La guerra di Israele minaccia la più antica comunità cristiana del mondo. Ma le potenze occidentali, che a parole sostengono le minoranze religiose, tacciono.
Fonte: English version
Di Khalil Sayegh – 28 marzo 2024
Per la prima volta nella sua storia, la Comunità Cristiana di Gaza è a rischio di estinzione.
Gaza ospita una delle più antiche comunità cristiane del mondo, risalente al primo secolo, e la terza Chiesa più antica del mondo. Nonostante le continue minacce alla sopravvivenza, la comunità persiste da due millenni.
Ma questa volta, l’estinzione potrebbe essere inevitabile a causa della guerra indiscriminata di Israele e della carestia imposta, che ha ucciso più di 32.000 palestinesi a Gaza. A Gaza sono rimasti solo circa 800 Cristiani.
Il mondo occidentale, che spesso difende i diritti delle minoranze religiose nella regione, è stranamente silenzioso.
Dall’inizio dell’attacco israeliano a Gaza, la piccola minoranza Cristiana è stata colpita allo stesso modo degli altri suoi concittadini palestinesi. La maggior parte dei Cristiani ha storicamente vissuto a Gaza Città, un’area, come altre parti del Nord di Gaza, che è stata sistematicamente presa di mira fin dall’inizio della guerra e che attualmente soffre della mancanza di accesso al cibo e agli aiuti.
Sebbene non esista una stima affidabile sul numero di case cristiane completamente o parzialmente distrutte, i numero di Cristiani che si rifugiano nelle chiese indica che Israele ha distrutto circa l’80% delle loro case e ucciso più del 3% della popolazione.
Lo sfollamento chiude il cerchio
L’esperienza della perdita di vite umane e di mezzi di sussistenza ricorda la nostra esperienza durante la Nakba: la maggioranza dei Cristiani a Gaza proviene da famiglie sopravvissute alla Pulizia Etnica del 1948. Quelle famiglie, costrette ad abbandonare Lod, Giaffa, Majdal, tra gli altri luoghi, alla fine ritrovarono rifugio con quelli originari della Città di Gaza.
Come il resto dei palestinesi a Gaza, hanno dovuto sperimentare nuovamente lo sfollamento forzato durante questa guerra, rifugiandosi nelle uniche due chiese, quella greco-ortodossa di San Piroforo e quella cattolica della Sacra Famiglia, e tentando di trovare un rifugio temporaneo.
Ma nemmeno queste chiese storiche sono riuscite a proteggerle dagli attacchi di Israele. Il 18 ottobre, un attacco aereo israeliano ha preso di mira un edificio all’interno del complesso della chiesa di San Piroforo, uccidendo 18 Cristiani palestinesi, tra cui donne e bambini.
Il bombardamento ha sterminato l’intera famiglia di Abd e Treq Souri e ucciso i tre figli di Ramiz Sori e altri. È considerato uno dei peggiori massacri di Cristiani nella regione.
Anche la Chiesa della Sacra Famiglia non è stata immune dagli attacchi israeliani. Anche se non ha subito tanti danni quanto quello di San Piroforo, anche il suo convento Madre Teresa è stato parzialmente distrutto.
Poi, il 16 dicembre, i cecchini israeliani hanno sparato e ucciso una madre e sua figlia che cercavano rifugio nella chiesa, e sparato ad altri otto Cristiani che cercavano di aiutare le due donne.
Oltre alle uccisioni dirette da parte di Israele nelle chiese, altri Cristiani a Gaza sono morti per la mancanza di accesso all’assistenza sanitaria e alle forniture, poiché Israele ha imposto un blocco completo degli aiuti umanitari.
Uno di questi è mio padre, che ha subito un attacco di cuore ma non ha potuto accedere all’assistenza medica a causa dei carri armati israeliani che circondano la Chiesa della Sacra Famiglia dove si rifugia la mia famiglia.
Le cause dell’esodo
In Occidente spesso mi si chiede perché il numero dei Cristiani in Medio Oriente stia diminuendo e perché ce ne stiamo andando. Di solito si aspettavano che incolpassi i musulmani per la loro “persecuzione dei Cristiani”.
Ma questa spiegazione non è solo semplicistica, ma anche errata. Nessuno può negare l’esistenza di discriminazioni e intolleranza, in alcuni casi, da parte della maggioranza musulmana nei confronti delle minoranze cristiane, ma spesso queste non sono la causa principale dell’esodo di massa dei Cristiani autoctoni dal Paese.
Invece, l’esodo di massa dei Cristiani è causato da scenari simili a quelli di Gaza oggi: la brutalità delle guerre che rendono più difficile la loro sopravvivenza.
