Haaretz e il New York Times diffondono fantasie su come l’incitamento al Genocidio in Israele provenga solo da una frangia estremista. Ma l’evidenza mostra che esiste un sostegno quasi universale nell’intera società israeliana per il Genocidio di Gaza.
Fonte. English version
Di Jonathan Ofir – 9 gennaio 2024
Immagine di copertina: Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu convoca il gabinetto di guerra presso il quartier generale del comando centrale dell’esercito israeliano, 11 ottobre 2023. (Foto: Ufficio stampa del governo israeliano)
Un editoriale apparso su Haaretz la settimana scorsa, così come un articolo di Michelle Goldberg del New York Times qualche giorno dopo, raccontavano una storia simile. Entrambi gli articoli descrivevano dichiarazioni di Genocidio da parte dei leader israeliani, ed entrambi gli articoli le spiegavano come espressione dell’estremismo di estrema destra. Haaretz sembra suggerire che la soluzione (che proteggerebbe Israele davanti alla Corte Penale Internazionale) sarebbe che Netanyahu licenzi i suoi ministri estremisti. L’articolo di Goldberg si spinge ancora oltre, suggerendo che anche Netanyahu sia parte del problema.
Tuttavia, c’è una storia che non viene raccontata completamente in questi due principali canali liberali. Entrambi ignorano le prove e i sondaggi che mostrano un sostegno quasi universale da parte di Israele al Genocidio in corso a Gaza, sia da parte della classe politica che della stragrande maggioranza della popolazione israeliana.
Haaretz nega
Il 3 gennaio, Haaretz ha pubblicato un editoriale intitolato: “L’Accusa di Genocidio Contro Israele Deve Servire da Campanello d’Allarme”, riferendosi al recente appello del Sud Africa (datato 28 dicembre) alla Corte Internazionale di Giustizia per fermare il Genocidio di Israele a Gaza. I redattori menzionano un incontro tenutosi quel giorno presso il Parlamento israeliano, la Knesset, “che specificava l’obiettivo: l’emigrazione palestinese dalla Striscia di Gaza e l’insediamento degli ebrei nel territorio”. Hanno evidenziato affermazioni estremiste come quella del deputato Zvi Sukkot del Partito Sionista Religioso, che ha affermato: “Dobbiamo prima conquistare, annettere, radere al suolo tutti gli edifici e costruire i ostri quartieri, almeno nel Nord della Striscia di Gaza”; e il commento del Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich secondo cui: “Se ci fossero 100.000 o 200.000 arabi a Gaza e non 2 milioni, l’intera discussione sul giorno dopo sarebbe diversa”; e del Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir che chiede “un progetto per incoraggiare l’emigrazione dei residenti da Gaza”, e altro ancora. Le conclusioni della redazione:
“Il modo più efficace per indebolire il progetto è rimuovere dal governo coloro che incitano ai crimini di guerra. Questo è l’unico modo per persuadere il mondo che le idee folli che stanno diffondendo non riflettono la realtà. Ciò deve essere fatto con urgenza, prima che la posizione di Israele si deteriori fino a diventare quella di un Criminale di Guerra”.
Muhammad Shehada è stato brillante nel prendere in giro questa rappresentazione su X-Twitter.
That'd mean firing Israel's
President
Prime Minister
Finance Minister
Defence Minister
Education Minister
Intelligence Minister
National Security Minister
Communication Minister
Settlements Minister
Agriculture Minister
Heritage Minister
Women Minister
Energy Minister
Over 20 MKs https://t.co/UKEBGyodSk— Muhammad Shehada (@muhammadshehad2) 5 gennaio 2024
Come si suol dire, è l’intero dannato sistema.
Chi dovrebbe “rimuovere dal governo” coloro che incitano ai Crimini di Guerra quando tutti coloro che avrebbero il potere di rimuoverli sono impegnati nello stesso incitamento? Haaretz sembra suggerire che si tratti solo di alcune mele marce, ma queste mele marce non si trovano solo nel governo, ma ben oltre. Ad esempio, come ha detto Shehada, citando il Presidente israeliano, Isaac Herzog, ha affermato che a Gaza non esistono civili “non coinvolti”.
