Le donne incinte di Gaza vivono nel terrore per i loro figli non ancora nati, mentre le nascite pretermine e gli aborti spontanei salgono alle stelle, un ulteriore aspetto dell’assalto genocida di Israele.
Fonte: English version
di The New Arab (From the Arabic Edition), 4 giugno 2024
Circa 60.000 donne incinte a Gaza vivono nella paura del destino dei loro figli non ancora nati, mentre la guerra genocida di Israele e la carestia deliberatamente creata non risparmiano nessuno.
Yasmin Abdulrahman è fuggita nel sud della Striscia di Gaza a marzo, pochi giorni dopo la morte del suo neonato, che ha vissuto solo 11 giorni prima di soccombere alla malnutrizione.
Era nato dopo quattro mesi di condizioni di quasi carestia in tutta la Striscia. Yasmin ricorda di aver trascorso oltre 30 ore senza cibo a febbraio, nonostante fosse all’ultimo mese di gravidanza e avesse bisogno di un’alimentazione supplementare e specializzata per il suo bambino.
Alla nascita, Abdulrahman pesava solo 1,2 kg ed era gravemente disidratato, per cui è stato sottoposto a un monitoraggio intensivo nel reparto neonatale dell’ospedale Kamal Adwan, nel nord di Gaza.
Tuttavia, purtroppo, è morto dopo una settimana.
“I medici hanno detto che non c’era latte, non c’erano soluzioni, non c’era quasi nessuna medicina di cui avesse bisogno”, spiega Yasmin in lacrime. “Mio figlio non era l’unico: ho visto molti neonati in condizioni simili. Alcuni sono morti quando è morto lui, altri prima”.
Trenta bambini sono morti negli ospedali del nord di Gaza, tra cui 23 nel Kamal Adwan. La metà di loro erano neonati. Altri dieci sono morti di fame nelle regioni centrali e meridionali della Striscia ad aprile, secondo il portavoce del ministero della Sanità Ashraf al-Qudra, che afferma che quanto documentato non riflette l’intero quadro, a causa della difficoltà di registrare correttamente i decessi, poiché molti neonati sono morti in casa e in altre situazioni.
Aumento degli aborti spontanei e delle nascite pretermine
Ogni mese a Gaza nascono circa 4.500 bambini. Tra il 7 ottobre e la metà di aprile, il ministero della Salute ha osservato un notevole aumento degli aborti spontanei e delle nascite premature, afferma al-Qudra. Negli ultimi tre mesi si sono intensificati i casi di gravi emorragie durante il parto e di distacco della placenta, che sono aumentati del 25%.
Il dottor Omar Abu Mohsin, consulente in ostetricia e ginecologia presso l’Al Hilal Emirates Hospital di Rafah, ne è la testimonianza. Egli ritiene che la causa sia da ricercare nel fatto che migliaia di donne incinte percorrono lunghe distanze a piedi e sono costrette a sopportare spostamenti fisicamente estenuanti, che possono durare ore o addirittura giorni, durante i quali devono trasportare carichi pesanti e sono private del riposo e dell’assistenza sanitaria.
Inoltre, il costante terrore e l’ansia hanno portato a disturbi mentali tra la popolazione, che contribuiscono anche all’aumento del tasso di aborti spontanei e di nascite pretermine.
Secondo un comunicato stampa pubblicato ad aprile sul sito web dell’International Rescue Committee (IRC), a Gaza le donne incinte soffrono di travaglio prematuro e aborto spontaneo a un tasso tre volte superiore rispetto all’inizio del conflitto, a causa dello sfollamento, dei traumi e della malnutrizione.
La maggior parte di questi bambini nasce gravemente sottopeso e in cattive condizioni di salute a causa della malnutrizione delle madri. Per questo motivo, le Unità di Terapia Intensiva Neonatale (UTIN) sono stracolme, spiega Wissam Sakani, responsabile delle relazioni pubbliche dell’ospedale Kamal Adwan.
Anche i casi di anemia e immunodeficienza sono aumentati tra le donne in gravidanza e lo stesso accade ai neonati, aggiunge al-Qudra, sottolineando l’esacerbazione della batteriemia occulta, che si verifica quando i batteri sono presenti nel flusso sanguigno del bambino. Questo fenomeno è stato attribuito all’aumento dell’inquinamento ambientale e alla grave carenza di prodotti per la pulizia e di servizi igienici.
La mancanza di incubatrici minaccia nuove vite
Attualmente a Gaza sono ancora in funzione quattro unità di terapia intensiva neonatale (NICU): una nell’ospedale Al-Aqsa Martyrs nel centro di Gaza, una nell’ospedale Kamal Adwan, una nell’ospedale europeo di Gaza e una nell’ospedale Al-Helal Al-Emirati nel sud.
Ognuno di questi ospedali è in grado di accogliere circa 50 neonati, ma in questo momento il loro tasso di occupazione è superiore del 500%.
Per questo motivo, i medici sono costretti a mettere cinque o sei bambini in un’incubatrice, perché, ad esempio, nell’ospedale Kamal Adwan ci sono solo 14 incubatrici – in cui ci sono più di 40 bambini.