Nel 1948, i Cristiani palestinesi, come i Musulmani, subirono la Pulizia Etnica della Palestina durante il Mandato Britannico e non furono mai più riammessi; questo è stato il più grande colpo per il numero di Cristiani in Palestina.
Anche altre guerre sostenute dall’Occidente e la “Guerra al Terrorismo” hanno contribuito in modo significativo all’esodo dei Cristiani dal Medio Oriente.
Prendiamo, per esempio, l’Iraq, che contava oltre 1,5 milioni di Cristiani prima dell’invasione americana del 2003. L’invasione e gli anni di guerra hanno colpito i Cristiani come i Musulmani, e hanno anche creato le condizioni per l’emergere di gruppi radicali come lo Stato Islamico che vedono le minoranze religiose come obiettivo primario. Oggi in Iraq restano solo 150.000 Cristiani.
Oggi assistiamo allo stesso episodio di aggressione contro i Cristiani mediorientali a Gaza, dove Israele ne ha ucciso il 3% e ne ha sfollati un altro 3% dalla Striscia. Tutti i Cristiani rimasti a Gaza sono stati costretti a lasciare le loro case e a rifugiarsi nelle chiese per sopravvivere.
I Cristiani di Gaza rimangono fermamente asserragliati nelle loro chiese. Si sono rifiutati di obbedire agli ordini dell’Occupazione di spostarsi a Sud. Quando stavo parlando con coloro che si rifugiavano in chiesa, uno ha detto che “se ne sono andati nel 1948 e non hanno mai più potuto tornare” e si sono rifiutati di “ripetere lo stesso errore”.
Ma con la Quaresima e il Ramadan che cadono in un periodo simile, i Cristiani di Gaza si trovano ad affrontare il pericolo imminente di carestia e fame e, se sopravvivono, rimarrà ben poco per cui restare a Gaza.
Vivere sotto l’Occupazione israeliana
Sin dalla nascita di Israele, i Cristiani palestinesi hanno subito un duro trattamento da parte dei vari Regimi di Occupazione.
A Betlemme e in Cisgiordania, i Cristiani affrontano la confisca delle loro terre a causa delle politiche coloniali di insediamento israeliane. A Gerusalemme lottano con le politiche di giudaizzazione della città e di cancellazione della loro presenza.
Prima della guerra, i Cristiani di Gaza avvertivano un senso di discriminazione da parte del governo illiberale di Hamas. Tuttavia, come tutti gli abitanti di Gaza, hanno anche sofferto a causa dall’assedio israeliano alla Striscia di Gaza.
Hanno lottato con il regime dei permessi imposto loro dall’Occupazione israeliana. I Cristiani palestinesi sono abituati a visitare i luoghi santi a Pasqua e Natale. Tuttavia, tali visite sono sempre state impegnative a causa del blocco israeliano di Gaza. Raramente Israele concedeva loro i permessi di ingresso e, quando lo faceva, solo metà della famiglia poteva riceverli.
Quei permessi sono diventati l’unica speranza per i Cristiani di fuggire dalla terribile situazione di Gaza verso la Cisgiordania. Eppure vengono usati da Israele come ulteriore mezzo per controllare la popolazione Cristiana, poiché riteneva che, rendendo le loro mete irraggiungibili, la popolazione Cristiana avrebbe invece lasciato il Paese.
Mentre tutti i palestinesi di Gaza si trovano ad affrontare un Attacco Genocida, la Comunità Cristiana è particolarmente vulnerabile a causa delle sue piccole dimensioni e del numero sproporzionato di vittime. Non è chiaro se i Cristiani di Gaza abbiano un futuro, anche se riuscissero a sopravvivere alla carestia e all’assalto.
Molti membri stanno pensando di lasciare la Città di Gaza dopo che 174 giorni di bombardamenti israeliani l’hanno resa inabitabile.
Nel frattempo, le potenze occidentali non sono riuscite a impedire a Israele di commettere atrocità a Gaza e di violare il Diritto Umanitario Internazionale. Peggio ancora, molti sono attivamente complici del Genocidio di Israele.
Hanno mostrato la loro indifferenza verso la minoranza Cristiana a Gaza, nonostante a parole abbiano sostenuto i diritti delle minoranze nella regione.
Khalil Sayegh è un analista politico specializzato sulla politica palestinese e sul conflitto israelo-palestinese. È anche il co-fondatore dell’Agora Initiative. Ha conseguito un Master in Scienze politiche presso l’Università Americana di Washington, DC, dove ha svolto ricerche sulla democratizzazione in Medio Oriente e sulla violenza politica.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org