La marcia verso la liberazione è una marcia collettiva del colonizzato e del colonizzatore, dell’oppresso e dell’oppressore. E chi si rifiuta di andare avanti nella direzione della liberazione la subirà comunque, ma in modo molto doloroso e molto crudele.
Fonte: English version
Di Farida Bemba Nabourema – 9 agosto 2023
L’élite politica francese è molto scioccata dall’ingratitudine di “questi popoli” che siamo “dopo tutti i buoni gesti, tutta la generosità intellettuale, economica e militare che la Francia ci avrebbe donato”, da selvaggi inferiori e ingrati che siamo, arriviamo al punto di osare preferire i nemici della Francia.
L’élite francese è estremamente adirata e non riesce a capire come un popolo che esiste solo per servire e subire sia diventato improvvisamente così ambizioso e audace da volersi sedere anch’esso al tavolo dei grandi.
L’élite politica francese pensa che non avrebbero dovuto darci nemmeno quel po’ della libertà di cui godiamo perché provarla alla fine ci ha portato a desiderarla. Desideriamo di più, ambiziosi, audaci ed eternamente insoddisfatti che siamo; è stata troppo generosa, non ce lo meritavamo.
L’élite politica francese è ancora più stupita che i custodi degli interessi francesi che ha elevato come intellettuali nelle nostre comunità non siano più ascoltati; peggio sono ancora più disprezzati, e più cercano di esaltare i benefici del paternalismo francese, più vengono emarginati come illegittimi dalla società.
Ma l’élite politica francese si pone le domande sbagliate. Non si rende conto che sia lei che noi siamo in un processo di liberazione e guarigione. La differenza è che noi abbiamo preso coscienza dei nostri mali, ma la Francia invece nega la sua patologia.
Abbiamo preso coscienza della nostra alienazione culturale e ingoiamo la pillola amara che porterà alla nostra disalienazione. I nostri giovani non abbracciano più nulla della cultura francese e non imitano più i francesi.
Abbiamo preso coscienza del nostro sfruttamento. Le nostre masse non vogliono più questo veleno tossico che viene loro presentato come “democrazia”, ma che non ha alcuna somiglianza con quella applicata in Francia. I nostri popoli non accettano più che i loro governanti impongano loro la miseria collettiva quando possono evitarla andando in Francia per curarsi, formarsi e divertirsi. Abbiamo preso coscienza della nostra ignoranza non associando più l’intelletto all’accento francese e la virtù agli abiti francesi.
La marcia verso la liberazione è una marcia collettiva del colonizzato e del colonizzatore, dell’oppresso e dell’oppressore. E chi si rifiuta di andare avanti nella direzione della liberazione la subirà comunque, ma in modo molto doloroso e molto crudele.
Invito quindi l’élite intellettuale francese a prendere coscienza anch’essa dei suoi privilegi, del suo feudalesimo e della sua condiscendenza. La invito a prendere coscienza della sua arroganza, della sua volgarità ma soprattutto della sua disumanità perché per molto tempo si è posta al di sopra di noi subordinandoci.
Noi usciamo dalla nostra disumanizzazione, sta a lei di uscire dalla sua “superumanizzazione”. Siamo tutti esseri umani e questo ci dà il pieno diritto di piacere o non piacere. Il nostro amore per la Francia, la nostra fedeltà alla Francia e la nostra lealtà alla Francia non sono tanto i suoi diritti quanto i nostri doveri. Queste sono scelte e noi abbiamo scelto!
Traduzione di Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org