La linea di difesa di Israele, secondo la quale i suoi più alti ministri non rappresentano il governo, è ridicola. È improbabile che qualcuno lo prenda sul serio.
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Di Gideon Levy – 7 gennaio 2024Immagine di copertina: Palestinesi osservano la distruzione dopo un attacco israeliano a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, venerdì 29 dicembre 2023. © Fatima Shbair, AP
Chiunque veda l’inutile prosecuzione della guerra e le dimensioni del massacro e della devastazione nella Striscia di Gaza, chi vuole porre fine alle sofferenze disumane di oltre due milioni di esseri umani deve sperare, anche se solo nel profondo del cuore, che la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja emetta un provvedimento provvisorio ordinando la sospensione delle operazioni militari israeliane nella Striscia.
Non è facile per un israeliano desiderare un’ordinanza del tribunale contro il suo Paese che possa anche portare a misure punitive nei suoi confronti, ma esiste un altro modo per fermare la guerra?
Non è facile accettare che il proprio Stato venga citato in giudizio da un altro Stato che ne sa qualcosa sui regimi ingiusti e sul male, il cui leader fondatore è stato un modello morale per il mondo intero. Non è facile essere portati davanti alla corte mondiale dal Sudafrica; non è facile essere accusati di Genocidio da uno Stato fondato sulle ceneri del più grande Genocidio della storia.
Non è più possibile ignorare il fatto che su Israele aleggiano i sospetti dei peggiori Crimini contro l’Umanità e contro il Diritto Internazionale. La gente ha smesso di parlare di Occupazione; parlano di Apartheid, di trasferimento involontario di popolazione, di Pulizia Etnica e di Genocidio. Cosa potrebbe esserci di più disonorevole di questo? Sembra che oggi non ci sia nessun altro Stato accusato di tutti questi reati.
Queste accuse non possono essere respinte a priori, né attribuite all’antisemitismo. Anche se alcune di esse sono esagerate e perfino infondate, l’indifferenza con cui vengono accolti qui, e, come sempre, rivolta contro l’accusatore, potrebbe essere una buona strada verso la negazione e la repressione, ma non per ripulire il nome di Israele, tanto meno verso il riscatto e la guarigione del Paese.
Più di 20.000 morti in tre mesi, tra cui migliaia di bambini, e la distruzione totale di interi quartieri, possono solo sollevare sospetti di Genocidio. Le incredibili dichiarazioni di importanti personalità israeliane sulla necessità di ripulire la Striscia dai suoi abitanti o addirittura di cancellarli fanno sorgere il sospetto che si intenda effettuare una Pulizia Etnica. Israele merita di essere processato per entrambi.
Israele non è entrato in guerra per commettere un Genocidio, su questo non c’è dubbio, ma lo sta commettendo di fatto, anche senza volerlo. Ogni giorno che passa in questa guerra, con le sue centinaia di morti, rafforza il sospetto. All’Aja bisognerà dimostrare l’intenzione, ed è possibile che ciò non avvenga. Questo scagiona Israele?
Il sospetto che si tratti di piani di Pulizia Etnica, di cui per ora non si parlerà all’Aja, è sempre più fondato. Qui l’intenzione è chiara e dichiarata. La linea di difesa di Israele, secondo la quale i suoi più alti ministri non rappresentano il governo, è ridicola. È improbabile che qualcuno lo prenda sul serio.
Se il pro-epurazione Bezalel Smotrich non rappresenta il governo, cosa ci fa al suo interno? Se Benjamin Netanyahu non ha licenziato Itamar Ben-Gvir, come può il Primo Ministro essere irreprensibile?
Ma è l’atmosfera generale in Israele che dovrebbe preoccuparci ancora più di quanto sta accadendo all’Aja. Lo spirito del tempo punta ad un’ampia legittimità per commettere Crimini di Guerra. La Pulizia Etnica di Gaza e poi della Cisgiordania è già argomento di dibattito. L’uccisione di massa degli abitanti di Gaza non è nemmeno considerata nel dibattito israeliano.
Il problema di Gaza è nato da Israele nel 1948 quando espulse centinaia di migliaia di persone nel territorio in quella che fu certamente una completa Pulizia Etnica del Sud di Israele: chiedete a Yigal Allon. Israele non si è mai assunto la responsabilità di ciò.
Adesso i membri del governo chiedono che il lavoro venga portato a termine anche nella Striscia. Il modo disgustoso in cui viene affrontata la questione del “giorno dopo”, e soprattutto che sarà Israele a decidere cosa diventerà e chi resterà a Gaza, dimostra solo che lo spirito del 1948 non è morto. Questo è ciò che Israele fece allora, ed è ciò che vuole fare oggi.
La Corte Internazionale di Giustizia deciderà se ciò è sufficiente per una condanna per Genocidio o altri Crimini di Guerra. Dal punto di vista della coscienza, la risposta è già stata data.
Gideon Levy è editorialista di Haaretz e membro del comitato editoriale del giornale. Levy è entrato in Haaretz nel 1982 e ha trascorso quattro anni come vicedirettore del giornale. Ha ricevuto il premio giornalistico Euro-Med per il 2008; il premio libertà di Lipsia nel 2001; il premio dell’Unione dei giornalisti israeliani nel 1997; e il premio dell’Associazione dei Diritti Umani in Israele per il 1996. Il suo ultimo libro, La punizione di Gaza, è stato pubblicato da Verso.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org