Come l’Argan del Marocco alimenta un business israeliano da 62 milioni di dollari e diventa un esperimento scientifico

l’appropriazione dell’albero di Argan del Marocco  si estende al di là del nome del marchio, fino alla coltivazione dell’albero nel deserto del Negev.

Fonte: English version

di Khouloud Haskouri, 10 maggio 2024

Quando nei primi anni 2000 Carmen Tal entrò in un salone di Tel Aviv, i suoi capelli sfibrati e crespi incontrarono la loro salvezza in un olio dalla texture leggera e dorata. Capì subito che si trattava di un prodotto rivoluzionario.
Nel giro di poche settimane, Tal tornò a chiedere il nome dell’olio e alla fine lo trasformò in un’attività da un milione di dollari. Quell’olio? L’Argan del Marocco.
Anche se il materiale di marketing di MoroccanOil non menziona esplicitamente un’origine israeliana per il suo olio di Argan, le preoccupazioni etiche che circondano il marchio risiedono più nell’uso del nome ” Morocco” che nell’olio di Argan in sé – una strategia che ha protetto il prodotto dai boicottaggi diretti alle aziende israeliane.

I consumatori, compresi quelli del Marocco, sono rimasti sorpresi nell’apprendere l’origine del marchio a causa del suo nome, “MoroccanOil”, e l’azienda non ha mai specificato l’indicazione ‘Morocco’: perché ha scelto il nome, il ruolo del Paese nel suo processo di produzione, né che sia la fonte originale del suo ingrediente principale, l’olio di argan.
La CNN ha visitato in Israele l’impianto di produzione del marchio, situato in un non meglio precisato magazzino “a due ore a nord di Gerusalemme”, dove MoroccanOil produce l’80% del suo prodotto, con una produzione di 150.000 bottiglie al giorno, vendute in oltre 40 Paesi del mondo.
E l’appropriazione dell’albero di Argan del Marocco – uno storico e solido simbolo nazionale di piccole imprese a conduzione femminile, caratterizzate da una lenta mobilità sociale – si estende al di là del nome del marchio, fino alla coltivazione dell’albero nel deserto del Negev.

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L’albero di Argan, scientificamente noto come Sideroxylon Spinosum, richiede un ambiente particolarmente ostile. Può sopravvivere a un calore estremo di oltre 50° C, resistere alla siccità e prosperare nonostante la povertà del terreno. In altre parole, il Marocco sudoccidentale è il terreno perfetto per la coltivazione dell’argan.
Ma negli ultimi 30 anni, scienziati e professionisti dell’agricoltura israeliani hanno raccolto semi di argan e hanno sperimentato la loro coltivazione nel deserto.
Oggi, secondo le stime, Israele possiede circa 20.000 alberi di argan, ognuno dei quali produce quasi 100 kg di frutti, che equivalgono a circa due litri di olio.

E si vuole andare oltre: ora si punta a creare una “super varietà” di argan.

Questi “super alberi” sono stati propagati in Israele attraverso l’impollinazione per produrre un ceppo ibrido resistente alle malattie del suolo e che produce più frutti, spingendo Israele a una vera e propria produzione industriale di Argan. Gli studi scientifici non hanno ancora confrontato i semi di Argan e i loro oli.
“Abbiamo piantato 1.000 alberi selvatici, ne abbiamo trovati una ventina molto buoni per quest’area, li abbiamo ristretti a sette o otto e li stiamo clonando”, spiega al Times of Israel la pioniera scienziata americano-israeliana Elaine Solowey.

“I campioni sono stati trasmessi alla Facoltà di Agraria dell’Università Ebraica per un ulteriore sviluppo”, mentre lo Stato pensa di offrire l’albero ai kibbutz dell’arido sud. L’autrice ritiene che gli alberi potrebbero crescere fino alla regione della Galilea, a nord di Israele.
Solowey, che si occupa di coltivazione dell’argan dagli anni ’80, ha lavorato presso la Scuola Nazionale di Agricoltura di Meknes, in Marocco.
L’articolo di Solowey pubblicato sul Times of Israel sostiene che “il primo lotto di semi proveniva dal defunto re Hassan II in persona”.

L’estirpazione dell’albero di argan in Marocco, se non gestita con attenzione, potrebbe avere un impatto critico sul suo ruolo nell’emancipazione economica delle donne rurali Amazigh, che da secoli ne conservano tre attraverso tradizioni artigianali e ancestrali.
Inoltre, in regioni in cui la popolazione locale ha poche o nessuna opportunità economica al di fuori delle attività agricole dominate dagli uomini, l’albero di Argan ha rappresentato un’ulteriore offerta per le famiglie rurali, guidate dalle loro donne, che si sono organizzate in cooperative per coltivare, estrarre e commercializzare l’olio di Argan.
Le donne locali conoscevano gli innumerevoli benefici cosmetici dell’olio, che erano stati tramandati di madre in figlia per secoli. Questi benefici riguardavano la pelle, l’intestino, le unghie e i capelli.

Report MAP sulla “Cooperativa Yacout”/2020

L'”industria” è rimasta piccola e locale, a conduzione femminile e artigianale, nel rispetto del suolo e delle stagioni agricole di raccolta, fornendo al contempo un reddito alle donne rurali che non avrebbero avuto tali opportunità professionali senza il sostegno dell’albero e la domanda delle loro sorelle per l'”essenza di bellezza” marocchina.
Dal 2014, l’albero di argan è stato inserito dall’UNESCO nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, per la sua natura particolare ed esigente, oltre che per i suoi ampi benefici.

Nel frattempo, in Israele, Carmen Tal ha ampliato il suo marchio per includere una gamma di prodotti diversi, in particolare numerose linee complete per la cura dei capelli, prodotti per la cura del corpo e prodotti per l’igiene farmaceutica.
Le celebrità sono entusiaste del “prodotto miracoloso”, partner ufficiale dell’ Eurovision di quest’anno. L’azienda vanta un fatturato di 60,6 milioni di dollari e impiega oltre 500 persone.

L’appropriazione del marchio ” Morocco ” va oltre l’olio di argan per la fondatatrice Tal, che si è avventurata in un’altra attività con la MoroccanOil Ltd: Brumes du Maroc.
In un’intervista rilasciata ad Harper’s Bazaar per il lancio della linea di profumi, Tal ha parlato dei nuovi prodotti dicendo che sono ispirati al “Mediterraneo”, senza menzionare il Paese da cui prendono il nome.

A cura di Amira El Masaiti

Traduzione di Simonetta Lambertini – invictapalestina.org