“Stanotte la nostra casa è stata distrutta, stavamo tutti dormendo in casa, ho perso mio padre, ho perso mia madre, ho perso i miei fratelli e sorelle, sono solo, non ho più casa, non ho più vestiti, non ho più niente, vorrei vivere come un uomo sulla terra. Ed è per questo che stiamo lottando.”
Può la CPI portare in giudizio Israele per genocidio?
Intervista della stazione televisiva francese “Le Media” all’Avvocato Gilles Devers, dell’Ordine degli Avvocati di Lione, e specialista di diritto internazionale e di guerra.
18 Novembre 2023
Intervistatrice – Allora, buonasera, Avvocato Gilles Devers, mi sente bene?
Gilles Devers – Sì, buonasera.
Intervistatrice – Buonasera, perfetto. Lei è un avvocato del foro di Lione e si è fatto promotore di una denuncia collettiva contro Israele per genocidio e crimini di guerra alla Corte Penale Internazionale (CPI), l’istituzione giudiziaria internazionale creata nel 2002 per processare i responsabili dei crimini internazionali più gravi. La denuncia riunisce più di 500 avvocati francesi e internazionali ed è stata presentata giovedì scorso 9 novembre presso la sede della CPI all’Aia, nei Paesi Bassi. Prima di qualsiasi altra cosa, Avvocato Devers, ci conferma che la CPI ha la giurisdizione e tutti i poteri necessari per portare Israele davanti ai suoi giudici? Se le faccio questa domanda è perché molti ritengono che Israele sfugga alla giustizia internazionale e che non ha ratificato la CPI.
Gilles Devers – Sì, infatti, lo si sente dire a più riprese, ma sono molto abituato a questo discorso inteso a screditare il diritto internazionale perché lo si teme. Ma la situazione è del tutto chiara. C’è stato un dibattito sul tema con un procedimento durato circa un anno a cui hanno partecipato 80 parti, e almeno 50 in rappresentanza della parte israeliana. E si è concluso con una sentenza della Corte del 5 febbraio 2021 che ha stabilito che la Corte è competente, per cui la cosa non si discute. E la Corte che dice? Dice delle cose molto importanti, ed è per questo che, anche se la CPI non ha solo delle qualità e ci sono cose che si potrebbero modificare, bisogna ben valutare la ragione per cui ci si rivolge alla CPI.
La Corte ha detto che la Palestina è uno Stato quindi pongo la domanda: lei conosce molte giurisdizioni o delle istanze internazionali che abbiano dichiarato che “la Palestina è uno Stato pari ad altri, e quindi un palestinese è su un piano di parità con gli altri, che c’è un luogo dove i Palestinesi sono uguali agli altri?” Ebbene, lo ha fatto il Tribunale Penale Internazionale. E poi la Corte ha sentenziato che quello Stato è sovrano in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est. Ciò significa che questa sentenza sulla giurisdizione ha già praticamente deliberato in merito all’illegalità dell’annessione di Gerusalemme Est.
L’altro giorno ho sentito Jacques Attali che diceva “Be’, ci sono cose che dovranno essere risolte, ma Gerusalemme Est la teniamo”. Ma come la tieni, che vuol dire? La giustizia si è pronunciata, bisogna pur rispettare il diritto, soprattutto che si tratta di un diritto del tutto logico, la questione di Gerusalemme Est è già passata in giudizio, ed è sovranità palestinese.
Poi la Corte ha stabilito che il governo di Ramallah, quindi il Governo dello Stato di Palestina, poteva trasferire la sua competenza penale alla CPI, per cui il Procuratore dispone già di che indagare su tutti i fatti che sono accaduti, uno dei quali è stato commesso nel territorio, e questo riguarda sia il Signor Netanyahou che il Signor Biden in qualità di complice, o il contrario, perché noi cominciamo a chiederci chi conduca veramente le operazioni.