E poi c’è la cosiddetta “opposizione”. Il deputato di centrosinistra Ram Ben-Barak del Partito Yesh Atid (Futuro) di Yair Lapid, coautore insieme a Danny Danon del Partito Likud di un editoriale a sostegno del “trasferimento” dei residenti di Gaza a metà novembre. All’inizio di novembre, Ben-Barak lo ha ribadito in un’intervista alla televisione israeliana, chiarendo che si riferiva all’intera popolazione di Gaza: “Sparpagliamoli in tutto il mondo. Ci sono 2,5 milioni di persone lì. Se ogni Paese accogliesse 20.000 individui, ciò coinvolgerebbe 100 Paesi: è meglio essere un rifugiato in Canada che a Gaza”. Alla fine di dicembre Danon si vantava che, secondo nuovi sondaggi, l’83% della popolazione israeliana sostiene l’idea dell'”emigrazione volontaria”. E sappiamo che non è “volontario” radere Gaza al suolo e renderla inabitabile.
Intendiamoci: l’83% della popolazione israeliana non è una frangia estremista. La stragrande maggioranza degli israeliani sostiene il Genocidio, lo chiamano semplicemente in altri modi, come legittima difesa. Abbiamo già dimenticato l’affermazione di Meirav Ben-Ari, alleato del partito di Ben-Barak, secondo cui “i bambini di Gaza se la sono cercata”, da metà ottobre? Non abbiamo notato che solo l’1,8% degli ebrei israeliani pensa che Israele stia usando troppa potenza di fuoco a Gaza? Questo emerge da un sondaggio dell’Istituto Israeliano per la Democrazia citato da Time a metà novembre.
Pensateci, solo l’1,8%! Mentre il 57,5% ritiene che l’esercito stia utilizzando troppo poca potenza di fuoco a Gaza, vale a dire che la potenza di fuoco combinata di due bombe atomiche simili a quelle usate sul Giappone nella Seconda Guerra Mondiale non era sufficiente per oltre la metà dell’opinione pubblica israeliana. Un ulteriore 36,6% pensava che fosse un livello adeguato di potenza di fuoco e il 4,2% non aveva un’opinione.
Dire che Haaretz non ci sta dando il quadro completo sarebbe troppo facile. Haaretz sembra essere più preoccupato dei presunti estremisti “laggiù”, mantenendo la negazione riguardo alla prevalenza dello spirito culturale genocida e al nesso tra la destra e la sinistra sionista.
Domenica, il Ministro del Patrimonio Ebraico, Amichai Eliahu, ha usato Ram Ben-Barak come alibi centrista per la Pulizia Etnica in un’intervista sulla rete centrista Ynet. Questa parte è stata fantastica. Il conduttore chiede a Eliahu: ” Voi del Partito Potere Ebraico sostenete il trasferimento della popolazione di Gaza e degli insediamenti ebraici nella Striscia di Gaza?”.
Amichai ha risposto:
“Noa, lei sai molto bene che quello di cui stiamo parlando in seno a Potere Ebraico non è un trasferimento. Stiamo parlando della volontà di migliorare l’alloggio, per gli abitanti di Gaza che cercano di migliorare le loro condizioni di vita”.
A questo punto, l’intero studio è scoppiato a ridere, incapace di trattenersi. L’altro ospite dice: “Quindi stai dicendo che se solo avessero un parcheggio e un ascensore sarebbero già meglio”.
Anche Eliahu sorride. E continua: “Questo è il parallelismo della parola trasferimento, quello che suggeriamo è l’emigrazione volontaria”. Qui menziona Ben-Barak: “Non lo diciamo solo noi, ne hanno parlato anche persone di sinistra come Ram Ben-Barak”.
Ma sappiamo tutti cosa significa veramente il trasferimento. Lo storico israeliano Benny Morris ha scritto:
“Il trasferimento era inevitabile e insito nel sionismo, perché cercava di trasformare una terra che era araba in uno Stato Ebraico e uno Stato Ebraico non sarebbe potuto sorgere senza un grande spostamento della popolazione araba”.
Un eufemismo per indicare la Pulizia Etnica che ora è diventato una ridicola caricatura di se stessa quando il Ministro di Potere Ebraico ha cercato di dipingerla come un “miglioramento delle condizioni di vita”. Sarebbe divertente se i risultati non fossero un vero e proprio Genocidio. Eppure, quando persone come Ben-Barak lo promuovono seriamente, la gente non sembra rendersi conto che non si tratta di una frangia estremista.
Il “buon vecchio Israele” del Times
Anche Michelle Goldberg del Times, che il 5 gennaio ha scritto un pezzo intitolato “L’America Deve Affrontare l’Estremismo Israeliano”, in linea con Haaretz, apre citando Smotrich e Ben-Gvir nei loro appelli a spopolare Gaza.
