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Di Alessandro Durie – 6 ottobre 2023
Per il clan di Lina Soualem, il cinema e l’orgoglio per la loro eredità araba sono una questione di famiglia. Lina è una giovane regista parigina, nota per aver diretto documentari introspettivi che esplorano le radici familiari.
Sua sorella, Mouna, è un’attrice emergente, nota per aver interpretato la Oussekine di Disney+ e You Resemble Me (Tu Mi Assomigli) di Dina Amer. Il loro padre, Zinedine Soualem, è un noto attore franco-algerino, con una carriera trentennale nel cinema, nella TV e nel teatro francese.
La loro madre è l’inimitabile attrice franco-palestinese Hiam Abbass, che ha anche una lunga carriera nel cinema e in TV, e ha raggiunto la fama mondiale negli ultimi anni con i suoi ruoli come Marcia Roy in “Succession” della HBO e come Maysa Hassan in “Hulu’s Ramy”.
Ma con Hollywood in un insolito stallo a causa di uno sciopero senza precedenti di attori e scrittori, Hiam Abbass è stata impegnata a lavorare su lungometraggi indipendenti e a promuovere il suo ruolo da protagonista nel documentario di sua figlia Lina, che vede Hiam Abbass interpretare se stessa.
Questo nuovo lungometraggio, intitolato Bye Bye Tiberias, è un film commovente e meditativo di Lina Soualem che esplora ciò che viene tramandato attraverso quattro generazioni di donne palestinesi.
Lina segue sua madre, Hiam, nel suo viaggio personale di ritorno al villaggio palestinese di Deir Hanna in Galilea, in cui è cresciuta e da dove partì per Parigi quando aveva vent’anni per intraprendere la carriera di attrice.
“Quello che volevo fare era collegare storie personali con una storia più collettiva”, ha detto Lina. “È stato davvero importante per me parlare delle donne palestinesi e delle loro vite ed esperienze, perché la storia della Palestina, e delle vite dei palestinesi, rimane non raccontata”.
Bye Bye Tiberias è distribuito a livello internazionale da Lightdox, ha ricevuto finanziamenti da Arte, dal Doha Film Institute e dal Fondo Arabo per le Arti e la Cultura, ed è prodotto dalla francese Beall Productions, dalla belga Altitude 100 Produzioni e Contro Produzioni, e dalla palestinese Philistine Films.
Il film è stato presentato in anteprima mondiale alle Giornate degli Autori di Venezia prima di arrivare al Festival del Cinema di Toronto a metà settembre. Sarà presentato in anteprima al Festival del Film di Londra il 7 ottobre e sono in programma ulteriori proiezioni in festival che includono Chicago, DOK Leipzig in Germania e Montreal.
Ma la novità più importante da evidenziare è che il film è stato selezionato per rappresentare la Palestina nella corsa agli Oscar 2024. I membri dell’Academy valuteranno le candidature provenienti da ogni Paese e selezioneranno cinque film per il miglior lungometraggio internazionale nei prossimi mesi.
La lista dei cinque film selezionati sarà annunciata il 23 gennaio. La Palestina è già stata nominata due volte in questa categoria, nel 2005 per Paradise Now di Hany Abu-Assad e nel 2013 per Omar di Hany Abu-Assad.
Per Lina, rappresentare la Palestina agli Oscar è un “grande onore” e per Hiam, avere accanto sua figlia significa non solo continuare l’attività di famiglia nell’industria cinematografica, ma vederla rappresentare la sua Patria palestinese agli Oscar è per lei una grande fonte di orgoglio.”Parte di ciò su cui ho cercato di lavorare duramente è stato trasmettere a Lina la parte palestinese che in me, così all’improvviso vedere Lina presentare la Palestina agli Oscar significa che forse a livello internazionale sono riuscita nella mia missione”, ha detto Hiam Abbass.
Questo è solo il secondo lungometraggio di Lina Soualem dopo il suo debutto con Their Algeria, un documentario del 2020 che esplorava la parte paterna della famiglia e svelava i temi dell’esilio e del trauma coloniale in un contesto algerino. Motivata dal grande successo di pubblico ad esplorare la parte materna della famiglia, Lina si è imbarcata in Bye Bye Tiberias.
In questo documentario auto-esplorativo, Lina è stata aiutata dalla massa di filmati d’archivio che i suoi genitori conservavano del loro tempo passato in visita regolare in Palestina per riunioni familiari.
Il film, che non presenta quasi nessuna figura maschile, mescola filmati di Hiam da giovane donna in una grande famiglia di 10 figli (e solo due fratelli maschi), di Lina e Mouna in visita in Palestina da bambini negli anni ’90 (filmati dal padre Zinedine ), oltre a filmati recenti girati da Lina e dai direttori della fotografia Thomas Brémond e Frida Marzouk.