Intervistatrice – Grazie mille di questo chiarimento. E ora ci interesseremo alla denuncia stessa, all’indomani dell’attacco mortale del 7 ottobre 2023 fomentato dal braccio armato di Hamas contro Israele. Lo Stato ebraico ha intrapreso un’azione di cieca vendetta contro tutta la popolazione palestinese e non soltanto di Gaza. Ben presto gli esperti di diritti umani hanno denunciato un pulizia etnica. Lei parla piuttosto di un genocidio, può spiegarci perché, a suo parere, sono riunite le condizioni per una denuncia di genocidio?
Gilles Devers – Penso che esistano le condizioni per un genocidio perché dispongo di fatti e questi fatti corrispondono a una base giuridica. E insisto che c’è un vero e proprio movimento che si è creato. Lei ha detto, ha ricordato stasera, che ci sono 500 avvocati di tutto mondo che hanno firmato questa denuncia. E poi un comitato di professori di diritto internazionale, per cui sappiamo di cosa stiamo parlando basandoci sul nostro mestiere, niente altro. E io dico a tutti che è la nostra deontologia quello che stiamo facendo e quanto più è complicato, più ci dobbiamo attenere alla nostra base: guardiamo ai fatti, un avvocato sa come guardare i fatti, almeno deve saperlo, poi verifichiamo qual è la base giuridica, dopodiché difendiamo la nostra argomentazione per convincere il giudice. Ecco cosa facciamo, niente di meno niente di più, ma questo cambia tutto. Allora i fatti, se li si prende isolatamente, sono crimini di guerra o crimini contro l’umanità. Per esempio, sganciare bombe al fosforo su zone abitate per bruciare la gente è un palese crimine di guerra. Quando vediamo scene di umiliazione con i prigionieri palestinesi, che d’altronde non sappiamo a che titolo siano detenuti, che salgono su un autobus, e sono nudi, denudati, e vengono picchiati da soldati israeliani che sembrano divertirsi molto, questo è un crimine contro l’umanità. Ma non si devono prendere i fatti in modo frammentario, bisogna prenderli nel loro insieme e vedere cosa dice la giurisprudenza. Già nello statuto della Corte Penale, c’è l’articolo 8 sui crimini di guerra, l’articolo 7 riguarda i crimini contro l’umanità e l’articolo 6 è il genocidio. Per cui il genocidio è al di sopra di tutto. E nel genocidio ci sono due definizioni, ce ne sono cinque, ma ce ne sono due che sono importanti: una è lo sterminio fisico delle popolazioni, quindi è molto chiaramente il genocidio degli ebrei da parte dei nazisti. Be’, questo non è il caso a Gaza, non è il caso, il caso di Gaza è la seconda definizione di genocidio, che è una azione determinata per distruggere una società, un legame sociale, un gruppo sociale. E non sto partendo dalla mia opinione, parto dai testi, dallo statuto, poiché è lo statuto che definisce il crimine e poi dà quelli che si chiamano “gli elementi del crimine“ che sono una specie di decreti attuativi nei quali è descritto in che modo si mette in atto la distruzione del gruppo sociale. Ma, in ogni caso, la base resta la giurisprudenza. E la giurisprudenza si è pronunciata nel Tribunale Penale per l’ex Jugoslavia, il Tribunale sul Ruanda, il Codice Penale Internazionale, la Corte Internazionale di Giustizia… i riferimenti sono tanti e sono recenti. Quindi prendiamo il caso dei Rohingya: cosa è stato acquisito nel caso dei Rohingya? La privazione di acqua ed elettricità. Le ricorda qualcosa? L’organizzazione della carestia che mi ricorda qualcosa, anche questo. Poi le difficoltà di accesso alle cure, le distruzioni di case, i trasferimenti forzati della popolazione. La Corte ha accolto questi a titolo di elementi materiali e noi stiamo aggiungendo, nel caso di Gaza, bombardamenti massicci che fanno tra il 97% e il 98% di vittime civili.
Questi sono gli elementi materiali, quindi siamo già molto in linea con la giurisprudenza. A seguire, un secondo aspetto, l’elemento intenzionale.
