“Dal fiume al mare” non è semplicemente uno slogan: è una promessa e una richiesta eterna di liberazione nazionale. I tentativi di denigrare questo slogan hanno solo lo scopo di indebolire il movimento contro il sionismo e mettere a tacere le richieste di libertà palestinese.
Fonte: English version
Movimento Giovanile Palestinese – 13 novembre 2023
Immagine di copertina: Attivisti del Movimento giovanile palestinese reggono lo striscione che guida la marcia di 300.000 sostenitori filo-palestinesi a Washington, D.C., il 4 novembre 2023. (Foto per gentile concessione del Movimento giovanile palestinese)
Nelle ultime cinque settimane abbiamo visto milioni, se non miliardi, di persone in tutto il mondo mobilitarsi per la Palestina. Il 4 novembre, a Washington,si è svolta la più grande marcia pro Palestina nella storia degli Stati Uniti. L’11 novembre, oltre un milione di persone sono scese nelle strade di Londra in un’altra marcia da record. Abbiamo anche visto proteste regolarmente organizzate in tutto il mondo. Queste manifestazioni protestano contro il genocidio dell’entità sionista che solo questo mese ha causato la morte di oltre 11.000 palestinesi, più della metà dei quali bambini. Nel mezzo di questo genocidio e della costruzione di uno storico movimento globale a sostegno del popolo palestinese, le istituzioni sioniste e le nazioni occidentali che finanziano la ferocia di Israele hanno attaccato con zelo uno slogan centrale e un canto sentito in queste azioni storiche: “Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera.”
Attraverso questo attacco, le forze del sionismo e dell’imperialismo stanno tentando di delegittimare il movimento per la liberazione nazionale palestinese e di distrarre dal genocidio di Israele. I tentativi di denigrare e criminalizzare questo canto fanno parte di uno sforzo più ampio volto a indebolire il movimento contro il sionismo e a mettere a tacere le richieste di libertà palestinese, ascoltate in ogni angolo del mondo. Le migliaia di persone che si uniscono al movimento ogni giorno sono la prova vivente che gli sforzi per minare le nostre richieste di libertà stanno fallendo e che noi e i nostri sostenitori rimarremo fermi nella nostra visione di liberazione della Palestina dal fiume al mare.
Questo inno alla libertà viene attualmente diffamato come incitamento all’odio e alla violenza. La deputata statunitense Rashida Tlaib è stata censurata per aver detto ciò. Il decano di Harvard ha condannato l’uso della frase da parte degli organizzatori studenteschi, annunciando in risposta la creazione di un gruppo consultivo sull’antisemitismo. Un attivista palestinese di Calgary, in Canada, è stato accusato dalla polizia di aver guidato il canto durante una protesta”. In Gran Bretagna, l’ex ministro dell’Interno Suella Braverman ha scritto una lettera alla polizia metropolitana incoraggiandola a “considerare lo slogan ‘dal fiume al mare, la Palestina sarà libera’ come espressione di un desiderio violento”sostenendo persino la criminalizzazione del canto. I media mainstream hanno dipinto lo slogan in una luce simile, suggerendo che invochi il genocidio del popolo ebraico o dipingendo la storia dell’appello alla liberazione palestinese come “complessa”. In risposta, alcuni hanno difeso la frase decontestualizzandola dai suoi legami con la lotta per la liberazione nazionale, suggerendo che si tratti di “un appello a Israele a estendere la cittadinanza e l’uguaglianza legale e politica a ogni singolo essere umano che risiede entro i suoi attuali confini”. Ciò che questo tipo di analisi non riesce a cogliere è che i palestinesi non recitano questa frase come una richiesta di cittadinanza all’interno di una nazione costruita sul nostro genocidio, ma piuttosto come una richiesta di liberazione e libertà nazionale.
Naturalmente, per il sionismo, la libertà palestinese è una minaccia esistenziale al progetto di creazione di uno stato etnico coloniale sopra la Palestina. Si tratta di uno Stato che non ha confini ufficiali e, negli ultimi 75 anni, ha occupato il territorio egiziano, siriano e libanese (e continua a violare la sovranità della Siria e del Libano). Netanyahu, due mesi fa, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha mostrato una mappa del “Nuovo Medio Oriente”. Questo immaginario geografico sionista ha eliminato la Palestina dalla regione e ha assorbito le alture di Golan siriane occupate, riflettendo lo statuto del partito Likud, che cancella la nostra richiesta di libertà e chiede che “tra il Mare e la Giordania ci sia solo la sovranità israeliana”.
La realtà è che la brutale violenza del sionismo contro il popolo palestinese si estende a tutta la Palestina storica: dal fiume Giordano in Cisgiordania al mare di Gaza. Nessuna vita palestinese è sacra in mezzo al suo blocco genocida, in presenza dei suoi insediamenti e posti di blocco, né all’interno delle sue mura carcerarie dove migliaia di palestinesi sono tenuti e torturati e 2,3 milioni di abitanti di Gaza sono tenuti in ostaggio. La libertà palestinese necessita di una liberazione totale: non solo dal fiume al mare, ma oltre i confini della Palestina storica, dove milioni di palestinesi attendono il ritorno. La liberazione palestinese necessita della liberazione dal sionismo.
