Israele riapre il mattatoio di Gaza

 

La Fase Uno della Campagna Genocida di Israele su Gaza è terminata. La Fase Due è iniziata. Il risultato sarà un livello ancora più elevato di morte e distruzione.

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Di Chris Hedges – 2 dicembre 2023

I cieli sopra Gaza si riempiono, dopo una tregua di sette giorni, di proiettili di morte. Aerei da guerra. Elicotteri d’attacco. Droni. Proiettili di artiglieria. Fuoco di carri armati. Mortai. Bombe. Missili. Gaza è un fragore di esplosioni, urla disperate e grida di aiuto sotto gli edifici crollati. La paura, ancora una volta, si sta insinuando in ogni cuore del campo di concentramento di Gaza.

Venerdì sera, secondo il Ministero della Sanità di Gaza, 184 palestinesi, tra cui tre giornalisti e due medici, erano stati uccisi dagli attacchi aerei israeliani nel Nord, nel Sud e nel Centro di Gaza, e almeno 589 feriti. La maggior parte di loro sono donne e bambini. Israele non si farà scoraggiare. Ha intenzione di finire il lavoro, di cancellare ciò che resta nel Nord di Gaza e decimare ciò che resta nel Sud, di rendere Gaza inabitabile, di vedere i suoi 2,3 milioni di persone cacciati in una massiccia Campagna di Pulizia Etnica attraverso la fame, il terrore, il massacro e le malattie infettive.

I convogli umanitari, che portavano quantità simboliche di cibo e medicine, il primo lotto era costituito da sudari e test per il coronavirus secondo il direttore dell’Ospedale al-Najjar, sono stati fermati. Nessuno, men che meno il Presidente Joe Biden, ha intenzione di intervenire per fermare il Genocidio. Il Segretario di Stato Antony Blinken ha visitato Israele questa settimana e, pur chiedendo a Israele di proteggere i civili, ha rifiutato di stabilire condizioni che avrebbero interrotto i 3,8 miliardi di dollari (3,5 miliardi di euro) che Israele riceve in assistenza militare annuale o il pacchetto di aiuti supplementari di 14,3 miliardi di dollari (13,1 miliardi di euro). Il mondo starà a guardare passivamente, borbottando inutili banalità su ulteriori attacchi chirurgici, mentre Israele fa girare la sua roulette della morte. Quando Israele avrà finito, la Nakba del 1948, quando i palestinesi furono massacrati in decine di villaggi e 750.000 furono sottoposti a Pulizia Etnica da parte delle milizie sioniste, sembrerà una pittoresca reliquia di un’era più civilizzata.

Niente è risparmiato. Ospedali. Moschee. Chiese. Case. Quartieri residenziali. Campi profughi. Scuole. Università. Uffici media. Banche. Sistemi fognari. Infrastruttura delle telecomunicazioni. Impianti di trattamento delle acque. Biblioteche. Mulini per grano. Panifici. Mercati. Interi isolati. L’intento di Israele è quello di distruggere le infrastrutture di Gaza e uccidere o ferire quotidianamente centinaia di palestinesi. Gaza diventerà una terra desolata, una zona morta incapace di sostenere la vita.

Israele ha iniziato a bombardare Khan Younis il venerdì dopo aver lanciato volantini che avvertivano i civili di evacuare più a Sud, verso Rafah, situata al confine con l’Egitto. Centinaia di migliaia di sfollati palestinesi avevano cercato rifugio a Khan Younis. Una volta che i palestinesi vengono spinti a Rafah, rimane solo un posto dove fuggire: l’Egitto. Il Ministero dell’Intelligence israeliano, in un rapporto trapelato, chiede il trasferimento forzato della popolazione di Gaza nella penisola egiziana del Sinai. Un piano dettagliato per spostare intenzionalmente i palestinesi da Gaza e spingerli in Egitto è stato incluso nella dottrina israeliana per cinque decenni. Già 1,8 milioni di palestinesi di Gaza sono stati cacciati dalle loro case. Una volta che i palestinesi oltrepasseranno il confine con l’Egitto, cosa che il governo egiziano e i leader arabi stanno cercando di impedire nonostante le pressioni degli Stati Uniti, i palestinesi non torneranno mai più.

Questa non è una guerra contro Hamas. È una guerra contro i palestinesi.