Nei reparti neonatali mancano le attrezzature di base
Il figlio di Abdullah Hamad, nato prematuro all’inizio di aprile, è ancora ricoverato in terapia intensiva neonatale all’ospedale Al-Helal Al-Emirati e soffre di molti problemi di salute.
Marwa, la moglie di Abdullah, è stata sfollata sei volte durante la gravidanza ed è finita in una tenda a Rafah, malnutrita ed emaciata, quando è entrata precocemente in travaglio.
Marwa, che ha avuto un’emorragia post-partum dopo il parto ed è ancora in convalescenza, dice che suo figlio ha bisogno di esami del sangue avanzati, test dell’udito e screening della retinopatia della prematurità (ROP) per prevenire i problemi a cui sono vulnerabili coloro che si trovano nelle sue condizioni. A Gaza, però, questi esami non sono disponibili a causa della situazione attuale.
I neonati prematuri nati prima della 32a settimana di gravidanza necessitano di un monitoraggio intensivo e di solito vengono sostenuti con un’incubatrice o un ventilatore per garantire che ricevano ossigeno a sufficienza.
A nord di Gaza, è rimasta una sola fonte di produzione di bombole di ossigeno per scopi medici, in un piccolo impianto dell’ospedale Kamal Adwan, che fornisce sia l’ospedale Al-Awda che l’ospedale arabo battista Al-Ahli di Gaza City con una fornitura giornaliera di bombole di ossigeno medico.
Tuttavia, il suddetto impianto, che funziona con l’elettricità prodotta da un piccolo generatore a gasolio, può fornire solo quantità limitate e irregolari all’ospedale a causa dell’assedio e delle restrizioni imposte da Israele.
Questo aumenta il rischio di morte dei neonati prematuri, come è accaduto a novembre quando 20 neonati in incubatrice sono morti negli ospedali del nord dopo che sono stati invasi dalle forze israeliane e lasciati non funzionanti.
Allattamento al seno impossibile e mancanza di latte artificiale
Ad aggravare ulteriormente la situazione c’è il fatto che la malnutrizione acuta delle madri le ha rese incapaci di allattare naturalmente, afferma il dottor Hussam Abu Safiya, responsabile dell’unità pediatrica dell’ospedale Kamal Adwan di Gaza, secondo cui i segni di malnutrizione sono diffusi nel reparto.
I bambini malnutriti presentano un basso peso, una “pelle crespa”, un sistema immunitario debole e una grave disidratazione.
“Alcuni bambini arrivano in ospedale giorni o settimane dopo la nascita, affetti da gonfiore corporeo, che deriva dalla mancanza di proteine, che il bambino avrebbe dovuto ottenere attraverso il latte materno o il latte artificiale specifico per i bambini allattati al seno. Purtroppo, in ospedale mancano il latte artificiale, i nutrienti essenziali e i farmaci, il che aumenta il pericolo di morte per i neonati e i bambini allattati al seno”, afferma.
Intento genocida
Oggi a Gaza il 90% dei bambini sotto i 2 anni e il 95% delle donne incinte e che allattano si trovano in condizioni di grave povertà alimentare – “il che significa che hanno consumato due o meno gruppi di alimenti nel giorno precedente – e il cibo a cui hanno accesso è di bassissimo valore nutrizionale”, secondo quanto riportato dall’UNICEF in aprile.
Ted Chaiban, vice direttore generale dell’UNICEF, ha avvertito a febbraio: “La Striscia di Gaza è pronta ad assistere a un’esplosione di morti infantili evitabili che aggraverebbe il livello già insopportabile di morti infantili a Gaza”.
Il ritiro totale dell’UNRWA dal nord della Striscia di Gaza e la chiusura dei suoi centri di assistenza sanitaria e di distribuzione di cibo da ottobre sono alla base della crisi di cui soffrono ora le donne incinte e i neonati, poiché in precedenza gli ambulatori dell’UNRWA fornivano questi servizi essenziali.
La loro perdita ha avuto un impatto devastante sui neonati, aumentando gli aborti spontanei e le nascite premature, i cui rischi abituali sono aggravati dalla distruzione totale degli ospedali, afferma Ismail al-Thawabta, direttore dell’ufficio governativo dei media di Gaza.
Le azioni di Israele violano il diritto umanitario internazionale, che ha adottato disposizioni per migliorare la protezione di donne e bambini, a causa della loro vulnerabilità. Ad esempio, l’articolo 16 della Quarta Convenzione di Ginevra del 1949 stabilisce che le “madri in attesa” devono ricevere “particolare protezione e rispetto”.
Tuttavia, ciò che sta accadendo, come afferma l’avvocato Salah Abdel Ati della Commissione internazionale per il sostegno dei diritti dei palestinesi (Hashd), fornisce prove inconfutabili del fatto che l’occupazione sta commettendo il crimine di genocidio, e un aspetto di questo è che prende di mira le donne incinte, così come i neonati e persino i bambini non ancora nati.
Traduzione di Simonetta Lambertini – invictapalestina.org