Guerra a Gaza: come Israele fa affidamento sui combattenti stranieri per compiere i suoi Crimini di Guerra

Migliaia di persone provenienti da Paesi di tutto il mondo si sono arruolate nella guerra contro i palestinesi.

Fonte: English version

Di Ali Bakir e Mehmet Rakipoglu – 30 aprile 2024

Immagine di copertina: Soldati israeliani camminano vicino al confine con la Striscia di Gaza, nel Sud di Israele, il 12 marzo 2024 (AFP)

Gli Stati Uniti hanno recentemente minacciato di imporre sanzioni a Netzah Yehuda, un’unità dell’esercito israeliano fondata circa 25 anni fa per integrare uomini ultra-ortodossi nell’esercito.

Anche se la prospettiva di sanzioni contro questa unità potrebbe sembrare uno sviluppo positivo, si teme che la mossa miri a migliorare l’immagine complessiva dell’esercito come forza rispettosa della legge, poiché Washington continua a fornire sostegno finanziario, militare e di intelligence alla macchina da guerra di Israele.

Mentre la guerra a Gaza continua da più di sei mesi, i soldati israeliani hanno inondato Internet con foto e video di se stessi mentre rubano nelle case dei palestinesi, indossano la biancheria intima di donne morte o sfollate, guidano biciclette rubate e si vantano di attacchi contro infrastrutture civili. Anche il principale avvocato dell’esercito ha concluso che avevano oltrepassato la “soglia del penale”.

Dall’inizio della guerra, lo scorso ottobre, le forze israeliane hanno ucciso più di 34.500 palestinesi, il 72% dei quali erano donne e bambini. L’uccisione deliberata e sistematica da parte dell’esercito di civili palestinesi, insieme all’utilizzo come arma di cibo e acqua, ha pochi precedenti nel contesto della guerra moderna.

Anche dopo che la Corte Internazionale di Giustizia ha ordinato a Israele di prevenire atti di Genocidio, i soldati hanno continuato come se nulla fosse. Perché?

Quando fu creato l’esercito israeliano, organizzazioni terroristiche sioniste come Haganah, Palmach e Irgun, tra le altre, ne costituivano la spina dorsale. Lo Stato di Israele è nato da operazioni terroristiche su larga scala da parte di gruppi sionisti, con l’obiettivo di Occupare le terre palestinesi.

David Ben-Gurion, che in seguito divenne il primo Primo Ministro di Israele, riassunse questa politica scrivendo nel 1937: “Dobbiamo espellere gli arabi e prendere il loro posto”.

“Operazione straordinaria”

David Charters, professore di storia militare, ha affermato che il terrorismo sionista nella Palestina degli anni ’40 “è stato sia tatticamente che strategicamente significativo e ha creato le condizioni che hanno facilitato sia la fondazione di Israele che la creazione di una diaspora arabo-palestinese”.

Tra le atrocità commesse da gruppi sionisti contro il popolo palestinese, con l’obiettivo di sfollamenti su larga scala e di confisca delle terre, c’è stato il massacro di Deir Yassin.

Nel documentario del 2017; Nato a Deir Yassin, l’ex membro dell’Haganah Meir Pail ha spiegato in dettaglio come le milizie sioniste hanno massacrato i civili palestinesi, compresi donne e bambini. In uno dei documenti storici rivelati nel documentario, Yehuda Feder, membro del gruppo paramilitare Lehi, si vantava con orgoglio di aver giustiziato delle ragazze con una mitragliatrice e di aver saccheggiato il loro villaggio: “È stata un’operazione davvero tremenda, ed è con ragione che la sinistra ci sta nuovamente denigrando”.

Tutte queste categorie di combattenti stranieri godono di piena impunità, il che forse spiega perché alcuni si sono comportati in modo così crudele e sconsiderato

Come decine di migliaia di sionisti arrivati ​​in Palestina come rifugiati dall’Europa e da altri Paesi, Feder era un ebreo polacco. Dopo lo smantellamento del Lehi, si arruolò nell’esercito israeliano e dal 1986 al 1994 prestò servizio come presidente della sede del Partito Likud a Gerusalemme.

Nell’aprile 2001, secondo quanto riferito, gli è stato conferito il Premio “Cittadino Insigne di Gerusalemme”. Questo è solo un esempio di combattenti terroristi stranieri che hanno creato l’esercito israeliano e che sono stati poi ricompensati per i loro massacri.

