Se queste madri e i loro figli riusciranno a sopravvivere alla guerra, ne dovranno affrontare gli effetti per il resto della loro vita
Fonte: English version
Di Alice Rothchild – 9 gennaio 2024
Immagine di copertina: Lasciare Gaza a novembre. (Credito: Mohammed Dahman/Associated Press)
Dopo che Israele ha iniziato l’invasione di Gaza, poco dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, Aya Khrais, una dentista di 26 anni in gravidanza, moglie di un medico e madre di una bambina di 2 anni che vive a Gaza City, ha perso i contatti con i medici e i servizi sanitari di cui aveva bisogno per le cure prenatali e per la gestione del diabete.
Lei e la sua famiglia sono stati costretti a lasciare la propria casa e a trasferirsi cinque volte per sfuggire ai continui bombardamenti, a volte facendo diversi chilometri a piedi. Quando ci siamo sentiti all’inizio di dicembre, si trovava a casa di sua cognata, nel Sud di Gaza. La dottoressa Khrais era incinta di 32 settimane e dormiva su un materasso sottile steso sul pavimento, condividendo una casa con altre 74 persone provenienti da 11 famiglie. Mancavano acqua, cibo adeguato, farmaci, elettricità e gli strumenti per l’igiene di base.
Negli ultimi due mesi non ha ricevuto cure prenatali, né vitamine e non ha preso peso. Il 10 dicembre aveva trovato un ostetrico privato che l’aveva informata di avere un eccesso di liquido amniotico e che serviva un taglio cesareo immediato. Aveva trovato un ospedale privato disponibile il 16 gennaio. Il costo stimato era di 4.000 dollari (3.654 euro); la famiglia ha perso tutti i suoi averi e la casa sotto i bombardamenti. Non ha vestiti per bambini, pannolini o latte artificiale e non ha un posto adeguato per il recupero postpartum. “Ho davvero paura”, mi ha scritto su WhatsApp.
Il racconto della dottoressa Khrais è tutt’altro che insolito. Ci sono circa 50.000 donne incinte a Gaza, tutte alle prese con la mancanza di un alloggio stabile, un’alimentazione inadeguata e acqua salata e inquinata. Le cure prenatali, postnatali e pediatriche sono difficili da ottenere. Le agenzie delle Nazioni Unite hanno inviato a Gaza medicinali e attrezzature salvavita, ma non sono sufficienti a soddisfare i bisogni della popolazione. Sono comuni gravi carenze di farmaci antidolorifici, antibiotici, farmaci per le convulsioni, il diabete e sangue. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, delle oltre 180 donne che partoriscono ogni giorno, il 15% rischia di incontrare complicazioni e non essere in grado di ottenere adeguati servizi di emergenza ostetrica e pediatrica. Nel frattempo, incombe la minaccia di lesioni o morte a causa di bombardamenti e azioni militari, così come traumi emotivi inimmaginabili.
Se queste madri e i loro figli riusciranno a sopravvivere alla guerra, ne dovranno affrontare gli effetti per il resto della loro vita. Studi medici in molteplici aree di conflitto armato (come Siria, Afghanistan, Somalia e Kosovo) rivelano che questo tipo di condizioni sono legate a un aumento di aborti spontanei, anomalie congenite, nati morti, travaglio pretermine e mortalità materna. Altri studi sui conflitti armati dal 1945 al 2017 mostrano che i bambini esposti alla guerra hanno maggiori probabilità di soffrire di cattive condizioni di vita e di servizi igienico-sanitari e di povertà multigenerazionale causata dalla perdita di infrastrutture educative ed economiche.
“Gaza è semplicemente diventata inabitabile”, ha detto Martin Griffiths, Sottosegretario Generale per gli Affari Umanitari e Coordinatore dei soccorsi d’emergenza presso l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (UN.OCHA). Donne e bambini hanno subito le conseguenze di questa tragedia. L’unica possibilità che hanno di vivere una vita sana e libera da conseguenze per tutta la vita è che i combattimenti finiscano adesso e che i servizi sanitari vengano ripristinati e ricostruiti immediatamente, una prospettiva che diventa sempre più difficile e sfuggente man mano che la guerra prosegue.
