L’affermazione di Israele di aver perso il controllo sulle unità militari a Gaza è un tentativo di ottenere copertura legale per i Crimini di Guerra delle sue truppe e mascherare un problema molto più profondo di impunità sistemica all’interno dell’esercito di Occupazione.
Di Robert Inlakesh – 31 maggio 2024
Diversi mesi dopo che i commentatori dei media hanno iniziato a predire una “sconfitta strategica” per le forze israeliane a Gaza, l’Alto Comando Militare israeliano afferma di aver perso il controllo su varie unità delle proprie Forze Armate.
L’argomentazione sembra usare come capro espiatorio i soldati di Occupazione per fornire una plausibile negazione ai loro superiori e dissociarli dalle accuse di Crimini di Guerra. L’enorme quantità di prove che emergono su queste presunte “unità israeliane canaglia” potrebbe potenzialmente portare a una condanna dei vertici militari di Tel Aviv.
Nonostante il recente appello della Corte Internazionale di Giustizia a Israele di fermare le sue operazioni militari nella città più meridionale di Gaza, Rafah, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu rimane risoluto nella sua promessa di invadere, anche se rischia personalmente un mandato di arresto della Corte Penale Internazionale. Afflitta dalla divisione interna e dalle pressioni per conformarsi all’ordine della Corte Internazionale di Giustizia, Tel Aviv si trova in una posizione precaria.
“Unità canaglia” nell’esercito di Occupazione
Lo scorso fine settimana il quotidiano ebraico Haaretz ha pubblicato una notizia bomba affermando che “lo Stato Maggiore Generale dell’esercito ha perso il controllo sulle unità, in particolare sulle unità di riserva, mesi fa”. L’articolo tenta di descrivere una situazione in cui il Capo di Stato Maggiore Herzi Halevi è “venuto a conoscenza” solo adesso di presunti elementi canaglia che operano sotto il suo controllo, con queste “unità canaglia” che commettono i Crimini imputati dalla Corte Internazionale di Giustizia a Israele.
Durante la guerra a Gaza, i soldati israeliani hanno pubblicato foto e video, prove autoincriminanti, mentre commettevano Crimini, mostrando intenti Genocidi e compiendo atti sadici mentre operano all’interno dell’enclave costiera assediata.
Queste prove incriminanti, pubblicate principalmente su TikTok e Instagram e anche all’interno dei gruppi Telegram che glorificano l’uccisione di civili palestinesi, hanno attirato molte critiche. Sembra che la dirigenza israeliana stia ora adottando la strategia delle “poche mele marce” per assolvere i propri alti vertici militari dalla responsabilità.
Non sarà facile. Alcuni di questi gruppi sui social media sono gestiti da funzionari dell’Occupazione. Inoltre, l’istitutivo militare israeliano ha ammesso di gestire profili su Telegram che mostrano filmanti di uccisioni come parte di un’operazione di guerra psicologica sotto il “Dipartimento di Influenza della Direzione Operativa”.
Quali sono le unità canaglia?
Al momento, non esiste un elenco ufficiale di queste presunte “unità canaglia”. Il giornalista di Haaretz Amos Harel presume che queste truppe possano essere semplicemente identificate da coloro che hanno pubblicato i video autoincriminanti.
Consideriamo il caso di Yair Ben David, un comandante del 2908° Battaglione, citato nella causa del Sudafrica presentata alla Corte Internazionale di Giustizia per aver espresso Intenti Genocidi. Si è vantato della distruzione causata dalle sue forze a Beit Hanoun, nel Nord di Gaza, facendo riferimento a una storia biblica in cui tutti gli abitanti maschi furono massacrati, e affermando che “l’intera Gaza dovrebbe assomigliare a Beit Hanoun”.
Nonostante questa affermazione sia stata fatta in un video pubblicato sui social media nel dicembre 2023, non è stata intrapresa alcuna azione da parte della dirigenza militare israeliana per tenere a freno la sua unità.
Un altro articolo di Haaretz pubblicato alla fine di gennaio, intitolato: “L’esercito israeliano deve agire prima che alcuni dei suoi soldati si trasformino in bande senza legge”, faceva riferimento al commento di Ben David e ha osservato che “90 comandanti di battaglione riservisti hanno chiesto al capo di stato maggiore dell’IDF di non fermarsi a Gaza, in Libano e in Cisgiordania fino alla vittoria”.
Nell’articolo è stato citato anche David Bar Kalifa, comandante della 36ª Divisione, la più grande divisione regolare dell’esercito israeliano, per i suoi ordini di “vendetta” contro la popolazione palestinese. Tuttavia, Tel Aviv non ha intrapreso alcuna azione per modificare o riformare strutturalmente la divisione, che è stata invece successivamente trasferita al confine libanese, nonostante il capo del Comando Meridionale israeliano, Yaron Finkelman, avesse chiesto il dispiegamento nel centro di Gaza.
Aviad Yisraeli, un ufficiale del 6261° Battaglione della 261ª Brigata, ha pubblicato apertamente sui social media la sua intenzione di “assicurarsi che non rimanga nessuno” prima di partecipare all’invasione di Khan Yunis a dicembre. Yisraeli, che vive in un avamposto di coloni illegali vicino a Betlemme, nella Cisgiordania Occupata, non è stato punito dai suoi superiori ed è stato recentemente inviato a Rafah.
