La filosofia di Hamas negli scritti di Yahya Sinwar

I concetti di abnegazione, ascetismo e “acume per la sicurezza” sono fondamentali per la filosofia di resistenza di Yahya Sinwar. La rivolta culminata con il 7 ottobre è stata l’applicazione diretta del suo pensiero politico.

English version

di Haneen  Odetallah , 3 Luglio 2024

Il testo che segue è stato pubblicato originariamente in arabo su Babelwad, con il titolo “La filosofia di Hamas: Politica ed esistenza secondo Yahya Sinwar”, di Haneen Odetallah.
L’autrice utilizza il romanzo “Spine e garofani” di Yahya Sinwar, leader di Hamas, come lente analitica della psiche della resistenza odierna, approfondendo i temi della fiducia in se stessi, del sacrificio e dell’acume per la sicurezza. Odetallah esplora come questi concetti siano radicati negli individui per favorire l’ascesa politica e la liberazione collettiva, illustrando le dimensioni
strategiche ed esistenziali della resistenza e fornendo una prospettiva unica sul quadro ideologico della resistenza. “Dobbiamo entrare nella mente di Sinwar” è lo slogan della fase in cui si trovano oggi i media “israeliani” che
continuano a trasmettere forti condanne dopo che Yahya Sinwar, il capo del Movimento di resistenza islamica (Hamas) a Gaza, ha messo in atto il più
grande raggiro dell’esercito e dei servizi segreti nella storia della loro entità. Sinwar li ha sorpresi in una battaglia denominata “Alluvione di Al-Aqsa”, ma la
vera intestazione dell’operazione è rappresentata dalle persone palestinesi impriogionate, alle quali Sinwar è rimasto fedele, essendo egli stesso un ex
prigioniero, liberato in uno scambio di prigionieri chiamato “Fedeltà delle persone libere” [“Loyalty of the Free”].
Sinwar ha trascorso 23 anni della sua vita in prigione, di cui quattro in isolamento, ma non ha sprecato neanche uno di quegli anni. Ha imparato l’ebraico e tutto ciò che ha potuto sul suo nemico, arrivando a
formulare ed eseguire da dietro le sbarre un piano di intelligence a lungo termine, che all’epoca era di vasta portata. Sinwar ha studiato e riflettuto a lungo, ha anche scritto. Noi non dobbiamo “entrare nella mente di Sinwar”, ma credo che dovremmo almeno “conoscere il suo pensiero”, per usare un’espressione meno invadente.
Più facile di “entrare nella mente di Sinwar” sarebbe leggere gli scritti che ha intrapreso dopo anni di isolamento, contemplazione e studio.
Nel 2004, dopo un’operazione complessa e prolungata che ha richiesto un grande sforzo e il reclutamento di molti prigionieri, Yahya Sinwar, allora detenuto, ha pubblicato il suo romanzo, Spine e garofani, o “Spine di
garofani”, come intendeva lo scrittore stesso. Il romanzo affronta un filone della storia della lotta palestinese nell’epoca storica tra il 1967 e l’Intifada di
Al-Aqsa dei primi anni 2000 e la nascita del movimento islamico nel contesto della resistenza palestinese. Nello specifico, [il romanzo colloca] il Movimento di resistenza islamica, o Hamas, nel suo contesto sociale, politico e culturale.
Il romanzo racconta una storia che ha inizio in una casa di un campo profughi di Gaza e che segnerà i valori e le scelte di bambini che, crescendo, diventeranno figure chiave del Movimento di Resistenza Islamica. La storia si allarga poi ai parenti, ai vicini, agli abitanti del campo, della Striscia di Gaza, della Cisgiordania e del resto delle terre occupate, dove ogni personaggio diventa una pietra che costruisce l’esperienza del Movimento di Resistenza Islamica in quegli anni.
Il romanzo storico come contenitore di filosofia