Ma perché c’è ora un tentativo evidente di equiparare le richieste palestinesi di liberazione con l’incitamento all’odio genocida? Tra il fiume e il mare il regime israeliano e i suoi sostenitori occidentali stanno compiendo un vero e proprio genocidio. Questa campagna diffamatoria è una strategia che funziona per mantenere il movimento palestinese sulla difensiva mentre cerchiamo di fermare un genocidio ca cui i governi occidentali stanno dando il via libera, anche finanziandolo. Mira a distrarre dal genocidio in corso e a promuovere dubbi e paure tra un numero crescente di persone che stanno diventando consapevoli della complicità delle loro istituzioni e dei governi. Intende offuscare la questione della violenza, dipingendo contemporaneamente come violente le parole degli occupati e sminuendo la violenza del genocidio dell’occupante.
In risposta a queste affermazioni, i Palestinesi nei paesi occidentali e coloro che stanno dalla loro parte devono (nella migliore delle ipotesi) occupare il tempo a spiegare il significato di “Dal fiume al mare”, o (nella peggiore delle ipotesi) difendersi da reazioni negative, sospensioni e repressione per l’uso della frase. La fissazione sulle parole e l’esame accurato dei nostri canti mira a seminare incertezza nei cuori e nelle menti di coloro che sono nuovi al movimento, fornendo allo stesso tempo a istituzioni come università, media e luoghi di lavoro nuovi strumenti per continuare a giustificare la loro repressione.
Tali strategie rendono invisibile ciò che sta accadendo in Palestina, vale a dire: oltre 11.000 palestinesi sono stati uccisi dalle bombe finanziate da potenze imperialiste come Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna; i pazienti nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Al Shifa sono morti a causa di interruzioni di corrente; i bambini raccolgono l’acqua accumulata nelle strade per berla; le persone muoiono per mancanza di cibo, assistenza medica e acqua; gli ospedali stanno crollando; 10.000 palestinesi sono tenuti in ostaggio nelle carceri israeliane e torturati a morte; centinaia di palestinesi sono stati assassinati in Cisgiordania; e centinaia di palestinesi con cittadinanza israeliana sono stati arrestati nei territori del 1948 dal 7 ottobre. Gli orribili crimini di Israele non possono nemmeno essere completamente documentati perché hanno tagliato le infrastrutture di comunicazione di Gaza e ucciso più di 40 giornalisti e operatori dei media palestinesi. Oltre a ciò, vi sono chiare prove discorsive delle ambizioni di Israele a Gaza: politici, funzionari e personalità dei media hanno ripetutamente invocato il genocidio a Gaza e persino i medici israeliani, quelli che hanno prestato il giuramento etico di Ippocrate, hanno dato il via libera al bombardamento degli ospedali di Gaza. Questi sono i fatti concreti del genocidio che avviene sul campo.
Come si può credere, nel mezzo di un genocidio che ha causato la morte di 11.000 palestinesi, che un canto per la libertà sia ciò che incita alla violenza? Come si osa temere l’appello alla liberazione recitato dalle masse invece delle bombe che piovono su Gaza? Questo è esattamente ciò che questa focalizzazione sul discorso mira a raggiungere: un veicolo attraverso il quale promuovere i progetti del sionismo e dell’imperialismo occidentale. È vero, tuttavia, che i sionisti sanno molto bene che il sionismo è incompatibile con la vita palestinese e che il suo fondamento si basa sull’espulsione, sullo sfruttamento e sulla pulizia etnica del popolo palestinese. Questo è precisamente il motivo per cui un canto per la libertà palestinese e per la liberazione nazionale incontra tanta isteria e repressione. Ciò è particolarmente evidente in un momento in cui la marcia per la libertà palestinese diventa più forte, con milioni di persone in tutto il mondo che si uniscono alla nostra lotta. In tutto il Nord America e in Europa, le persone si stanno rendendo conto del ruolo dei loro governi in questo genocidio. Dalle proteste al blocco del trasporto di armi, alla chiusura dei media e degli uffici politici, le masse chiedono non solo un cessate il fuoco, ma la fine dell’assedio di Gaza e la sospensione degli aiuti e delle armi allo Stato sionista.
Per oltre 75 anni, il progetto sionista ha mirato a distruggere ed eliminare il popolo palestinese. E per 75 anni, il popolo palestinese ha continuato a mantenere la propria presenza e a lottare per restare e tornare nelle proprie terre.
“Dal fiume al mare” non è semplicemente uno slogan: è una promessa immortale. Ogni giorno la rivoluzione palestinese diventa più forte, gli appelli alla libertà sono più forti e ogni giorno siamo più vicini alla liberazione totale: dal fiume al mare.
Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera. Dal mare al fiume, la Palestina vivrà per sempre
Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictaplestina.org