La collaborazione di Amman con Tel Aviv ha raggiunto il suo apice sabato scorso con la sconvolgente difesa del territorio israeliano da droni e missili iraniani, una mossa che potrebbe rivelarsi fatale per il futuro del Regno Hashemita.
Fonte: English version
Di Khalil Harb – 16 aprile 2024
Lo sviluppo più pericoloso durante il massiccio attacco di ritorsione dell’Iran del 13 aprile contro Israele lo scorso fine settimana è stata l’alleanza militare difensiva, comprendente Stati Uniti, Gran Bretagna, Giordania e Francia, che si è coalizzata per difendere lo Stato di Occupazione.
La Giordania è passata in piena difesa di Israele in un momento in cui gli arabi non sono mai stati così collettivamente indignati dai suoi Crimini.
Particolarmente notevole è stato il ruolo della Giordania nel contrastare l’arrivo di droni e missili iraniani. Il Regno Hashemita è stato l’unico Stato arabo o Musulmano ad agire come “muro di protezione” di Israele, fornendo copertura militare diretta a Tel Aviv all’interno di un quadro militare multilaterale e regionale.
Nonostante la posizione filo-israeliana di lunga data di Amman, questa improvvisa riaffermazione della sua posizione è indicativa di alcuni cambiamenti più ampi nelle strategie militari in tutta l’Asia occidentale.
I modelli e i calcoli degli scontri in tutta l’Asia occidentale saranno riadattati per adeguarsi a questa nuova equazione e ad altre emerse nella regione mentre le alleanze si spostano da e verso l’Occidente.
Ciò include l’Asse della Resistenza, che probabilmente rivaluterà la gamma di risposte previste in un confronto futuro, dato che le capacità antimissile occidentali sono ben distribuite in luoghi strategici: dalla base di Ain al-Assad ad Anbar, in Iraq, alla base Al-Tanf al confine siriano-giordano-iracheno e dalla base Mashabim nel deserto del Negev alla base King Faisal nella Giordania nordoccidentale.
Cambiamenti strategici
Nel corso degli anni, il governo giordano ha drasticamente ridotto il suo impegno nei confronti della Causa Palestinese e “dell’arabismo”.
Ciò può essere fatto risalire dalla “Battaglia della Dignità” del 1968 contro Israele fino al 5 novembre, quando il Re Abdullah II si vantò del “successo” del suo Paese nel lanciare aiuti medici all’ospedale da campo giordano nella Striscia di Gaza, e ora, sorprendentemente, impiegando la sua forza aerea per proteggere la sicurezza di Israele dagli attacchi iraniani di ritorsione.
Questo cambiamento non è semplicemente una misura reazionaria, ma il culmine di anni di ampio coordinamento militare e di sicurezza con lo Stato di Occupazione, come evidenziato da un attivista dell’opposizione giordana. Questa profonda integrazione nelle operazioni antimissile e antidrone riflette un’evoluzione strategica piuttosto che una risposta spontanea.
Testimonianze oculari provenienti da più fonti descrivono la presenza udibile di aerei da guerra sulla regione di Amman, seguita dal suono di esplosioni ore dopo, quando i missili in aria furono intercettati e abbattuti.
Un testimone giordano riferisce che il sobborgo di Marj al-Hamam ha visto il maggior numero di intercettazioni contro droni e missili iraniani, con detriti segnalati in tutta l’area.
La scrittrice e giornalista giordana Rania Jabari informa che “i cittadini giordani non possono usare il GPS da circa due settimane”, cioè da dopo l’attacco aereo israeliano al consolato iraniano a Damasco.
Tra le crescenti preoccupazioni per un rapido contrattacco iraniano attraverso incursioni di droni, Israele avrebbe avviato operazioni di disturbo del GPS in diversi Paesi della regione, inclusa la Giordania.