Bisogna provare l’intenzione di distruggere il gruppo e non soltanto di provocare dei morti e distruggere il gruppo. Ebbene, a questo proposito, leggo che il Ministro della Difesa dice che “i palestinesi sono animali e noi li tratteremo come tali”. E poi, le dichiarazioni del Signor Netanyahou che dice “stiamo per cambiare il modo di essere a Gaza, non assomiglierà più a quello che è”, e che tutti coloro che hanno sostenuto Hamas, nel suo modo di vedere le cose, saranno colpiti molto duramente. E poi vediamo tutti questi tentativi di espellere i palestinesi, fisicamente quando ci si riesce. E poi voglio dire che è soprattutto un tentativo di avvilirli, c’è una guerra ogni 4 anni, e qual è il medico che resta lì? Ad esempio ci restano i medici che sono molto attaccati al loro lavoro, alla loro terra e alla loro famiglia, e lavorano in condizioni abominevoli, mentre sono degli eroi della loro scienza. Quindi c’è una volontà di disumanizzare, come dice la giurisprudenza.
E io faccio il collegamento con degli elementi circostanziali che sono i discorsi veramente inverosimili che abbiamo riportato in dettaglio nella denuncia.
Ma la denuncia io la faccio risalire al 1917, ovvero alla dichiarazione di Balfour, perché la dichiarazione di Balfour non era un risarcimento per l’Olocausto, era la potenza occidentale che decide di sposare la causa della creazione di uno Stato ebraico in Palestina perché vede questi popoli arabi che stanno per diventare indipendenti e nutre una grande diffidenza nei loro confronti. E dal momento che lì c’è il petrolio vuole avere qualcuno lì che sorvegli i suoi interessi.
Quindi la dichiarazione di Balfour per creare uno Stato ebraico dove esiste già una società, è negare il diritto all’autodeterminazione. Quando nel 1948 c’è la creazione dello Stato di Israele, non da parte dell’ONU, come sento dire tutti i giorni, ma da una dichiarazione politica, allo stesso tempo si attua la Nakba, una pulizia etnica, e 700.000 persone, il 90% dei mussulmani arabi del nuovo territorio, vengono espulsi, perché non si può creare uno stato ebraico dove c’è una maggioranza araba.
Quindi questa negazione del diritto di autodeterminazione è il centro di tutto. Ed è la stessa cosa per la colonizzazione, quando c’è un governo che, in pratica o in senso politico, cerca di fare in modo che la cosa passi. E poi al momento attuale, Israele è governato da un governo che avete analizzato, che tutti possono vedere a che punto sono arrivati… ci sono addirittura dei ministri che hanno detto “come è bello vedere Gaza così distrutta così finalmente possiamo restituirla ai coloni”. Per non parlare della “bomba nucleare che dovremo far esplodere sul territorio”. Per cui ci sono questi elementi circostanziali, ma sono solo la conseguenza del rifiuto del diritto all’autodeterminazione.
E concludo la mia breve esposizione dicendole che la Carta delle Nazioni Unite dice che la condizione della pace è la coesistenza dei popoli, dal momento in cui un popolo si considera superiore a un altro e lo vuole espellere dalla propria terra, dove è sovrano, si va alla guerra. Infatti, abbiamo la guerra in Palestina dal 1917 perché c’è una volontà di eliminare un popolo che esiste e che ha il diritto di vivere sulla propria terra.
Intervistatrice – Lei ha parlato di crimini di guerra, ne approfitto visto che abbiamo qui un eminente giurista… la domanda è qual è la differenza tra crimini di guerra e crimini contro l’umanità? Perché spesso si fa confusione anche tra le due definizioni.
Gilles Devers – Allora, intanto io sono sorpreso quando vedo le discussioni e la facilità con cui le persone esprimono la propria opinione senza saperne niente.
Io non parlo di psicoanalisi o di cucina, non ne so assolutamente niente. E comunque quando si parla di diritto, esistono delle regole: cos’è un crimine di guerra e cos’è un crimine contro l’umanità. E il genocidio non è l’esposizione di questo o quel pappagallino che viene a fare il suo circo in uno studio televisivo, sono definizioni legali e quindi se si vogliono conoscere i crimini di guerra si guarda: ci sono circa due pagine di questo nello statuto della Corte, anche i crimini contro l’umanità sono elencati. Quel che si può dire è che nel crimine contro l’umanità c’è una dimensione particolare e si sente che dietro quei crimini c’è la volontà di mettere in discussione l’umanità delle persone.