Gli attacchi israeliani vengono generati a un ritmo vertiginoso, molti dei quali da un sistema chiamato “Habsora”: Vangelo, che si basa sull’intelligenza artificiale che seleziona 100 obiettivi al giorno. Il sistema di intelligenza artificiale è descritto da sette attuali ed ex funzionari dell’intelligence israeliana in un articolo di Yuval Abraham sui siti israeliani +972 Magazine e Local Call, come facilitatore di una “fabbrica di omicidi di massa”. Israele, una volta individuato quello che presume essere un agente di Hamas da un telefono cellulare, ad esempio, bombarda e colpisce un’ampia area attorno all’obiettivo, uccidendo e ferendo decine e talvolta centinaia di palestinesi, afferma l’articolo.

“Secondo fonti di intelligence”, si legge nell’articolo, “Habsora genera, tra le altre cose, raccomandazioni automatiche per attaccare residenze private in cui le persone sospettate di essere agenti di Hamas o della Jihad Islamica. Israele poi effettua operazioni di assassinio su larga scala attraverso il pesante bombardamento di questi edifici residenziali”.

Circa 15.000 palestinesi, tra cui 6.000 bambini e 4.000 donne, sono stati uccisi dal 7 ottobre. Circa 30.000 sono rimasti feriti. I dispersi sono oltre 6.000, molti sepolti sotto le macerie. Più di 300 famiglie hanno perso 10 o più membri della loro famiglia. Più di 250 palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania dal 7 ottobre e più di 3.000 sono rimasti feriti, sebbene l’area non sia controllata da Hamas. L’esercito israeliano afferma di aver ucciso tra 1.000 e 3.000 dei circa 30.000 combattenti di Hamas, un numero relativamente piccolo data la portata dell’assalto. La maggior parte dei combattenti della Resistenza si rifugia nel loro vasto sistema di tunnel.

La strategia di Israele è la “Dottrina Dahiya”. La Dottrina è stata formulata dall’ex Capo di Stato Maggiore delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), Gadi Eizenkot, membro del gabinetto di guerra, in seguito alla guerra del 2006 tra Israele e Hezbollah in Libano. Dahiya è un sobborgo meridionale di Beirut e una roccaforte di Hezbollah. È stato colpito da aerei israeliani dopo che due soldati israeliani sono stati fatti prigionieri. La Dottrina presuppone che Israele dovrebbe impiegare una forza massiccia e sproporzionata, distruggendo infrastrutture e residenze civili, per garantire la deterrenza.

Daniel Hagari, portavoce dell’IDF, ha ammesso all’inizio del più recente attacco israeliano a Gaza che la campagna sarebbe stata “focalizzata sul danno e non sulla precisione”.

Israele ha abbandonato la sua tattica di “avvisare prima di attaccare” secondo la quale un missile senza testata atterrava su un tetto per avvisare chi si trovava all’interno di evacuare. Israele ha anche smesso di effettuare le sue telefonate di avvertimento di un attacco imminente. Ora decine di famiglie in un condominio o in un quartiere vengono uccise senza preavviso.

Le immagini di distruzione di massa alimentano la sete di vendetta in Israele dopo l’umiliante incursione dei combattenti di Hamas il 7 ottobre e l’uccisione di 1.200 israeliani, tra cui 395 soldati e 59 agenti di polizia. C’è un cinico piacere espresso da molti israeliani per il Genocidio e una ondata di appelli per l’uccisione o l’espulsione dei palestinesi, compresi quelli nella Cisgiordania Occupata e quelli con cittadinanza israeliana.

La ferocia degli attacchi aerei e dei bombardamenti indiscriminati, l’interruzione di cibo, acqua e medicine, la retorica genocida del governo israeliano, rendono questa una guerra il cui unico obiettivo è la vendetta. Questo non sarà un bene né per Israele né per i palestinesi. Alimenterà una conflagrazione in tutto il Medio Oriente.

L’attacco di Israele è l’ultima disperata misura di un progetto coloniale di coloni che stupidamente pensa, come hanno fatto in passato molti progetti coloniali di coloni, di poter schiacciare la Resistenza di una popolazione nativa con un Genocidio. Ma nemmeno Israele riuscirà a farla franca con omicidi di questa portata. Una generazione di palestinesi, molti dei quali hanno visto la maggior parte, se non tutte, delle loro famiglie uccise e le loro case e quartieri distrutti, porteranno dentro di sé una sete di giustizia e vendetta che durerà tutta la vita.

Questa guerra non è alla fine. Non è nemmeno iniziata.

Chris Hedges è un giornalista vincitore del Premio Pulitzer, è stato corrispondente estero per quindici anni per il New York Times, dove ha lavorato come capo dell’Ufficio per il Medio Oriente e dell’Ufficio balcanico per il giornale. In precedenza ha lavorato all’estero per The Dallas Morning News, The Christian Science Monitor e NPR. È il conduttore dello spettacolo RT America nominato agli Emmy Award On Contact.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org