Il male che Israele fa è il male che Israele riceve

Il progetto coloniale israeliano perpetua il ciclo di violenza contro gli abitanti nativi della Palestina storica. I palestinesi sono stati costretti a rispondere nella lingua parlata da Israele.

Fonte: English version

Di Chris Hedges – 8 dicembre 2023

Conoscevo il dottor Abdel Aziz Al-Rantisi, cofondatore di Hamas, insieme allo Sceicco Ahmed Ismail Yassin. La famiglia di Al-Rantisi fu espulsa nella Striscia di Gaza dalle milizie sioniste dalla Palestina Storica durante la Guerra Arabo-Israeliana del 1948. Non corrispondeva all’immagine demonizzata del leader di Hamas. Era un medico pediatra pacato, articolato e altamente istruito che si era laureato primo della sua classe all’Università di Alessandria d’Egitto.

Quando aveva nove anni, fu testimone dell’esecuzione di 275 uomini e ragazzi palestinesi, compreso suo zio, a Khan Younis, quando Israele occupò brevemente la Striscia di Gaza nel 1956, oggetto del magistrale libro di Joe Sacco: Footnotes in Gaza. Decine di palestinesi sono stati giustiziati dai soldati israeliani anche nella vicina città di Rafah, dove decine di migliaia di palestinesi sono attualmente costretti a fuggire ora che Khan Younis è sotto attacco.

“Ricordo ancora i lamenti e le lacrime di mio padre per suo fratello”, ha detto Al-Rantisi a me e a Sacco quando lo abbiamo incontrato a casa sua. “Non sono riuscito a dormire per molti mesi dopo. Ha lasciato una ferita nel mio cuore che non potrà mai rimarginarsi. Quando racconto la storia mi viene quasi da piangere. Questo tipo di azione non potrà mai essere dimenticato, hanno piantato l’odio nei nostri cuori”.

Sapeva che non avrebbe mai potuto fidarsi degli israeliani. Sapeva che l’obiettivo dello Stato Sionista era l’Occupazione di tutta la Palestina Storica: Israele conquistò Gaza e la Cisgiordania nel 1967 insieme alle Alture del Golan in Siria e la Penisola del Sinai in Egitto, e l’eterna sottomissione o sterminio del popolo palestinese. Sapeva che avrebbe vendicato quegli omicidi.

Al-Rantisi e Yassin furono assassinati nel 2004 da Israele. La vedova di Al-Rantisi, Jamila Abdallah Taha Al-Shanti, aveva un dottorato in inglese e insegnava all’Università islamica di Gaza. La coppia ebbe sei figli, uno dei quali venne ucciso insieme al padre. La casa della famiglia è stata bombardata e distrutta durante l’assalto israeliano a Gaza del 2014 noto come Operazione Margine di Protezione. Jamila è stata uccisa da Israele il 19 ottobre di quest’anno.

Il Genocidio di Israele a Gaza sta crescendo una nuova generazione di palestinesi infuriati, traumatizzati e privati ​​di tutto, che hanno perso familiari, amici, case, comunità e ogni speranza di vivere una vita normale. Anche loro cercheranno vendetta. I loro piccoli atti di terrorismo contrasteranno il continuo terrorismo di Stato di Israele. Odieranno come sono stati odiati. Questa sete di vendetta è universale. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, un’unità clandestina di ebrei che prestava servizio nella Brigata Ebraica dell’esercito britannico, chiamata “Gmul”, in ebraico “Ricompensa”, diede la caccia agli ex nazisti e li giustiziò.

“Noi tutti sappiamo ciò che tutti gli studenti imparano”, ha scritto Wystan Hugh Auden. “Coloro ai quali viene fatto del male, contraccambieranno con il male”.

Chaim Engel, che prese parte alla rivolta nel campo di sterminio nazista di Sobibor in Polonia, descrisse come, armato di coltello, attaccò una guardia nel campo.

“Non è pianificato”, disse Engel. “Reagisci e basta, istintivamente reagisci a quello, e ho pensato: va fatto, e lo faccio. E l’ho fatto. Sono andato con un altro uomo nell’ufficio e abbiamo ucciso questo tedesco. Ad ogni fendente dicevo: Questo è per mio padre, questo è per mia madre, questo è per tutte queste persone, tutti gli ebrei che hai ucciso”.

