La censura militare israeliana vieta di riferire su otto argomenti

L’insolito ordine in lingua inglese per la guerra di Gaza rompe con la consueta e informale segretezza con cui normalmente opera il censore dell’IDF.

Fonte: English version

Di Ken Klippenstein e Daniel Boguslaw – 23 dicembre 2023 

Immagine di copertina: il capo della censura militare  israeliana generale  Kobi Mandelblit

Armi usate dalle Forze di Difesa Israeliane, fughe di notizie dal gabinetto di sicurezza e storie su persone tenute in ostaggio da Hamas, questi sono alcuni degli otto argomenti di cui ai media è vietato riferire in Israele, secondo un documento da noi ottenuto.

Il documento, un ordine di censura emesso dall’esercito israeliano ai media come parte della sua guerra contro Hamas, non è stato riportato in precedenza. Il documento, scritto in inglese, è stato una mossa insolita per il censore dell’IDF, che fa parte dell’esercito israeliano da più di settant’anni.

“Non ho mai visto istruzioni come questa inviate dal censore, a parte avvisi generali che invitavano i media a conformarsi, e anche allora sono state inviate solo a determinate persone”, ha detto Michael Omer-Man, ex redattore capo di della rivista israeliana +972 Magazine e oggi direttore della ricerca per Israele-Palestina presso Democracy in the Arab World Now (Democrazia nel Mondo Arabo Ora – DAWN), un gruppo di sostegno degli Stati Uniti.

Intitolato: “Operazione ‘Spade di Ferro’ Direttiva del Censore Capo Israeliano ai Media”, l’ordine non è datato, ma il suo riferimento all’Operazione Spade di Ferro, il nome dell’attuale operazione militare israeliana a Gaza, chiarisce che è stato emesso qualche tempo dopo l’attacco di Hamas contro Israele il 7 ottobre. L’ordine è firmato dal Censore Capo delle Forze di Difesa Israeliane, il Generale di Brigata Kobi Mandelblit. (Il censore militare israeliano non ha risposto a una richiesta di commento sul documento.)

Il documento ci è stato fornito da una fonte a cui è stata data una copia dall’esercito israeliano. Un documento identico appare sul sito web del governo israeliano.

“Alla luce dell’attuale situazione di sicurezza e dell’intensa copertura mediatica, desideriamo incoraggiarvi a sottoporre alla censura tutto il materiale riguardante le attività delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) e delle Forze di Sicurezza Israeliane prima della loro trasmissione”, dice l’ordine. “Si prega di aggiornare il vostro personale sul contenuto di questa lettera, con particolare attenzione alle redazioni e ai giornalisti sul campo”.

L’ordine enumera otto argomenti sui quali i media non possono riferire senza previa approvazione da parte del censore militare israeliano. Alcuni degli argomenti toccano questioni politiche scottanti in Israele e a livello internazionale, come rivelazioni potenzialmente imbarazzanti sulle armi utilizzate da Israele o acquisite da Hamas, discussioni sulle riunioni del gabinetto di sicurezza e gli ostaggi israeliani a Gaza: una questione ampiamente criticata dal Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu per cattiva gestione.

Il documento vieta inoltre di riferire su dettagli di operazioni militari e attività strategiche israeliane, attacchi missilistici che hanno colpito luoghi sensibili in Israele, attacchi informatici e visite di alti ufficiali militari sul campo di battaglia.

Le preoccupazioni circa la politicizzazione della censura militare non sono meramente ipotetiche. Il mese scorso, secondo quanto riferito, il censore israeliano si è lamentato del fatto che Netanyahu gli stesse facendo pressioni affinché censurasse alcuni media senza una ragione legittima. Netanyahu ha negato l’accusa.

Autocensura e segretezza

Il Censore Militare Israeliano è un’unità situata all’interno della Direzione dei Servizi Segreti Militari dell’IDF. L’unità è comandata dal Censore Capo, un ufficiale militare nominato dal Ministro della Difesa.

Dall’inizio della guerra di Israele contro Hamas, più di 6.500 nuovi articoli sono stati completamente o parzialmente censurati dal governo israeliano, ha detto Guy Lurie, ricercatore presso l’Istituto Israeliano per la Democrazia con sede a Gerusalemme.

Per contestualizzare la cifra, Lurie ha affermato che si tratta di circa quattro volte di più rispetto a prima dell’inizio della guerra, citando un rapporto del quotidiano israeliano Shakuf basato sulle richieste in base alla libertà di informazione. Il numero di contributi sottoposti alla censura, tuttavia, è significativamente più alto in questo momento di intenso conflitto, quindi Lurie ha osservato che le notizie stanno affrontando un livello normale di censura alla luce della proporzione con il totale dei rapporti.

Il numero effettivo di nuovi rapporti interessati dalla censura, tuttavia, non potrà mai essere quantificato. A causa di un sistema di strette relazioni e di una certa consapevolezza di cosa aspettarsi, i giornalisti israeliani possono autocensurarsi.

“Le persone si autocensurano, non provano nemmeno a riportare le storie che sanno non saranno approvate”, ha detto Omer-Man. “E questo è dimostrato proprio adesso da quanto poco gli israeliani regolari vedano dalla stampa ciò che sta accadendo ai palestinesi a Gaza”.

Sono questi tipi di censura non ufficiale che danno potere al censore in Israele, dicono gli esperti.

Nel 2022, un rapporto del Dipartimento di Stato sui diritti umani in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati ha affrontato la censura militare, individuando due giornali in lingua araba nella Gerusalemme Est occupata. Pur sottolineando che il censore dell’IDF non ha esaminato i documenti, il Dipartimento di Stato ha affermato: “Redattori e giornalisti di quelle pubblicazioni, tuttavia, hanno riferito di essersi autocensurati per paura di ritorsioni da parte delle autorità israeliane”.