Contiene anche video d’archivio che mostrano come appariva la Galilea ai tempi della nonna di Lina, una generazione che ha vissuto la Nakba, o Catastrofe, riferendosi alla Pulizia Etnica della Palestina nel 1948.
Mentre un film che documenta la vita quotidiana delle susseguitesi generazioni di palestinesi dal 1948 a oggi avrebbe potuto facilmente essere esplicitamente politico o critico nei confronti di Israele, ma il film evita di essere così scontato e si concentra piuttosto sulla famiglia, la maternità e la vita di comunità.Questi temi sono in primo piano nella narrativa del film, mentre la politica che inevitabilmente permea la storia palestinese rimane sullo sfondo.
Come dice Lina: “Se faccio film è perché voglio poter raccontare la storia delle vite e dei sentimenti delle persone, dei personaggi che vivono in un certo contesto politico. Non penso che si possa privare nessun personaggio palestinese di alcun contesto politico, ma ritengo che tutto sia politico. Non è solo legato alla Palestina, perché essere arabo in Francia è politico, essere haitiano in Canada è politico”.
In Bye Bye Tiberias, troviamo Hiam Abbass a volte a disagio e timida davanti alla telecamera, nel confrontarsi con la vulnerabilità che questo ruolo di essere semplicemente se stessa comporta. Per gli attori, spesso è più facile interpretare qualcun altro che interpretare se stessi.
Questo ruolo spinge Hiam non solo a mettere a nudo il suo passato, ma anche a guardare indietro a come la sua patria palestinese è cambiata, e a riflettere su tutto ciò che ha ereditato da sua madre e dalla generazione che l’ha preceduta, proprio come Lina.
A un certo punto del film, Hiam dice (in francese): “Penso che diventiamo madri, ma non sappiamo mai come separarci da una madre”. Eppure sono questi momenti vulnerabili che rendono Hiam umana, sia che si tratti delle scene in cui legge poesie che ha scritto da adolescente, o quando rivisita le strade di Deir Hanna con sua sorella.
“La Palestina è una casa per me”, dice Hiam. “È il luogo che racchiude la mia infanzia, i miei sogni, la mia adolescenza e tutto ciò con cui sono cresciuta. Ma vediamo che me ne sono andata per certi motivi che non credo siano cambiati davvero nel villaggio, quindi tornare in quel luogo non è sempre stata una cosa facile”.
Nonostante abbia trascorso gran parte della sua vita in Francia, Hiam Abbass esibisce apertamente la sua identità palestinese. Ma qualsiasi curioso che cerchi Hiam Abbass in Rete scoprirà che su Google, Wikipedia o anche IMDB, Hiam viene indicata come “israeliana”, anche se questo è qualcosa che Hiam dice di aver provato a correggere ripetutamente sulla sua pagina Wikipedia, ma inutilmente. “Qualunque sia la mia identità, è quello che decido io, e non quello che gli altri decidono per me”, dice.
“La gente me lo chiede e io rispondo di sì, sono nata in Israele, perché si chiamava così, ma la mia identità personale è palestinese, e questo film mostra semplicemente la complessità di quell’identità”.
Nonostante il film non cerchi di essere esplicitamente politico, l’esplorazione della vita quotidiana palestinese e della forza intergenerazionale delle donne in Bye Bye Tiberias invoca di per sé un atto politico di Resistenza, sia contro la normalizzazione del dominio israeliano che contro la cancellazione dell’identità palestinese.
Mentre Lina spiega che aspirava “a riattivare il passaggio tra generazioni per capire cosa è stato tramandato e come le famiglie e le relazioni si perpetuano nel contesto dello sfollamento e dell’esilio”, racconta una storia che è allo stesso tempo sia universale che intrinsecamente palestinese.
Hiam dice: “Questo film parla davvero, prima di ogni altra cosa, del viaggio delle donne, che guarda caso sono palestinesi”.
Ma Bye Bye Tiberias fa eco anche a ciò che disse una volta il grande poeta palestinese Mahmoud Darwish:
“Il mio luogo di nascita non esiste. Sapete che sono nato in un villaggio che non esiste. Gli insediamenti sono stati costruiti in cima alle sue rovine. Scrivo per cercare di dire che l’Occupazione non schiaccerà le nostre anime e non ci impedirà di esprimere liberamente la nostra umanità. C’è su questa terra ciò che rende la vita degna di essere vissuta”.
In questo modo, Bye Bye Tiberias si caratterizza come un’opera che definisce il cinema palestinese contemporaneo e continuerà ad esserlo nel percorso verso gli Oscar e oltre.
Alexander Durie è un giornalista multimediale per The New Arab, lavora su video, fotografia e scrittura di articoli
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org
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