Il Genocidio di Gaza è la logica conclusione di decenni di islamofobia e disumanizzazione che spogliano i musulmani della loro umanità.
Fonte: English version
Di Mariya bint Rehan – 20 febbraio 2024
C’è un sempre presente senso di incredulità che ci accompagna mentre navighiamo attraverso questo paesaggio infernale di un mondo ormai pro-Genocidio.
Per la maggior parte degli esseri umani, il totale disprezzo e il sacrilegio della vita; uomini, donne e bambini, è così orribile e distopico che è difficile trovare le parole per trasmettere la vera profondità dell’orrore che portiamo con noi.
L’immagine del corpo senza vita della bellissima Sidra Hassouna, una bambina di sette anni, appeso a un muro a Rafah, con solo brandelli di carne rimasti sulle gambe, incarna i livelli surreali di violenza, sadismo e brutalità che la popolazione di Gaza continua a sopportare e di cui siamo interminabilmente testimoni.
Il fatto che un bambino debba essere soggetto a una tale ferocia, che un’immagine così violentemente aberrante possa fare il giro del mondo senza nemmeno una condanna simbolica da parte dei leader mondiali, è di per sé una testimonianza dello spazio unico che la Palestina occupa in termini geopolitici.
Cos’è che permette questo livello di impunità e una maggiore complicità nel bombardamento indiscriminato di civili innocenti da parte di Israele nella prigione a cielo aperto più densamente popolata del mondo?
Come è possibile che il massacro di decine di migliaia di palestinesi sia diventato così normale?
Gran parte di ciò a cui stiamo assistendo è reso possibile dall’onnipresente e pervasivo sentimento anti-musulmano che si è propagato in tutto il mondo. È ciò che rende il puro terrore del bombardamento totalmente innocuo, anzi del tutto giustificato, per molti, nonostante sia un incubo inimmaginabile per altri.
Il Genocidio di Gaza, e in effetti gran parte dell’Occupazione e le numerose guerre che lo hanno preceduto, sono facilitati dalla svalorizzazione della vita musulmana.
Sia letteralmente nelle vite reali che vengono tolte a Gaza, i circa 30.000 uccisi, i circa 67.000 mutilati e 2 milioni completamente sfollati nel lasso di soli 137 giorni, sia simbolicamente nel modo in cui l’aiuto e il favoreggiamento da parte dei governi occidentali significa un totale disprezzo per le vite e le voci dei musulmani.
Infatti, la mancanza di indignazione popolare nei confronti di un assalto che, sorprendentemente, costa la vita di un bambino ogni quindici minuti, è quasi interamente dovuta al sentimento anti-islamico. La lente attraverso la quale gran parte del mondo vede i musulmani, e per estensione gli arabi, significa che questi Crimini di Guerra rientrano in uno spettro di accettabili, quotidiani, invisibili e giustificati.
Il modo stesso in cui concepiamo la “vita” musulmana è così perverso, e torturante, che la portata e la depravazione degli omicidi sono ritenute accettabili, e i tragici casi individuali che lo compongono, che sono così graficamente e coraggiosamente documentati in Rete, fanno parte di un teatro di guerra che fa da sfondo alla nostra quotidianità.
Siamo visivamente addestrati ad accettare, forse anche ad aspettarci, la brutalizzazione dei musulmani come la personificazione di “straniero e diverso” per la comodità, la sicurezza e l’incolumità del mondo occidentale.
Nell’industria della promozione delle guerre perpetue, alimentata da una macchina di propaganda costruita sul paradosso della promozione della democrazia nei Paesi a maggioranza musulmana, il concetto stesso di cittadinanza sfugge ai musulmani.
Ciò vale anche per le centinaia di migliaia di persone uccise in Iraq, per le vite prese nella guerra ventennale contro l’Afghanistan e per la guerra dei droni contro i pakistani. Se lo Stato musulmano è uno Stato fallito, bisognoso di “correzione”, allora il costrutto stesso dell’identità civica non si applica ai cittadini musulmani.
Questo è il motivo per cui Israele è in grado di giustificare l’uccisione indiscriminata di palestinesi: perché la nozione di “vita civile”, così sacra per il Diritto Internazionale, non si applicano alla vita dei musulmani e degli arabi.
L’alto impegno nei confronti del principio dei diritti umani non si estende ai diritti dei musulmani, proprio come l’impegno nei confronti del sentimento antirazzista spesso si ferma ai musulmani, e la voce dell’elettorato musulmano, continuamente abbandonato, viene ignorata.
L’islamofobia è un’arma fondamentale nell’arsenale delle democrazie occidentali che hanno costruito e sostenuto un complesso industriale militare nell’amorfa Guerra al Terrorismo. Con il pretesto di salvare la civiltà occidentale, oltre a molte altre narrazioni grandiosamente false, hanno giustificato le spese militari in corso, parte di una necropolitica più ampia che è estremamente vantaggiosa sia per l’economia nazionale che per i loro interessi personali.
Politicamente il musulmano è una non-entità, ideologicamente è un mostro. Descrivendo un musulmano che è subumano, malvagio e una minaccia per l’interesse nazionale, sono in grado di finanziare la guerra a Gaza e quelle guerre che la precedono, sia finanziariamente che in termini di sostegno pubblico.
La rivendicazione della vita dei musulmani è percepita in un modo completamente diverso rispetto alla vita degli europei bianchi, come dimostra tragicamente la guerra in Ucraina. Abbiamo visto funzionari israeliani evocare crudamente questi luoghi comuni nella loro narrativa erratica e cacofonica per tentare di giustificare una delle guerre più mortali della storia recente.