Ma i crimini di guerra in sé sono di una gravità particolare. La guerra si fa con delle leggi, quindi so che è facile ridere quando lo diciamo, ma è una cosa che va avanti da sempre. Invece solo qui vediamo uno Stato che dice “ma io faccio quello che voglio” e vediamo tutte le potenze occidentali che si mettono agli ordini di questo generale eccitato che non sa nulla, dicendo che ha il diritto di difendersi. Per esempio, queste persone lo sanno che la Corte di Giustizia nel 2004 – quindi forse disprezzano anche la Corte di Giustizia – ma la Corte di Giustizia nel 2004 ha detto che Israele non aveva diritto alla legittima difesa nei confronti del popolo palestinese perché il loro è un territorio occupato, e Israele è una potenza occupante, quindi non ha diritto alla legittima difesa. È stato giudicato dalla Corte nero su bianco nella sentenza del 2004. Eppure vediamo che le più alte autorità, autorità tra virgolette, diplomatiche e politiche dire che si tratta di un diritto di legittima difesa e deve essere applicato, eccetera eccetera. Ecco il nostro ruolo di giuristi. È per questo che ci siamo organizzati. Ecco, perché sentirete parlare per molto tempo del nostro esercito di avvocati. Dico “esercito” perché è per resistere, per resistere all’occupazione militare. Per cui riprenderemo il nostro lavoro metodico di base, ma rettificheremo sistematicamente queste nozioni: Israele ha diritto alla legittima difesa se viene attaccato da uno Stato terzo, cioè se viene attaccato da, non saprei, dalla Giordania o da un altro Stato, l’Egitto o il Libano, a quel punto ha diritto alla legittima difesa. Ma nei confronti del popolo palestinese, che è una popolazione civile occupata, secondo la convenzione dell’Aia, le devono una protezione. E questa protezione la trasformano in aggressione. L’altro giorno vedevo non so più chi di quella squadra che si metteva in bella mostra dicendo: “ma a Gaza noi riusciamo a far arrivare fino a 400 camion al giorno”, sottintendendo “avete visto come siamo generosi?”. Ma è loro compito, cioè, se fai un’occupazione è solo in modo transitorio mentre si negozia la pace, non è destinata a durare per 60 anni creando insediamenti, e si ha l’obbligo di proteggere la popolazione civile. Quindi i camion non sono un regalo, anzi, sono un mezzo regalo perché ovviamente rivelano la violenza di quel che sta succedendo.
Ma al momento attuale e dalle elezioni del 2006, che erano state vinte democraticamente da Hamas, Israele ha imposto un blocco che è di per sé illegale, e abbiamo visto i dati dell’UNCTAD, il servizio competente delle Nazioni Unite, che dall’inizio del blocco lo aveva quantificato in 23 miliardi di dollari.
Quel rapporto risaliva a qualche tempo fa, per cui noi abbiamo fatto una valutazione e abbiamo presentato una richiesta al fondo d’indennizzazione del Tribunale Penale di 35 miliardi di dollari. Questo è ciò che Israele guadagna solo da questo blocco, mentre ha l’obbligo di proteggere la popolazione.
Intervistatrice – E alla fine la vostra richiesta è stata accolta?
Gilles Devers – No, la Corte ci mette un po’ di tempo, ma noi siamo tenaci e il fondo di compensazione dovrà risponderci. Ho ancora qualche fonte di informazione presso la Corte e so che la richiesta pone un problema serio che suscita il loro interesse.
Intervistatrice – Lei è abbastanza sicuro di sé, avvocato Devers, cosa le fa dire che questa richiesta potrebbe avere successo, quando lei ha ricordato che fin dal 1917 Israele ha agito e attuato una politica che sembra sfuggire alla giustizia internazionale? Cos’è che potrebbe cambiare oggi e spingere i pubblici ministeri ad avviare procedimenti penali contro Israele?