Jabari suggerisce che questa interferenza elettronica potrebbe aver accelerato la prontezza dell’aviazione giordana ad intercettare qualsiasi oggetto aereo non autorizzato nel suo spazio aereo, dati i potenziali rischi per la sicurezza nazionale derivanti dall’erronea guida di droni iraniani nel territorio giordano.
Tuttavia, l’attivista dell’opposizione giordana mette in dubbio la capacità dell’aviazione militare giordana, equipaggiata solo con circa 60 vecchi aerei F-16 e F-5, di gestire da sola la risposta contro centinaia di droni e missili iraniani lanciati contro Israele.
Ripercussioni regionali
A sostegno di questi sospetti, il canale israeliano 12 ha riferito che gli aerei da combattimento israeliani avevano intercettato i droni lanciati dall’Iran nello spazio aereo della Giordania e della Siria.
Il giorno dopo l’Operazione iraniana True Promise (Vera Promessa), il governo giordano ha rilasciato una vaga dichiarazione, affermando soltanto che: “Alcuni oggetti volanti non identificati entrati nel nostro spazio aereo la scorsa notte sono stati individuati e intercettati per evitare di mettere in pericolo la sicurezza dei nostri cittadini e delle aree abitate”.
La dichiarazione ometteva chiaramente qualsiasi menzione dell’entità del coinvolgimento dell’aviazione israeliana o della natura e del ruolo degli aerei da combattimento statunitensi che partecipavano all’operazione.
Date le limitazioni della flotta aerea giordana e l’ampia area geografica che questi aerei devono coprire, un “muro di protezione” che si estende per circa 1.500 chilometri dall’Iran occidentale ai Territori Occupati della Palestina, il coinvolgimento delle forze internazionali sembra credibile.
Inoltre, fonti irachene informano che le forze della coalizione avevano abbattuto circa 30 droni e missili sull’Iraq, con esplosioni udite in regioni come Erbil, Najaf, Wasit e Anbar. Ciò indica che un numero significativo di droni e missili hanno attraversato i cieli giordani, dove sono stati intercettati prima di raggiungere gli obiettivi designati in Israele.
Il ruolo dell’aviazione militare giordana è così significativo che l’agenzia di stampa iraniana Mehr ha citato una fonte militare iraniana affermando: “L’Iran monitorerà i movimenti giordani e, se collaboreranno con Israele, la Giordania sarà il nostro prossimo obiettivo”.
Si dice che la fonte abbia “avvertito la Giordania e altri Paesi della regione prima dell’inizio dell’attacco di non collaborare con lo Stato di Occupazione”.
Questa affermazione sembra aver suscitato le ire del governo giordano. Domenica, le autorità hanno convocato l’ambasciatore iraniano ad Amman per mettere in guardia contro la “messa in discussione della posizione della Giordania” da parte di Teheran.
Anche il Ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi ha rilasciato una dichiarazione affermando che il suo governo “intercetterà qualsiasi drone o missile che violi lo spazio aereo giordano, sia iraniano che israeliano”.
Tuttavia, l’opposizione giordana mette in dubbio l’attendibilità della dichiarazione di Safadi, in particolare riguardo alla preparazione del suo Paese ad affrontare una minaccia simile proveniente da Tel Aviv, notando numerose occasioni in cui aerei da combattimento israeliani hanno invaso lo spazio aereo giordano per effettuare bombardamenti sulla Siria.
Una storia di tradimento della Palestina
L’antagonismo storico della Giordania nei confronti della Resistenza Palestinese risale ai massacri del “Settembre Nero” del 1970, volti a espellere l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina dal Paese, presumibilmente con il sostegno dell’ex Re Hussein bin Talal, che secondo quanto riferito ricevette il sostegno di Israele e degli Stati Uniti.
Durante la Guerra dei Sei Giorni del 1967, l’aviazione israeliana abbatté e distrusse dozzine di aerei giordani. In seguito all’accordo di pace Amman-Tel Aviv del 1994, i due Stati hanno stretto numerosi accordi di difesa, tra cui la fornitura da parte di Israele alla Giordania di aerei da combattimento F-16 ed elicotteri Cobra.