Il 6 maggio, quando le forze israeliane hanno occupato il valico di Rafah, i soldati si sono filmati mentre distruggevano e vandalizzavano il valico pubblicando il filmato sui social media. Questi soldati appartenevano alla 401ª Brigata della 162ª Divisione, mentre la Brigata Givati conquistò altre aree a Est di Rafah.
La presa del valico di Rafah è stata forse una delle offensive militari più sensibili commesse dagli israeliani durante l’intera guerra perché il loro ingresso in quello che è noto come il “Corridoio Filadelfia” violava tecnicamente l’Accordo di Camp David del 1979 con l’Egitto. L’utilizzo della 401ª Brigata, nota per la sua insubordinazione, riflette una questione più profonda all’interno dell’Alto Comando israeliano.
Da mesi il Portavoce Militare israeliano Daniel Hagari esorta i soldati a non filmare tali atti, il che indica chiaramente che la dirigenza dell’esercito è da tempo consapevole delle loro azioni. Finora non è stata intrapresa alcuna azione disciplinare: la misura più “severa” adottata dalle autorità è stata quella di annunciare le indagini della polizia sulla pubblicazione di filmati in Rete. E non c’è stato alcun seguito a queste indagini sulle migliaia di video, foto e post dei soldati.
Controllare il caos
Se la dirigenza israeliana avesse davvero perso il controllo di intere unità del proprio esercito, perché tali unità dovrebbero essere ridispiegate in aree sensibili come la Cisgiordania, la Striscia di Gaza e lungo il confine libanese?
Un processo decisionale così sconsiderato, che coinvolge soldati sospettati di non aver eseguito gli ordini e i cui video sono usati come prova di intenti Genocidi presso la Corte Internazionale di Giustizia, è un atto d’accusa significativo nei confronti dell’Alto Comando israeliano.
A gennaio, un rapporto della radio ebraica “Kan Reshet Bet” affermava:
“I combattenti riservisti chiamati all’addestramento prima della costituzione della Brigata Hashomer, hanno criticato severamente le gravi lacune nell’equipaggiamento, nella professionalità, nella mancanza di esperienza e soprattutto il fatto che nel bel mezzo dell’addestramento fossero stati informati che stavano entrando nel Striscia di Gaza senza essersi addestrati come richiesto”.
Tali rapporti non sono rari nei media israeliani e riflettono lo stato del processo decisionale della dirigenza militare. Se combinato con numerose dichiarazioni di intento Genocida, come documentato dal gruppo per i diritti dei palestinesi Al-Haq, da parte sia della dirigenza militare che politica, dipinge un quadro di caos controllato.
La squadra legale sudafricana presso la Corte Internazionale di Giustizia ha collegato l’invocazione da parte di Netanyahu della storia biblica di Amalek ai soldati israeliani, interpretandola come un appello all’omicidio di massa dei civili palestinesi. I potenziali Crimini di Guerra motivati da tale retorica non possono essere imputati a singoli individui quando le decisioni della dirigenza militare consentono tale comportamento.
Se l’Alto Comando israeliano non è a conoscenza della presenza di elementi radicali e insubordinati all’interno delle sue Forze Armate, come spiega la formazione dell’unità “Frontiera del Deserto”, che ha integrato coloni estremisti della “Gioventù delle colline”? Questo era il gruppo radicale di coloni-vigilanti precedentemente descritti dai media israeliani come terroristi per aver attaccato soldati israeliani e civili palestinesi.
Un contesto di impunità
Questo problema del comportamento sconsiderato dei soldati non è iniziato nel 2023; è intrinseco nelle truppe israeliane che operano in un contesto di totale impunità. Durante la guerra a Gaza del 2008-2009, l’imputazione maggiore nei confronti di un soldato israeliano che commetteva un crimine era quella di aver rubato una carta di credito, non di aver ucciso, torturato, picchiato palestinesi o raso al suolo le loro case, attività commerciali e terre.
O per aver usato i palestinesi come Scudi Umani, un Crimine che Tel Aviv attribuisce a Hamas, ma che le sue truppe commettono quotidianamente. Secondo B’Tselem, due soldati coinvolti nell’utilizzo di un bambino di nove anni come Scudo Umano, ordinandogli sotto la minaccia di una pistola di aprire una borsa che sospettavano fosse una trappola esplosiva, hanno ricevuto una condanna a tre mesi con la condizionale e sono stati retrocessi da sergente maggiore a soldato semplice due anni dopo il fatto. Nessuno dei loro ufficiali in comando fu processato.
Da allora, il comportamento delle truppe è solo peggiorato. Nonostante ci siano molti più casi documentati di soldati israeliani che hanno utilizzato civili palestinesi, spesso bambini, come Scudi Umani, questo è stato l’ultimo caso punito dal sistema giudiziario israeliano.
L’argomentazione secondo cui la dirigenza militare israeliana si sta rendendo conto solo ora della cattiva condotta dei propri soldati serve a creare una negabilità plausibile. Non è una coincidenza che gli ideologi estremisti abbiano acquisito potere nell’esercito israeliano e che i soldati insubordinati, incoraggiati dalla retorica Genocida dei loro leader, abbiano carta bianca per commettere Crimini contro i palestinesi.
Robert Inlakesh è un analista politico, giornalista e regista di documentari. È stato corrispondente e ha vissuto nei Territori Palestinesi Occupati e ha lavorato con RT, Middle East Eye, The New Arab, MEMO, Mint Press News, Al-Mayadeen English, TRT World e vari altri media. Ha lavorato come corrispondente di notizie, analista politico e ha prodotto numerosi film documentari.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org