Un tempo, il censore aveva una commissione editoriale composta da tre membri: uno della stampa, uno dell’esercito e un membro eletto pubblicamente che fungeva da presidente. Sebbene la Commissione editoriale non esista più ufficialmente, un organismo simile, anche se informale, mantiene ancora una certa influenza.

Sebbene la legge che impone la censura gli conferisca ampi poteri, il censore mantiene la sua rispettabilità in Israele essendo politicamente indipendente ed esercitando moderazione, soprattutto rispetto ad altri Paesi della regione.

“Se si guarda alla legge che regola la censura, è davvero severa in termini di autorità formali di cui dispone il censore”, ha detto Lurie. “Ma è mitigata da questo accordo informale”.

Quasi tutto avviene in segreto: le discussioni in commissione sono riservate, così come la maggior parte dei comunicati tra i media e la censura.

Alla domanda sul perché i processi sono così segreti e perché anche le testate giornalistiche non parlano apertamente, un giornalista occidentale con sede in Israele e Palestina, che ha chiesto l’anonimato per evitare ritorsioni, ha dato una valutazione schietta: “Perché è imbarazzante”.

La stampa estera e la censura

Il fatto che il documento delle direttive per l’attuale guerra israeliana a Gaza fosse in inglese suggerisce che fosse destinato ai media occidentali. I giornalisti stranieri che lavorano in Israele devono ottenere il permesso del governo, inclusa una dichiarazione che rispetteranno la censura.

“Per ottenere un visto come giornalista, si deve ottenere l’approvazione del GPO”, Ufficio Stampa del Governo, “e quindi firmare un documento in cui si dichiara che si rispetterà la censura”, ha detto Omer-Man. “Questo di per sé è probabilmente contrario alle linee guida etiche di molti giornali”.

Tuttavia, molti giornalisti firmano il documento. Mentre l’Associated Press, ad esempio, non ha risposto alla domanda sulla sua collaborazione con la censura militare, il News Wire in passato ha riferito sulla questione, ammettendo anche di attenersi alla direttiva.

“L’Associated Press ha accettato, come altre organizzazioni, di rispettare le regole del censore, che è una condizione per ricevere il permesso di operare come organizzazione mediatica in Israele”, ha scritto l’agenzia in un articolo del 2006. “Ci si aspetta che i giornalisti si censurino e non riportino nulla del materiale non autorizzato”.

Alla domanda se rispettasse le linee guida del censore militare israeliano e se la sua conformità fosse cambiata dall’inizio della guerra, Azhar AlFadl Miranda, direttore delle comunicazioni del Washington Post, ha dichiarato: “Non siamo in grado di condividere informazioni”, aggiungendo: “Non discutiamo pubblicamente le nostre decisioni editoriali”.

Il New York Times ha dichiarato: “Il New York Times riporta in modo indipendente l’intero spettro di questo complesso conflitto. Non sottoponiamo gli articoli alla censura militare israeliana”. (Reuters non ha risposto alle nostre domande)

La stampa estera che collabora con la censura è soggetta allo stesso sistema: molte storie non passano attraverso la censura, ma alcune questioni meritano di essere presentate.

“Sanno che devono trasmettere alla censura i rapporti che vogliono pubblicare su determinati argomenti”, ha detto Lurie. “Ci sono argomenti di cui i media sanno di aver bisogno dell’approvazione del censore”.

Una delle cose che rende insolito l’ordine di censura scritto in lingua inglese, tuttavia, è il riferimento esplicito dell’ordine alla guerra di Hamas. “Non l’ho mai visto per una guerra specifica”, ha detto Lurie.

Un argomento noto per essere sensibile in Israele è l’arsenale nucleare segreto del Paese. Nel 2004, il giornalista della BBC Simon Wilson ha intervistato Mordechai Vanunu, un informatore del programma nucleare, che era appena stato rilasciato dal carcere. La censura israeliana ha chiesto copie dell’intervista, ma Wilson ha rifiutato di fornirle.

A Wilson fu quindi impedito il rientro in Patria e il governo israeliano ha chiesto delle scuse. Inizialmente, la BBC rifiutò di scusarsi, ma alla fine il colosso mondiale dell’informazione cedette.

“Si conferma che dopo l’intervista a Mordechai Vanunu, Simon Wilson è stato contattato dalla censura e gli è stato chiesto di consegnare loro i nastri. Non lo ha fatto. Si rammarica delle difficoltà che ciò ha causato”, ha affermato la BBC nelle scuse. “Wilson si impegna a rispettare le norme in futuro e comprende che qualsiasi ulteriore violazione comporterà la revoca del suo visto”.

Le scuse, come gran parte del lavoro della censura, sarebbero dovute rimanere segrete, secondo un articolo del Guardian del 2005, ma la BBC le pubblicò accidentalmente sul suo sito web, prima di rimuoverle rapidamente.

Ken Klippenstein è un giornalista investigativo con sede a Washington che si concentra sulla sicurezza nazionale. È anche un assiduo utilizzatore della Legge sulla Libertà di Informazione (Freedom of Information Act). Prima di unirsi alla redazione di The Intercept, è stato corrispondente di The Nation a Washington.

Daniel Boguslaw è un giornalista investigativo con sede a Washington, D.C. I suoi interessi includono la corruzione aziendale, le indagini del Congresso e della Casa Bianca, l’influenza americana all’estero e il lavoro organizzato. Prima di unirsi a The Intercept ha lavorato presso New Republic, The American Prospect e come vigile del fuoco nel Pacifico nordoccidentale.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org