Dagli anni ’70, quando Israele appoggiò la Giordania durante la rivolta palestinese contro Re Hussein, le due forze aeree non hanno più combattuto. Nonostante ciò, la belligeranza israeliana persiste. Alla vigilia della Guerra del Golfo del 1991, quando gli fu chiesto della potenziale opposizione dell’aviazione giordana nel caso in cui Israele avesse colpito l’Iraq, l’allora comandante in pensione dell’Aeronautica Avihu Ben-Nun affermò coraggiosamente: “Non ci sarebbe più stata l’Aviazione Militare Giordana”.
È molto probabile, inoltre, che gli eserciti occidentali coinvolti nella difesa di Israele lo scorso fine settimana abbiano utilizzato basi giordane. Ad esempio, le truppe statunitensi sono di stanza nella base aerea di Mashabim nel deserto del Negev, supportando operazioni come il sistema Iron Dome.
Allo stesso modo, le forze militari britanniche e francesi sono presenti in molteplici posizioni strategiche all’interno della Giordania, tra cui la base aerea Re Faisal ad Al-Jafr e la base Humaymah vicino ad Aqaba, dove svolgono ruoli nella difesa regionale e gestiscono operazioni di monitoraggio.
Ci sono anche truppe francesi alla base aerea di Re Faysal, nota come Base di Al-Ruwaished, che si trova vicino ad Al-Tanf. Da questa base, le attività che coinvolgono operazioni di spionaggio in Siria, Iraq, Libano e Iran vengono svolte attraverso un centro di ricognizione all’avanguardia, e si ritiene che il suo aeroporto sia utilizzato sia da droni israeliani che statunitensi.
Sacrificare la stabilità della Giordania per la sicurezza di Israele
Ma le relazioni e la collaborazione della Giordania con Tel Aviv rimangono profondamente impopolari tra i cittadini del Paese, con manifestanti che si sono radunati per settimane davanti all’ambasciata israeliana ad Amman, molti di loro successivamente sottoposti a repressione e rigide restrizioni di sicurezza da parte delle autorità giordane.
In aggiunta alla pressione su Amman, la fazione della Resistenza irachena, Kataib Hezbollah, ha annunciato all’inizio di questo mese di essere pronta ad armare “12.000 combattenti con armi leggere e medie, lanciatori anti-carro, missili tattici, milioni di proiettili e tonnellate di esplosivi, in modo che possiamo essere uniti per difendere i nostri fratelli palestinesi”, aggiungendo che cercherà di “interrompere la via terrestre (della Giordania) che raggiunge lo Stato Sionista”.
Partecipando all’intercettazione dei droni iraniani, la Giordania ha dato un contributo significativo ad alleviare una certa pressione su Israele, ma ciò comporta conseguenze interne molto più significative per la stabilità del Regno.
L’evidente allineamento di Amman con Tel Aviv in questo contesto si rivelerà politicamente dannoso per il suo monarca? Negli anni a venire, questa decisione potrebbe essere vista come un errore strategico di proporzioni gigantesche. Per ora, il futuro politico della Giordania e la sua posizione nella politica regionale rimangono incerti, certamente mentre Tel Aviv e Teheran si preparano per ulteriori confronti.
Re Abdallah può buttarsi nella mischia come ha fatto lo scorso fine settimana e subire ulteriori ondate di indignazione interna e araba, oppure può decidere di rimanere neutrale e tranquillo, come hanno scelto di fare molti vicini più grandi e potenti, e lasciare che iraniani e israeliani combattano le loro battaglie.
Khalil Harb è un giornalista residente a Beirut ed ex redattore capo del quotidiano libanese Al-Safir. Ha lavorato anche per l’Associated Press e il quotidiano libanese An-Nahar. Khalil si è laureato all’Università Americana del Cairo.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org