L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite è stata soprattutto la dimostrazione di un mondo che ha voltato le spalle alla Palestina ed è determinato a permettere che l’uccisione su larga scala di palestinesi continui impunemente senza interruzioni
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Di Miko Peled – 29 settembre 2029
Immagine di copertina: Il Presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas interviene alla 78a sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 21 settembre 2023. Craig Ruttle | AP
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite è stata soprattutto la dimostrazione di un mondo che ha voltato le spalle alla Palestina ed è determinato a permettere che l’uccisione su larga scala di palestinesi continui impunemente senza interruzioni. Purtroppo non c’era nessuno che rappresentasse il popolo palestinese. Tragicamente, Mahmoud Abbas, un uomo che sta alla testa di un’organizzazione che permette la sofferenza del popolo palestinese, è stato presentato come “Presidente dello Stato di Palestina”.
La prestazione di Abbas è stata una farsa. Ha fatto ricorso a un linguaggio obsoleto e irrilevante. Le sue osservazioni costituivano poco più che una supplica per una “conferenza di pace” internazionale e l’attuazione della Soluzione dei Due Stati. Ha detto: “Il nostro popolo sta difendendo la propria Patria e i propri diritti legittimi”, grandi parole del capo di un’organizzazione che collabora con Israele per reprimere i palestinesi che guidano la Resistenza. Se le sue azioni non fossero state così chiaramente motivate dall’autoconservazione e dall’avidità, si sarebbe potuto pensare che fosse sincero nel suo appello alla libertà e all’indipendenza.
Ciò che mancava veramente all’Assemblea Generale era un appello a porre fine a tutte le relazioni con Israele. L’appello alla Soluzione dei Due Stati è un’ammissione che Israele è un’entità legittima che merita un posto al tavolo piuttosto che un’entità canaglia e terroristica che dovrebbe essere sconfitta. Il problema è Israele, ma nessuno osa dirlo ad alta voce. Non si tratta “dell’Occupazione”, un termine diventato sempre più vago con il passare del tempo, ma dell’esistenza dello Stato di Apartheid noto come Israele. Questa dichiarazione mancava e finché non sarà resa chiara dai capi di Stato della comunità internazionale non ci sarà alcun progresso.
L’iniziativa saudita
L’iniziativa saudita, se attuata, non solo garantirà al regime saudita un’alleanza strategica con gli Stati Uniti ma, e questo è un grande ma, se la normalizzazione con Israele si concretizza, darà una legittimità senza precedenti a Israele all’interno del mondo arabo e musulmano. Il Primo Ministro israeliano Netanyahu ha giustamente affermato che una volta concluso l’accordo, il resto del mondo arabo e musulmano proseguirà con la normalizzazione delle relazioni con Israele. Netanyahu ha menzionato specificamente l’Indonesia e la Malesia, due Paesi che Israele corteggia da molti anni e dove il rappresentante dell’Autorità Palestinese ha già espresso pieno sostegno alla normalizzazione.
L’accordo saudita sarà il colpo di grazia per i palestinesi sulla scena internazionale, e gli israeliani lo sanno. È necessario mettere in guardia sui pericoli di questo accordo e sulle enormi conseguenze che esso avrà sicuramente per la Palestina e il popolo palestinese.
L’Autorità Palestinese ha chiarito che sostiene l’accordo purché riceva i finanziamenti richiesti. I rappresentanti dell’Autorità Palestinese in tutto il mondo hanno chiarito che non si oppongono alla normalizzazione con Israele, dando così man forte al rafforzamento di Israele e all’eliminazione della Palestina dalla scena mondiale.
Senza un messaggio chiaro da parte del governo e delle organizzazioni non governative che comprendano i pericoli di questo accordo e del processo di normalizzazione, assisteremo al fallimento totale di qualsiasi iniziativa sulla scena internazionale che parli della questione palestinese. Paesi come Algeria, Cuba, Malesia, Pakistan e altri Paesi che mantengono ancora una posizione morale nei confronti della Palestina devono organizzare un fronte per opporsi agli sforzi di normalizzazione, uno sforzo di cui l’accordo saudita è la punta di diamante.
Normalizzazione
Mentre scrivo, il Ministro del Turismo israeliano Haim Katz è in visita in Arabia Saudita per una conferenza delle Nazioni Unite. È il primo ministro israeliano a guidare una delegazione nel Regno. Dopo la visita del Ministro del Turismo israeliano, molti altri funzionari israeliani hanno in programma di visitare il Paese. Secondo il “Times of Israel”, il Ministro delle Comunicazioni Shlomo Karhi sarà in Arabia Saudita per partecipare al Congresso Straordinario dell’Unione Postale Universale del 2023 a Riyadh.
Il fatto che a questi due alti funzionari governativi sia consentito partecipare a conferenze internazionali in Arabia Saudita invia un segnale pericoloso ai Paesi che cercano di tenere fuori missioni e delegazioni israeliane. Se la “grande” Arabia Saudita si sta normalizzando e l’Autorità Palestinese la sostiene, perché Indonesia e Bangladesh dovrebbero astenersi?
Se qualcosa è stato chiarito durante l’Assemblea Generale, è che rompere il monopolio israeliano sulla questione è più impegnativo che mai. Quello che forse è il risultato più grande di Israele è l’esistenza di rappresentanti dell’Autorità Palestinese per svolgere il suo lavoro. Mantiene la questione palestinese entro i confini della Soluzione dei Due Stati. Poiché Israele sostiene che l’Autorità Palestinese è un elemento estremista, ne consegue che anche la Soluzione dei Due Stati promossa dall’Autorità Palestinese è estrema. Dove si collocano coloro che mettono in discussione la legittimità di Israele? Al di là dei limiti della discussione su questo tema.
Quando i governi che stanno dalla parte della Palestina prendono posizione, come hanno fatto alcuni capi di Stato nei loro discorsi all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la loro posizione è definita dall’Autorità Palestinese, che collabora con Israele per garantire che non venga fatto alcun progresso verso la liberazione della Palestina. La magia della Soluzione dei Due Stati è che consente ai Paesi di sostenere la Palestina e, allo stesso tempo, dà legittimità a Israele. Ciò significa che Paesi come l’Indonesia e la Malesia, tra gli altri, possono continuare a fare affari con Israele mantenendo una facciata di sostegno alla Palestina.
Questo è il motivo per cui Israele mantiene una presenza nei Paesi arabi e musulmani, anche se in alcuni casi è segreta, e ha oltre quaranta missioni in Africa, un continente che storicamente ha sofferto molto a causa di Israele e dove il sostegno alla Palestina era forte. La presenza israeliana in Africa si è rafforzata nel corso degli anni e il sostegno alla causa palestinese si è notevolmente indebolito.
Spetterà ai governi e alle organizzazioni non governative farsi carico della sfida al l’Autorità Palestinese, qualcosa che i palestinesi cercano di fare da anni, e sostituire il dibattito sulla Soluzione dei Due Stati con quello di una Palestina libera e democratica dal fiume al mare.
Miko Peled è uno scrittore e attivista per i diritti umani, nato a Gerusalemme. È autore di “The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine” (Il Figlio del Generale. Viaggio di un Israeliano in Palestina) e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five” (Ingiustizia, Storia dei Cinque Della Fondazione Terra Santa).
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org