondo il diritto internazionale. Ma questo è un altro elenco privo di contesto e che non affronta affatto o sufficientemente la questione del perché tutto ciò stia accadendo”.

“Non sottovaluto l’importanza del dibattito sulle violazioni dei diritti umani, ma abbiamo abbastanza esperienza, inclusa l’esperienza di altri Paesi, per sapere che l’Apartheid non si regge da solo. Cioè, non violazioni dei diritti umani in nome delle violazioni dei diritti umani, e non a causa della ‘cattiva politica’. Questa è una politica che ha un obiettivo molto chiaro, e questo dibattito non si riferisce al contesto coloniale di queste violazioni”.

“Non importa come lo si inquadri, le violazioni dei diritti umani sono un sintomo. Queste violazioni sono state sviluppate e adottate come struttura coloniale. Sintomi terribili che tutti facciamo fatica a fermare, ovviamente, ma senza comprenderne il contesto non riusciremo a combattere efficacemente queste violazioni. Non dimentichiamo che i principi guida dell’attuale governo sono che “il popolo ebraico ha un diritto esclusivo e indiscutibile su tutte le parti della Terra di Israele”. Il governo promuoverà e svilupperà l’insediamento in tutte le parti della Terra d’Israele in Galilea, Negev, Golan, Giudea e Samaria. Penso che questi principi e la Legge dello Stato-Nazione ebraica non lascino spazio a dubbi in questione”.

Definire la radice del problema è importante anche per le azioni successive. Nel documento programmatico di Adalah, si chiede l’intervento di organismi internazionali e della Corte Penale Internazionale. Quale soluzione si chiede?

“Il documento si concentra principalmente sulle azioni che approfondiscono, espandono e accelerano l’annessione in un modo contrario al diritto internazionale e alle decisioni internazionali, compresa quella della Corte Internazionale di Giustizia. Questo è un processo molto importante a livello internazionale, perché in pratica Israele sta cercando di caratterizzare l’annessione come una questione interna israeliana”.

 

Foto: Una sezione del Muro di Separazione israeliano che annette la terra dei distretti di Betlemme e Gerusalemme, Beit Jala, Cisgiordania Occupata, 6 aprile 2019. (Anne Paq/Activestills)

“I processi che il governo sta cercando di promuovere non dovrebbero avvenire a livello internazionale, e quindi dobbiamo insistere sul fatto che questo è un conflitto internazionale, e non può in nessun caso diventare una questione interna israeliana.

“In questo contesto, il parere consultivo attualmente dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia è di particolare importanza nel contesto dei Territori Occupati, del significato dell’Occupazione in corso e delle violazioni dei diritti umani, comprese le conseguenze per il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese e lo status dei Territori Occupati. Questa parte viene ignorata quando si parla di violazioni dei diritti umani, anche in alcuni dei rapporti che inquadrano queste violazioni come Apartheid”.

Se la struttura istituzionale e l’essenza delle pratiche nei confronti dei palestinesi sono le stesse su entrambi i lati della Linea Verde, perché non estendere la richiesta di soccorso internazionale ai cittadini palestinesi all’interno di Israele?

“Questa è una domanda molto valida. Per questo siamo stati felici quando, a seguito degli eventi del maggio 2021, una commissione d’inchiesta è stata nominata dalle Nazioni Unite per discutere non solo della violazione dei diritti umani nei Territori Occupati, ma anche delle origini del problema, compreso ciò che sta accadendo in Israele. Si tratta di una mossa molto significativa a livello internazionale. Sembra che qualcosa stia cominciando a cambiare nel dibattito internazionale. Ciò è stato, ovviamente, espresso anche nei rapporti che analizzavano il regime israeliano come un unico regime che controlla l’intero territorio della Palestina storica”.

“Spero vivamente che gli accordi di coalizione del governo, così come sono stati redatti, i principi guida in essi inclusi e il tentativo di estendere i principi della Legge dello Stato-Nazione ebraica ai Territori Occupati, portino ad un approfondimento di questa comprensione a livello internazionale, altrimenti è semplicemente impossibile capire cosa sta accadendo qui”.

Orly Noy è una redattrice di Local Call, attivista politica e traduttrice di poesia e prosa farsi. È membro del consiglio esecutivo di B’Tselem (A Immagine di), il Centro d’Informazione Israeliano per i Diritti Umani nei Territori Occupati, e attivista del partito politico nazional democratico palestinese Balad. I suoi scritti hanno a che fare con i temi che hanno a che fare con la sua identità di Mizrahi (ebrea orientale), persona di sinistra, donna, migrante temporanea che vive come un’immigrata perenne, e il costante dialogo fra questi temi.

 

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org