La pratica di lunga data di arruolare i combattenti stranieri è attiva ancora oggi nell’esercito israeliano, compresa una significativa componente americana. Secondo l’esercito israeliano, più di 23.000 cittadini statunitensi prestano attualmente servizio nelle file israeliane; infatti, secondo quanto riferito, circa il 10% dei soldati deceduti dall’invasione di Gaza sarebbero di nazionalità statunitense.

Lo scorso dicembre, un parlamentare francese ha rivelato che più di 4.000 cittadini francesi sono stati arruolati nell’esercito israeliano durante la guerra a Gaza. Secondo quanto riferito, ci sono anche fino a 1.000 australiani, 1.000 italiani e 400 indiani. Anche Gran Bretagna, Germania, Canada, Russia, Ucraina, Finlandia e Sudafrica, tra gli altri, costituiscono una fonte di combattenti stranieri per Israele.

Indottrinamento ideologico

Inoltre, l’esercito recluta volontari per assistere in compiti come l’imballaggio di forniture mediche e la preparazione di pasti per i combattenti, con organizzazioni come Sar-El che portano migliaia di volontari da decine di Paesi in tutto il mondo. L’età minima per i volontari è 16 anni.

Tali programmi espongono i volontari all’indottrinamento ideologico, con l’obiettivo di rafforzare il legame tra loro, Israele e il suo esercito.

Un altro programma per arruolare volontari stranieri, Mahal, è stato fondato decenni fa quando volontari provenienti da tutto il mondo arrivarono per aiutare l’Haganah, e in seguito l’esercito israeliano. Inoltre, il programma Soldati Solitari fornisce sostegno ai combattenti “altamente motivati” che non hanno famiglia in Israele. I cosiddetti Soldati Solitari, di cui ce ne sono più di 7.000, guadagnano il doppio del normale stipendio mensile. Secondo le stime dell’esercito israeliano, il 35% di loro proviene dagli Stati Uniti. Nel 2020, il 9% dei “Soldati Solitari” dell’esercito israeliano proveniva dal Canada.

La categoria più controversa di reclute straniere, tuttavia, sono i mercenari assunti tramite appaltatori. Sono stati segnalati mercenari che combattevano nella guerra di Gaza, inclusi video e immagini che suggeriscono che mercenari statunitensi abbiano operato a fianco dell’esercito israeliano.

Proprio come i soldati israeliani, tutte queste categorie di combattenti stranieri godono di piena impunità, il che forse spiega perché alcuni si sono comportati in modo così crudele e sconsiderato, vantandosi dei loro crimini in Rete e pubblicando prove della loro violazione di varie regole di guerra.

Infatti, nonostante le diffuse proteste contro tali attività, solo il Sudafrica ha espresso una seria volontà di perseguire sanzioni penali.

In casi precedenti, cittadini di Paesi occidentali che viaggiavano per combattere contro il regime del Presidente siriano Bashar al-Assad, ad esempio, venivano indagati, penalizzati, criminalizzati e incarcerati, anche se le loro attività si limitavano alla raccolta di fondi piuttosto che a vere e proprie operazioni di combattimento contro le forze di Assad.

Al di là degli ovvi doppi criteri applicati qui, l’impunità garantita ai combattenti stranieri che si uniscono all’esercito israeliano si tradurrà in gravi conseguenze per i civili palestinesi se questi combattenti rimangono e per la sicurezza interna in Patria se ritornano nel loro Paese di origine.

La situazione rischia di motivare i combattenti stranieri a essere ulteriormente coinvolti in attività non etiche, illegali e criminali. Ciò potrebbe includere la partecipazione a operazioni di combattimento che si traducono nell’uccisione di un maggior numero di civili, nello stazionamento nei Territori Occupati, nella vita negli insediamenti o nella partecipazione alla Guerra Genocida in corso contro il popolo palestinese.

Ali Bakir è un professore assistente di ricerca presso il Centro per le Scienze Umane e Sociali Ibn Khaldun. Segue le tendenze geopolitiche e di sicurezza in Medio Oriente, la politica delle grandi potenze, il comportamento dei piccoli Stati, i rischi e le minacce non convenzionali emergenti, con particolare attenzione alla politica estera e di difesa della Turchia, alle relazioni Turchia-Araba e Turchia-Golfo.

Mehmet Rakipoglu è professore assistente all Università Mardin Artuklu e ricercatore presso il Dimensions for Strategic Studies Centre (Dimensioni per Centro Studi Strategici) di Londra. Il suo lavoro si concentra sulla politica estera turca, sui Paesi del Golfo e sui movimenti islamici.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org