Armando i coloni, il governo israeliano non solo perpetua la violenza, ma pone anche le basi per un’ulteriore dominazione, spostamento e pulizia etnica dei palestinesi.
Fonte: English version
Di Falastine Saher 22 Aprile 2024
Immagine di copertina: Un colono israeliano affronta un manifestante Palestinese durante una manifestazione contro l’espansione degli insediamenti nel villaggio di al -Mughayer nella Cisgiordania occupata, il 29 Luglio (AFP)
Posso ancora sentire il peso di quel momento, quando nel 2015, a Beirut, condividevo le mie preoccupazioni con un amico che lavora nel giornalismo. Parlavo dell’intenso processo di armamento dei coloni, e la mia preoccupazione che questo avrebbe provocato un aumento della violenza e della pulizia etnica nella Cisgiordania occupata.
Il mio amico mi aveva guardato come se parlassi da un luogo lontano e irragionevole e insistette nel dire che i tempi erano cambiati- che un’altra Nakba non rientrava fra le possibilità reali.
Ora eccoci qui, nove anni dopo, e il vero incubo che mi perseguitava si sta compiendo davanti ai nostri occhi.
La recente ondata di terrorismo e violenza dei coloni nella Cisgiordania occupata, è l’inevitabile epilogo di anni di decisioni politiche. Negli ultimi dieci anni, i governi israeliani che si sono succeduti hanno armato senza ritegno i coloni, equipaggiandoli di fatto per portare avanti il loro marchio di intimidazione e aggressione.
La recente decisione del Ministero della Sicurezza Nazionale Ben Gvir di distribuire ancora più armi dopo gli eventi del 7 Ottobre è semplicemente un altro capitolo in questa lugubre saga.
La ragione è sempre stata chiarissima: per rafforzare i coloni come esecutori dell’agenda del governo israeliano, diffondendo il caos e instillando la paura tra gli abitanti delle nostre comunità palestinesi. Armando i coloni, il governo israeliano non solo perpetra violenza, ma mette le basi per ulteriore dominio, sfollamento e pulizia etnica. Questa strategia privilegia l’egemonia a spese delle vite dei Palestinesi, della loro sicurezza e dignità.
Gli ultimi dati forniti dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari dipingono un quadro crudo e sconvolgente della vita nella Cisgiordania occupata. Dal 7 ottobre, le nostre comunità hanno subito più di 700 attacchi documentati, con una media giornaliera di quattro incidenti.
Oscura realtà
Dietro questi numeri agghiaccianti, c’è una realtà ancora più oscura: la costante corrente di minacce, molestie e intimidazioni che erode il nostro senso di sicurezza e stabilità.
Forse la cosa più agghiacciante è l’innegabile coinvolgimento dell’esercito israeliano in molti di questi attacchi dei coloni. Questa inquietante collusione, unita a un misero tre per cento di condanne nei casi di violenza da parte dei coloni, mette a nudo uno sforzo sistematico per proteggere i responsabili dalle responsabilità.
Questi non sono atti di violenza casuali; sono parte di un assalto deliberato e orchestrato alla nostra stessa esistenza, progettato per mantenere una morsa di paura e controllo sulle nostre vite.
I recenti attacchi coordinati di coloni alle comunità Palestinesi in tutta la Cisgiordania occupata hanno lasciato un segno profondo dei nostri cuori. Quello che è successo dopo la scomparsa di un colono di 14 anni da un avamposto vicino a Ramallah è stato a dir poco orribile. L’attacco massiccio e organizzato dei coloni contro diverse comunità ha lasciato una scia di distruzione.
Siamo di fronte a uno sforzo calcolato e inesorabile per sradicare l’esistenza dei palestinesi e i loro diritti alla terra ancestrale.
Case e auto incendiate, proprietà vandalizzate e palestinesi innocenti, tra cui un ragazzo di 17 anni di al-Mughayer, hanno pagato il prezzo più alto. Questi attacchi sono avvenuti sotto la protezione delle forze israeliane, un agghiacciante promemoria delle dinamiche di potere asimmetriche in gioco e della vulnerabilità delle vite palestinesi di fronte a tale aggressione.
La spirale di violenza dei coloni è continuata nel fine settimana appena trascorso, tragicamente evidenziata dalla recente uccisione di un autista di ambulanza palestinese che stava soccorrendo le vittime di un attacco nel villaggio di As-Sawiya, vicino a Nablus. Questo incidente segna la quinta vittima palestinese per mano dei coloni ebrei dal 12 aprile.
La vita per noi Palestinesi nella Cisgiordania occupata, è diventata insopportabile. L’imposizione di checkpoints e deviazioni da parte dell’esercito israeliano, finalizzate spesso a proteggere i coloni, soffoca la nostra libertà di movimento.
Queste barriere non solo ostacolano l’accesso a servizi vitali, come l’istruzione e le cure mediche, ma strangolano anche i nostri mezzi di sussistenza, rendendo sempre più difficile il sostentamento nostro e delle nostre famiglie.
Effetti devastanti
Ho personalmente sentito l’impatto di queste restrizioni in modo profondo. Ora mi trovo a visitare la mia anziana madre a Nablus con molta meno assiduità, nonostante viva a solo un’ora di distanza da Ramallah.
Le statistiche fornite dal the West Bank Protection Consortium, mostrano che solo nello scorso anno, più di 4500 bambini di 117 comunità hanno dovuto affrontare ostacoli continui nell’accesso all’istruzione. Che si tratti di attraversare i posti di blocco o di subire minacce quotidiane di molestie e violenze durante il viaggio verso la scuola, a questi bambini viene negato il diritto fondamentale di imparare e crescere in sicurezza.
Città come Huwwara, un tempo vivace centro economico per i villaggi vicini, sono diventate l’ombra di sé stesse a causa dei ricorrenti attacchi dei coloni. L’impatto devastante di questi attacchi ha costretto molti imprenditori ad abbandonare i loro mezzi di sostentamento e a trasferirsi nel disperato tentativo di sopravvivere.
Questo è solo un assaggio dei modi profondi in cui il terrorismo dei coloni modella le nostre vite ogni giorno, servendo come previsione del futuro tetro che ci attende se si permette a queste atrocità di continuare senza controllo.
L’inarrestabile ondata di violenza dei coloni sta già spingendo la gente fuori dai propri villaggi e verso il centro delle città, per sicurezza. Presto, potremmo trovarsi intrappolati in sacche urbane ancora più isolate, circondate da insediamenti e dallo spettro costante del terrorismo coloniale e dallo spettro costante del terrorismo dei coloni, se osassimo avventurarci oltre. Stiamo diventando prigionieri sulla nostra terra; la nostra stessa esistenza è minacciata.
Stiamo affrontando un tentativo continuo e calcolato di sradicare l’esistenza Palestinese e i nostri diritti sulla nostra terra ancestrale.
Ci ritroviamo davanti al terrore armati solo di coraggio e preghiere, sperando in un miracolo che possa difenderci dal buio incombente.
Il mondo si scuoterà dal torpore e porrà fine a questa discesa verso la catastrofe prima che sia troppo tardi?
Traduzione di Mavi Morano- invictapalestina.org