Goldberg sembra in qualche modo più specifica e inclusiva di Haaretz. Nota che, sebbene l’amministrazione Biden “si sia unita ai Paesi di tutto il mondo nel condannare questo palese sostegno alla Pulizia Etnica”, ha comunque “agito come se le provocazioni di Ben Gvir e Smotrich fossero fondamentalmente in contrasto con la visione del mondo del Primo Ministro Benjamin Netanyahu”.
Fin qui tutto bene. Almeno include Netanyahu, dal momento che si tratta del suo intero governo, non solo di alcuni ministri canaglia.
Goldberg cita addirittura Danny Danon come un esempio di ministro del Likud che “promuove l’emigrazione come soluzione umanitaria”, ma non menziona il suo coautore, Ben-Barak.
Goldberg afferma che “negli Stati Uniti i politici stanno incoraggiando la negazione del carattere del governo di Netanyahu”, e menziona le storie spesso citate di Biden sull’incontro con Golda Meir nel 1973 come rappresentative di una visione di Israele che “a volte sembra bloccata in quell’epoca”, come nel caso di “molti sionisti americani”.
Goldberg trova lo spazio per citare un’espressione di Golda Meir: “Possiamo perdonare gli arabi per aver ucciso i nostri figli, ma non per averci costretto a uccidere i loro figli”, che Goldberg ammette sia probabilmente non autentica, ma non trova ancora lo spazio per parlare della prevalenza di questi punti di vista e di queste prese di posizione tra il pubblico israeliano. Cita Daniel Levy per aver sottolineato il “rifiuto ostinato di prendere sul serio quanto sia estremista questo governo, sia prima del 7 ottobre che successivamente”, il che è vero di per sé, ma ancora una volta, che dire del resto della società israeliana?
Dopo il 7 ottobre, Netanyahu ha accolto due generali centristi e li ha nominati ministri nel suo gabinetto di guerra, Benny Gantz e Gadi Eisenkot. Gantz si vantava di aver riportato Gaza “all’età della pietra”. Eisenkot ha coniato la Dottrina Dahiya, sostenendo la “forza sproporzionata” indiscriminata contro qualsiasi area da cui vengono lanciati razzi, una dottrina ora al centro dell’attuale Genocidio. Questi due ministri dimostrano esattamente come il Genocidio sia oggi una questione centrista in Israele. Anche il Generale “di sinistra” Yair Golan, che faceva parte di quello che è considerato un partito di estrema sinistra, Meretz, ha detto che: “Dichiarare che gli abitanti di Gaza possono semplicemente morire di fame, è del tutto legittimo”.
Goldberg conclude il suo pezzo dicendo: “Sono tentata di dire che Ben-Gvir e Smotrich hanno espresso pubblicamente ad alta voce un sentimento che normalmente si dovrebbe tenere per sé, ma in verità hanno semplicemente dato voce a un sentimento comune”.
Goldberg va già oltre Haaretz, ma la sua definizione sembra ancora implicare che dall’altra parte esista ancora un Israele liberale, e chissà, forse se si battessero di più per la “democrazia” e si ottenesse un governo centrista più moderato, le cose andrebbero meglio. Haaretz addirittura afferma che queste “idee folli che stanno diffondendo non riflettono la realtà”, ma la cosa spaventosa è che lo fanno.
Dal momento che Goldberg ha parlato di Golda Meir e del romanticismo che invoca riguardo al “buon vecchio Israele”, sarebbe irresponsabile non ricordare ai lettori che Golda Meir ha avvelenato un villaggio palestinese come parte di un’operazione di Pulizia Etnica e poi ha rimproverato i ministri per essere stati troppo espliciti riguardo l’impresa di insediamento, dicendo loro di semplicemente “fare e non parlarne, parlare meno e fare il più possibile”.
È agghiacciante pensare che così tante persone per così tanti decenni siano state più preoccupate di quello che gli israeliani dicono che di quello che fanno.
Ciò che dicono gli israeliani è importante, ovviamente, ma le azioni contano di più, e il più delle volte la Pulizia Etnica e il Genocidio vengono portati avanti in silenzio.
Israele sta commettendo un Genocidio e quasi tutti gli israeliani lo approvano. Dobbiamo renderci conto che Israele non è più salvabile. Abbiamo bisogno della comunità internazionale. Abbiamo bisogno di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni, ma soprattutto abbiamo bisogno di un intervento internazionale nell’intero dannato sistema.
Jonathan Ofir è un direttore d’orchestra, musicista, scrittore e blogger israelo-danese, che scrive regolarmente per Mondoweiss.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org
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