Ciò che Engel ha fatto alla guardia nazista non è stato meno brutale di quello che i combattenti di Hamas hanno fatto agli israeliani il 7 ottobre, dopo essere fuggiti dalla loro stessa prigione. Preso fuori contesto, è inspiegabile. Ma se posto nel contesto del campo di sterminio, o dei 17 anni di prigionia nel campo di concentramento di Gaza, ha senso. Questa non è un assoluzione. Comprendere non è condonare. Ma bisogna capire se si vuole fermare questo ciclo di violenza. Nessuno è immune dalla sete di vendetta. Israele e gli Stati Uniti stanno scioccamente orchestrando ancora un altro capitolo di questo incubo.

J. Glenn Gray, un ufficiale combattente della Seconda Guerra Mondiale, scrisse sulla peculiare natura della vendetta in “The Warriors: Reflections on Men in Battle” (I Guerrieri: Riflessioni sugli Uomini in Battaglia):

“Quando il soldato perde un compagno a causa del nemico o forse la sua famiglia è stata distrutta dai bombardamenti o da persecuzioni politiche, come accadeva così spesso nella Seconda Guerra Mondiale, la sua rabbia e il suo risentimento si trasformano in odio. Allora la guerra per lui assume il carattere di una vendetta. Fino a quando non avrà distrutto il maggior numero possibile di nemici, la sua sete di vendetta difficilmente potrà essere placata. Ho conosciuto soldati che erano ansiosi di sterminare fino all’ultimo nemico, tanto era feroce il loro odio. Tali soldati provavano grande piacere nell’ascoltare o leggere la distruzione di massa causata dai bombardamenti. Chiunque abbia conosciuto o sia stato un soldato di questo genere è consapevole di come l’odio penetri in ogni fibra del suo essere. La sua ragione di vita è cercare vendetta; non occhio per occhio e dente per dente, ma una ritorsione dieci volte superiore”.

Per coloro che sono brutalizzati, intorpiditi dal trauma, sconvolti dalla rabbia, coloro che senza tregua li attaccano e li umiliano non sono esseri umani. Sono rappresentazioni del male. La sete di vendetta, di ritorsione decuplicata, genera fiumi di sangue.

Gli attacchi palestinesi del 7 ottobre, che hanno provocato la morte di circa 1.200 israeliani, alimentano questa brama in Israele, proprio come la distruzione di Gaza da parte di Israele alimenta questa brama tra i palestinesi. La bandiera nazionale blu e bianca di Israele con la Stella di David adorna case e automobili. La folla si riunisce per sostenere le famiglie i cui membri sono tra gli ostaggi a Gaza. Gli israeliani distribuiscono cibo agli incroci stradali ai soldati diretti a combattere a Gaza. Striscioni con slogan come “Israele in guerra” e “Insieme vinceremo” costellano le trasmissioni televisive e i siti dei media. Nei media israeliani si parla poco del massacro di Gaza o della sofferenza dei palestinesi, 1,7 milioni dei quali sono stati cacciati dalle loro case, ma si ripete costantemente le storie di sofferenza, morte ed eroismo avvenute durante l’attacco del 7 ottobre. Contano solo le nostre vittime.

“Pochi di noi sanno fino a che punto la paura e la violenza possano trasformarci in creature feroci, pronte con denti e artigli”, ha scritto Gray. “Se la guerra mi ha insegnato qualcosa, è che le persone non sono ciò che sembrano o addirittura pensano di essere”.

Marguerite Duras nel suo libro “The War: A Memoir” (La Guerra: Memorie) scrive di come lei e altri membri della Resistenza francese torturarono un francese di 50 anni accusato di collaborazionismo con i nazisti. Due uomini torturati nel carcere di Montluc, a Lione, spogliano il presunto informatore. Lo picchiano mentre il gruppo grida: “Bastardo. Traditore. Feccia”. Presto sangue e muco gli colano dal naso. Il suo occhio è ferito. Geme: Si accascia sul pavimento. Duras scrive che era “diventato qualcuno senza nulla in comune con gli altri uomini. E ad ogni minuto che passava la differenza aumentava e si consolidava sempre più”. Osserva passivamente il pestaggio. “Più colpiscono e più sanguina, più è chiaro che colpire è necessario e giusto”. E continua: “Bisogna colpire. Non ci sarà mai giustizia nel mondo a meno che noi stessi non facciamo giustizia, adesso. I giudici, le aule dei tribunali, fanno finta di giudicare, non fanno giustizia”. E nota: “Ogni colpo risuona nella stanza silenziosa. Stanno colpendo tutti i traditori, le donne che se ne sono andate, tutti quelli a cui non è piaciuto quello che hanno visto da dietro le finestre”.