La gravidanza e il parto avvengono in un contesto sociopolitico; i ripetuti assalti militari, il collasso del sistema sanitario e dell’approvvigionamento alimentare, l’assenza di un riparo adeguato e di sicurezza generale, hanno effetti duraturi su madri e bambini, ben dopo la cessazione dei combattimenti.
Prima della guerra, la vita delle donne incinte a Gaza era già molto difficile. Le donne hanno famiglie numerose e i medici e le ostetriche che le assitevano erano oberati di lavoro, con una fornitura inaffidabile di elettricità e ossigeno. C’era già poco tempo per ogni paziente. Nonostante gli sforzi del Ministero della Sanità di Gaza e dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Impiego (UNRWA), le pratiche ostetriche tendono ad essere una via di mezzo tra il mondo sviluppato e quello in via di sviluppo. Ai medici viene raramente concesso il permesso di lasciare Gaza per aggiornare le proprie competenze, e le autorità israeliane limitano il tipo di farmaci e attrezzature consentiti. I tassi di mortalità infantile sono circa sette volte più alti di quelli di Israele. Per le madri, emorragie, infezioni, malattie tromboemboliche, ipertensione indotta dalla gravidanza, travaglio ostacolato e interruzioni di gravidanza non sicure sono state le principali cause di mortalità materna. Queste complicazioni sono in gran parte prevenibili o gestibili nel mondo sviluppato.
Questi pericoli sono peggiorati durante la guerra man mano che gli ospedali e i servizi sanitari si deteriorano. Alcune donne partoriscono in auto, per strada e in rifugi sovraffollati in un momento in cui aumentano le malattie infettive come malattie respiratorie, epatite A e meningite. Alcuni ospedali, tra cui il Centro Medico Al-Nasr di Gaza City e Kamal Adwan nel Nord di Gaza, hanno segnalato bombardamenti diretti sui reparti neonatali e di maternità con morti di madri e neonati. Sono stati segnalati casi di donne che hanno effettuato tagli cesarei senza anestesia e di madri dimesse già tre ore dopo il parto. Il trauma della guerra può colpire direttamente anche i neonati: durante il conflitto del 2014 a Gaza, le madri con un’elevata esposizione ai traumi della guerra hanno dato alla luce bambini che hanno sofferto di uno sviluppo sensomotorio, cognitivo ed emotivo insufficiente.
La crescente scarsità di cibo e malnutrizione a Gaza derivanti dall’attuale attacco porterà probabilmente a complicazioni. Secondo l’UNICEF, le donne in gravidanza che soffrono di una dieta e di un’alimentazione inadeguate presentano un rischio maggiore di preeclampsia, emorragia, anemia e morte. Possono verificarsi nati morti e i bambini possono essere colpiti da basso peso alla nascita, deperimento e ritardi nello sviluppo.
Sebbene Israele affermi di stare riducendo parte delle sue operazioni di combattimento a Gaza, purtroppo non si vede ancora una fine. Le risorse mediche e il cibo stanno arrivando, ma i gruppi umanitari nel Sud di Gaza riferiscono di poter soddisfare solo il 25% del fabbisogno per due mesi dei bambini malnutriti e delle loro madri vulnerabili.
La dottoressa Khrais e le circa 50.000 donne incinte a Gaza desiderano disperatamente la fine dei combattimenti in modo che possano partorire in sicurezza. Ma sono altrettanto disperate nel voler porre fine alla devastazione che colpisce ogni generazione nata e cresciuta lì.
Alice Rothchild è un medico, autrice e regista che ha praticato ginecologia per quasi 40 anni. Fino al suo pensionamento ha lavorato come assistente professore di ostetricia e ginecologia presso la Facoltà di Medicina di Harvard e come membro dell’Istituto Americano di Ginecologia e Ostetricia. È autrice di “Condizione Critica: Vita e Morte in Israele/Palestina” (Condition Critical: Life and Death in Israel/Palestine).
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org