Gilles Devers – Vede, quello che sta cambiando è che ora i palestinesi, con noi ma anche con altri, si stanno rivolgendo ai giudici. E per quanto strano possa sembrare, se si guarda alla storia del conflitto israelo-palestinese dal 1917, che verte unicamente sul riconoscimento di un diritto, i palestinesi non rivendicano nulla, la parte israeliana rivendica uno Stato, ma i palestinesi non rivendicano nulla, chiedono solo il rispetto dei loro diritti sovrani sulla terra, “mi hanno rubato i miei diritti e li rivoglio indietro”.
Per una serie di motivi che non approfondirò in questa sede, di fatto non hanno mai fatto ricorso alla giustizia e da sempre si fa confusione dicendo “hanno la giustizia internazionale contro di loro perché se hanno delle argomentazioni devono presentarle al Consiglio di Sicurezza”.
Ovviamente era una farsa giuridica, ma ogni volta che si rivolgono alla giustizia vincono. Lo hanno fatto nel 2004 per il muro, non sono loro che sono andati all’Assemblea Generale, ma l’Assemblea Generale ha emesso un verdetto spettacolare dicendo che il muro era illegale e che Israele avrebbe dovuto distruggerlo e che Israele avrebbe dovuto risarcire tutti i palestinesi che sono stati danneggiati da questa costruzione. E hanno spiegato il metodo di compensazione e poi non è stato fatto nulla, ebbene non è stato fatto nulla. Perché? Perché gli Stati Uniti dicono: “Sì, ma bisogna discutere, bisogna essere simpatici, dobbiamo trovare una soluzione, un contenzioso non va bene”, ecco tutto. Quindi, quel paese estremamente nocivo ha esercitato tutto il suo peso. E abbiamo un secondo esempio, quello della CPI. Già nel 2009 avevo presentato le prime richieste per conto degli abitanti di Gaza, quando avevano avuto la prima aggressione, e abbiamo dovuto aspettare il 2018, scusi il 2015, perché la Palestina ratificasse il trattato. C’era stato un grande lavoro, che era stato fatto con l’Autorità Palestinese su questo e si diceva “ma la Palestina non lo ratificherà mai”, invece lo ha ratificato. E poi ora sono tutti contenti.
E c’è anche un anche paradosso, che in realtà è abbastanza…. insomma non è per niente divertente, ma diciamo che il commento fa ridere, quando vediamo che la Francia dice “be’, no, lo Stato di Palestina noi non lo riconosciamo” e poi quando è alla CPI si siede accanto alla Palestina; e che la Palestina era persino nel consiglio d’amministrazione non molto tempo fa. Quindi a Parigi non si può fare mentre all’Aia va bene, è uno Stato alla pari.
Quindi l’iscrizione alla CPI ha costituito un grande valore per la Palestina, visto che è stata riconosciuta come Stato.
E poi nel 2018, è stato necessario aspettare fino al 2018 perché la Palestina potesse sporgere una vera e propria denuncia, perché la ratifica non era ancora la denuncia, ci sono state ancora molte trattative, moltissime pressioni… e perché? Non è complicato: è l’Europa che paga i dipendenti pubblici, tutti lo sanno, e come fa l’Autorità Palestinese a esercitare la sua indipendenza dal punto di vista europeo, sapendo che sono loro che pagano i suoi dipendenti pubblici, che ci possono essere dei ritardi nei pagamenti o altro. E l’Europa finanzia molte cose, comprese le distruzioni israeliane. Per cui, ahimè, l’Autorità Palestinese si è messa in una situazione di dipendenza nei confronti delle istituzioni europee e non ha trovato una sua forza diplomatica.