Israele ha abusato, umiliato, impoverito e ucciso arbitrariamente i palestinesi, provocando un’inevitabile controviolenza. È il motore avviato da un secolo di spargimenti di sangue. Il Genocidio di Gaza supera anche i peggiori eccessi della Nakba, o Catastrofe, che vide 750.000 palestinesi cacciati dalle loro terre nel 1948 e da 8.000 a 15.000 uccisi in massacri da parte di milizie terroristiche sioniste come Irgun e Lehi.

La Resistenza Palestinese ha poco più che armi leggere e granate a razzo per combattere contro uno degli eserciti meglio equipaggiati e tecnologicamente più avanzati del pianeta, il quarto esercito più forte del mondo, dopo Stati Uniti, Russia e Cina. I combattenti palestinesi, affrontando queste difficoltà schiaccianti, sono diventati semidei con un enorme seguito popolare non solo tra i palestinesi, ma in tutto il mondo musulmano. Israele potrebbe essere in grado di dare la caccia e uccidere il leader in seconda di Hamas, Yahya Sinwar, ma se lo farà, diventerà la versione mediorientale di Ernesto “Che” Guevara. I movimenti di Resistenza si fondano sul sangue dei martiri. Israele garantisce una fornitura continua.

La decisione degli Stati Uniti di difendere, finanziare e partecipare ai bombardamenti a tappeto, ai massacri e alla Pulizia Etnica di Israele a Gaza è inconcepibile. Il proprio sostegno al Genocidio ha distrutto ciò che restava della loro credibilità in Medio Oriente, già a pezzi dopo due decenni di guerre, così come nella maggior parte del resto del mondo. Hanno perso il diritto di agire come mediatore; quel ruolo sarà assunto dalla Cina o dalla Russia. Il suo rifiuto di condannare l’aggressione e i Crimini di Guerra israeliani mettono in luce l’ipocrisia statunitense riguardo all’invasione russa dell’Ucraina. Fila con la possibilità di una conflagrazione regionale. Il processo di pace, una farsa per decenni, è irrecuperabile. L’unico linguaggio rimasto è quello della morte. È così che Israele parla ai palestinesi. È così che i palestinesi sono costretti a rispondere.

L’amministrazione Biden ha poco da guadagnare dalla distruzione e dallo spopolamento di Gaza, anzi sta allontanando enormi fasce di elettori del Partito Democratico, soprattutto mentre attacca i manifestanti che chiedono un cessate il fuoco in quanto “pro-terroristi”. Il leader della maggioranza al Senato Chuck Schumer ha guidato gli slogan “Siamo con Israele” e “Nessun Cessate il Fuoco” durante una manifestazione filo-israeliana il 4 novembre a Washington D.C., nonostante un sondaggio Reuters/Ipsos indicasse che il 68% degli intervistati era convinto che Israele dovrebbe attuare un cessate il fuoco e negoziare la fine della guerra. Questa cifra sale al 77% tra i democratici. Biden ha un triste indice di gradimento del 37%.

Venerdì il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha votato con 13 voti favorevoli e 1 astenuto a favore di un cessate il fuoco immediato a Gaza e del rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi. Gli Stati Uniti hanno votato contro la Risoluzione. Il Regno Unito si è astenuto. La proposta di Risoluzione non è stata adottata a causa del veto statunitense.

La vera base di Biden non sono gli elettori disincantati, ma la classe dei miliardari, le multinazionali, come l’industria delle armi, che sta ricavando enormi profitti dalle guerre a Gaza e in Ucraina, e gruppi come la lobby israeliana. Sono loro a determinare la politica, anche se ciò significa la sconfitta di Biden alle prossime elezioni presidenziali. Se Biden perde, gli oligarchi prendono Donald Trump, che serve i loro interessi con la stessa tenacia di Biden.

Le guerre non finiscono. La sofferenza continua. I palestinesi muoiono a decine di migliaia. Questo è stato pianificato.

Chris Hedges è un giornalista vincitore del Premio Pulitzer, è stato corrispondente estero per quindici anni per il New York Times, dove ha lavorato come capo dell’Ufficio per il Medio Oriente e dell’Ufficio balcanico per il giornale. In precedenza ha lavorato all’estero per The Dallas Morning News, The Christian Science Monitor e NPR. È il conduttore dello spettacolo RT America nominato agli Emmy Award On Contact.

Traduzione di Beniamino Rocchetto  – Invictapalestina.org