La premessa stessa di questo Genocidio poggia sull’idea che i musulmani sono contemporaneamente distruttivi, animaleschi, affamati di sangue, intrinsecamente razzisti e quindi degni di razzismo ed emarginazione, il nostro sangue non ha valore, siamo a milioni, senza valore.
La logica estensione di questa falsa verità secondo cui ai musulmani viene negato il diritto alla cittadinanza e all’umanità è ovviamente che viene loro negato il diritto alla vita. L’unica cosa morale che i palestinesi possono apparentemente fare è morire.
La morte ci viene imposta da un mondo che ha creato il proprio Frankenstein e insiste nel vederlo portato in vita. L’ironia, ovviamente, è che, anche con la morte che abbonda a Gaza, i palestinesi hanno un profondo e stimolante attaccamento alla vita, nonostante il governo israeliano cerchi di decimarne ogni traccia.
Le donne musulmane rappresentano un altro espediente narrativo nella più ampia storia dell’imperialismo occidentale, utilizzato quando e comunque necessario per legittimare l’intervento militare. Mentre le guerre precedenti dipendevano da un tentativo percepito di liberare le donne musulmane, a Gaza, dove l’obiettivo israeliano è porre fine indiscriminatamente alla vita, le donne musulmane non possono essere inquadrate come vittime, senza azione, né espiabili dal crimine di essere musulmane e dalla colpa e punizione collettiva che comporta.
Infatti, una tendenza perversa e continua su TikTok è la sessualizzazione delle donne musulmane. I soldati israeliani si filmano mentre frugano e posano con la biancheria intima di donne musulmane nelle case da cui sono state costrette a fuggire, come un tenue tentativo di dimostrare la loro mancanza di innocenza o complicità con il terrorismo.
Le donne palestinesi si vergognano per la loro biancheria intima, ma le soldatesse israeliane che commettono un Genocidio sono in qualche modo l’incarnazione del femminismo.
Come sempre, le donne musulmane non si conformano alle nozioni dominanti di femminilità, non sono considerate all’interno della cornice concettuale di cosa significhi essere una donna secondo il pensiero populista occidentale, in particolare quelli su cui è costruito il femminismo.
Ciò risulta ancora più esplicito quando guardiamo al silenzio tra i gruppi femministi di destra, e di fatto nel mondo in generale, riguardo alle 50.000 donne in gravidanza a Gaza, senza sistema sanitario, il 40% delle quali hanno gravidanze ad alto rischio, e molte delle quali sono sottoposte a cesareo senza anestesia.
Mentre salvare le donne musulmane dalle loro controparti maschili in nome dell’imperialismo occidentale sembra essere una priorità per la politica estera occidentale, onorare la loro vita, dignità e sicurezza non è una causa di tendenza o riconosciuta.
La donna musulmana come sostegno nella più ampia missione di democratizzazione è ridondante quando stiamo raggiungendo le fasi finali della Pulizia Etnica. Quindi devono solo essere cancellate.
L’esempio più doloroso di come l’islamofobia ha facilitato un Genocidio è senza dubbio il prezzo che hanno pagato i bambini, e come gli ingranaggi del sentimento anti-musulmano abbiano portato a questa dilagante macchina di infanticidio.
Si stima che metà della popolazione di Gaza sia composta da bambini: il fatto che a ciò venga fatto grossolanamente riferimento per giustificare l’intervento militare come parte di rivendicazioni intrinsecamente razziste di “sovrappopolazione” sottolinea il punto stesso della messa in discussione del diritto dei musulmani alla vita, alla legittimità e allo spazio sulla terra.
I bambini di Gaza rappresentano un futuro scomodo per gli interessi politici globali. I media occidentali non riescono a concedere ai bambini di Gaza nemmeno il valore simbolico dell’infanzia, usando eufemismi sempre più ridicoli per descrivere i bambini che vengono uccisi, resi orfani e mutilati da un Regime sempre più sinistro.
Nelle politiche occidentali, come la Strategia della Prevenzione del Regno Unito, i bambini musulmani vengono denigrati, visti come potenziali terroristi e minacce alla sicurezza nazionale. La famiglia musulmana non è percepita come una presenza che afferma la vita, ma come una presenza minacciosa.
Indubbiamente il gruppo demografico più diffamato, gli uomini musulmani sono stati a lungo i cattivi archetipici nella metanarrativa del liberalismo contro la barbarie che dà forma a gran parte del conflitto globale.
Innumerevoli immagini di loro spogliati, bendati e denigrati vengono pubblicizzate come misuratore del successo della guerra. Infatti queste immagini sono di per sé considerate una giustificazione per l’assalto a Gaza. Gli uomini musulmani semplicemente non sono degni di simpatia.
Il Genocidio di Gaza è la logica conclusione dei principi islamofobici che mettono in discussione il valore stesso della vita dei musulmani.
In modo univoco, questa situazione è simile a un test di Rorschach (un noto test psicologico proiettivo utilizzato per l’indagine della personalità); per i potenti e gli oppressori che considerano i musulmani solo come disumani, la violenza mette in scena il costrutto islamofobico che essi stessi hanno creato, sia letteralmente mettendo in atto il Genocidio, sia figurativamente consentendolo.
Mariya bint Rehan è una scrittrice e illustratrice londinese, con una specializzazione in politiche e ricerca e sviluppo nel settore del volontariato. Ha scritto e illustrato un libro per bambini intitolato The Best Dua, disponibile a livello internazionale.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org