Ma si può capire quanto sia efficace la CPI. Ed è questo il motivo: per tutti quegli ostacoli quando Abbas alla fine ha deciso che bisognava ratificare il trattato. Prima di ratificare il trattato ha chiesto a tutti i gruppi armati, Hamas, Jihad Islamica e Fronte per la Liberazione della Palestina, “ Io firmo ma voi rischiate di essere perseguiti. Siete d’accordo o no?” Hanno tutti risposto : “Non abbiamo motivo di avere paura del diritto, al contrario, ci battiamo per il diritto”. Così hanno firmato tutti e poi Abbas ha ratificato il trattato. Allora, cosa vediamo facendo un fermo immagine, come si dice: uno Stato, la Palestina, che è stato accusato di violenza eccetera eccetera, che ha appena aderito a una giurisdizione internazionale per adottare una prospettiva giuridica internazionale, è un’immagine positiva, magnifica, per tutti quei grandi paesi che si vantano di essere dei Difensori dei Diritti dell’Uomo.
A quel punto cercate i comunicati stampa di congratulazioni, gli illustri discorsi politici rivolti ad Abbas per il popolo palestinese che si mette sotto l’egida del diritto internazionale. Non c’è stata neanche una parola, non una sola parola, erano tutti verdi di rabbia perché i palestinesi avevano osato mettersi sotto quella giurisdizione, e perché questa giurisdizione funziona, la prova è che i fatti iniziati di recente, sono di sua competenza. All’inizio vedevo quello che, ahimè, sarebbe stato “un caso in più, un’aggressione in più”… e noi abbiamo una certa esperienza su come affrontare i fatti in termini di prove da trasmettere al tribunale. Ma poi ho visto la sequenza degli eventi nei quali ho abbastanza rapidamente individuato i termini di un genocidio… e come ho fatto ad identificarlo? Perché è il mio mestiere quello di stabilire le definizioni. E ci siamo rivolti alla Corte, che ci ha dato un appuntamento entro dieci giorni! Quindi, vede, ci sono dei passi avanti spettacolari nei progressi compiuti, nel 2009 venivamo completamente ignorati. E questa denuncia ha avuto una notevole eco in tutto il mondo, dal Pakistan all’Uruguay, e in tutti i paesi ci sono avvocati che si fanno avanti, ma anche in Palestina dove ora collaboro con l’Ordine degli Avvocati della Palestina che vuole aiutarci a creare i fascicoli. Per cui c’è un lavoro davvero metodico da presentare alla Corte. Quindi io non ho bisogno di dire che ci credo o non ci credo. Sono un avvocato, analizzo i rapporti di forza, analizzo i testi, penso che per il Pubblico Ministero è una decisione che sarà difficile perché è esposto a delle pressioni enormi da parte degli Stati Uniti e delle potenze occidentali, ma sa, soprattutto con questo gruppo di 500 avvocati e i suoi professori di diritto internazionale, che la sua decisione sarà sotto sorveglianza in tutto il mondo, che in tutto il mondo siamo d’accordo per aiutarlo a portare le prove, a fornire le prove e gli argomenti, e che, invece, se la Corte non sa come accogliere questa controversia che è assolutamente flagrante e ferisce il più semplice senso di umanità, come ha detto il Segretario Generale dell’ONU “non è una questione di diritto umanitario è una questione di umanità”, abbiamo dei dossier di gente che ce li porta, praticamente tutti i primi casi che abbiamo ricevuto, sono di gente a cui è stato detto “raggruppatevi tutti qua perché la vostra casa non è sicura, dobbiamo bombardare perché ci sono dei terroristi… eccetera”, per cui vanno a mettersi in un luogo sicuro ed è il luogo sicuro che viene bombardato.
Ieri abbiamo saputo che quattro giorni fa 54 membri di una stessa famiglia sono rimasti uccisi, 54… ed è di ieri una mail che ho ricevuto da un giovane gazawi che mi ha scritto in inglese. “Stanotte la nostra casa è stata distrutta, stavamo tutti dormendo in casa, ho perso mio padre, ho perso mia madre, ho perso i miei fratelli e sorelle, sono solo, non ho più casa, non ho più vestiti, non ho più niente, vorrei vivere come un uomo sulla terra. Ed è per questo che stiamo lottando.”
Intervistatrice – Avvocato Devers, quindi la denuncia è stata depositata lo scorso giovedì 9 novembre presso la sede della CPI. Quali sono le prossime tappe?
Gilles Devers – Le prossime tappe sono parte di un lungo processo previsto dalla CPI, quelli che praticano la Corte lo conoscono, sanno che è l’avvio dell’indagine da parte del Pubblico Ministero, perché il Pubblico Ministero è l’unico che la può portare avanti e quando prende un rifiuto, si può fare appello e si va davanti ai giudici. Ma i giudici possono semplicemente dire che la decisione non è motivata, la decisione non è logica, ma loro non possono aprire l’inchiesta e rimandano il dossier al procuratore. Per cui è tutto un gioco di regole giuridiche, di trattative, che sono molto oneste di norma e di analisi di quelli che si definiscono “gli interessi della giustizia”.
Quindi dirò che il procuratore può dire che non è negli interessi della giustizia analizzare i crimini di guerra uno dopo l’altro, tutti i bombardamenti di case, perché sarebbe un lavoro mostruoso, non può recarsi sul posto, non può inviare i suoi collaboratori. Quando ci sono 140 edifici bombardati durante la notte, come si fa a condurre un’indagine tecnica sul campo? Be’ sono questioni concrete, quindi non è nell’interesse della giustizia, non è nell’interesse della Corte affrontare questioni come quelle, anche se è deplorevole. Ma per quel che riguarda la questione del genocidio, gli si spiega che la prova è semplice: cioè il Ministro dice “taglieremo la corrente perché interromperemo il petrolio”. Interrompe il petrolio, taglia l’elettricità, ecco che la prova è fornita. Poi “dell’acqua non ce ne occupiamo, e peggio per loro se di acqua non ce n’è più”. E quindi si cerca di trovare persino l’acqua potabile per i bambini, è una prova del tutto acquisita. Poi dice “bombarderemo le case” e bombardano le case. Poi dice “faremo dei trasferimenti della popolazione”, lo dice lui stesso, lo annuncia, e lui stesso è il primo a dire la cifra di 1.500.000.
Per quanto riguarda il genocidio, sono prove pesanti quelle che abbiamo, direi, e valgono anche per quanto riguarda l’intenzionalità, la famosa intenzione colpevole che è l’intenzione di distruggere il gruppo.
Ora tutti lo capiscono ma all’inizio, quando abbiamo presentato la denuncia per genocidio si sono detti “va bene, sono i soliti esagitati che credono che uccideranno 2 milioni di palestinesi”… no, no, no… qui ci sono danni gravi, capisce cosa voglio dire, per i quali i criteri della giurisprudenza esistono. E vorrei semplicemente dire per chi, e per evitare le sterili critiche dei grandi sapienti che non hanno mai studiato nulla, che Srebrenica è stato giudicato come crimine di genocidio e ci sono stati 8600 morti a Srebrenica.
Quindi per il procuratore disponiamo di tutti quegli elementi per convincerlo, poi il nostro ruolo di avvocati è quello di convincere i giudici, ma dopo sono i giudici che decidono, spetta a loro decidere se emettere un mandato d’arresto, se vogliono approfondire l’indagine, se hanno bisogno di testimonianze. Noi tutto quello che si possiamo dire è che con i collegamenti che abbiamo sul posto e ora con la cooperazione con l’Ordine degli Avvocati di Palestina siamo in grado, nonostante la guerra, nonostante lo scarso funzionamento di Internet, di presentare dei fascicoli individuali ampiamente sufficienti per sostenere la messa in accusa. Non si parla ancora di giudizio, bisogna essere metodici nelle procedure. Intanto il procuratore ha materia di lavoro.
Intervistatrice – Grazie infinite, Avvocato Gilles Devers dell’Ordine degli Avvocati di Lione. Grazie anche per questo corso di diritto, è un vero piacere perché effettivamente si sentono molti ignoranti negli studi televisivi e sui social media. Seguiamo da molto vicino questo caso e naturalmente restiamo in contatto.
Trascrizione e traduzione dal video di Leila Buongiorno