Il romanzo presenta personaggi di fantasia, ma tutti i suoi eventi sono reali; l’aspetto romanzesco deriva dalla trasformazione di questi eventi in un’opera che soddisfi le condizioni di un romanzo, come nota lo scrittore nell’introduzione. La scelta dello scrittore, in primo luogo una figura politica e militare, di documentare questa fase cruciale della storia della resistenza armata e di trasmetterla in questa forma creativa e romanzata è indice di un tentativo di andare oltre il semplice racconto della storia e dei suoi eventi. Il romanzo storico non è solo una riflessione sugli eventi del passato, ma un’esplorazione profonda delle forze filosofiche e morali che danno forma ai
movimenti storici. I personaggi dei romanzi storici incarnano e si impegnano in lotte filosofiche all’interno della loro realtà temporale [1]. In altre parole, [la forma romanzata] serve a mettere in evidenza la complessa relazione tra le convinzioni personali e la più ampia portata della storia. Per quanto riguarda lo scrittore, egli è una delle figure pionieristiche di Hamas, che ha assistito alla nascita del Movimento e ha contribuito alla sua formazione e al suo sviluppo, dalla giovinezza a oggi. L’allontanamento dai confini della storiografia
tradizionale per affrontare lotte drammatiche e innovative nella storia, permette all’autore di esplorare dimensioni filosofiche, in particolare, l’impatto delle credenze sulla storia. Nel caso della storia di Hamas, questo gli consente di formulare una filosofia per il Movimento di resistenza islamico.
La storia è raccontata attraverso la prospettiva di Ahmad, il figlio del campo profughi che per primo apre gli occhi sulla durezza del mondo: il campo, la guerra e la scomparsa del padre, un combattente della resistenza, senza lasciare traccia. Ahmad osserva l’ambiente e le condizioni di vita del campo,
testimoniando la povertà, il freddo e la pioggia che
filtra dal soffitto mentre dormono e li segue fino alla classe nella scuola dell’UNRWA. Osserva la comunità del campo e la sua cultura, vedendo la preoccupazione della madre per l’onore e la reputazione, soprattutto quando si tratta delle figlie, e la sua severità in materia. Al contrario, prova gioia nell’accompagnare il nonno alla preghiera e agli incontri sociali nella moschea del campo.
Ahmad osserva le trasformazioni politiche nel campo, nella Striscia di Gaza, in Cisgiordania e in tutte le terre occupate; assiste al coprifuoco, agli assedi, all’incessante caccia ai combattenti della resistenza e alle punizioni collettive. Assiste alla normalizzazione dell’occupazione, alla stabilità materiale, ai permessi di lavoro e ai viaggi di piacere nelle terre occupate, attraverso i quali sempre più individui vengono costretti e obbligati a collaborare con il nemico.
Ahmad osserva le prigioni “israeliane” da cui lui, i suoi
fratelli, parenti e conoscenti sono usciti, testimoniando il potere della determinazione e dell’organizzazione nel cambiare la realtà. Soprattutto, Ahmad osserva come
le armi e la lotta per la libertà si evolvono in risposta a
queste condizioni, vedendo uomini che sono stati plasmati dalla resistenza e che, a loro volta, l’hanno plasmata. Ahmad ripercorre la nascita di Hamas seguendo i personaggi che l’hanno formata, sviluppata e incarnata, sintetizzati nel cugino Ibrahim, il figlio del martire che è cresciuto con lui nella stessa casa e con la stessa madre, e che è diventato un modello di vera leadership e di costruzione del destino politico.

Il narratore svolge il ruolo di osservatore coinvolto; non
si limita a guardare, ma accompagna Ibrahim nel suo lavoro, nella sua formazione e nel suo percorso di
lotta. Nonostante si unisca a Ibrahim nelle manifestazioni, nell’organizzazione di sit-in religiosi ed educativi nella moschea di Al-Aqsa e nel lavoro di sicurezza a caccia di collaboratori, il narratore nega fino alla fine di essersi unito ufficialmente al Movimento: “Sebbene non mi considerassi un membro del ‘Blocco Islamico’ o un suo sostenitore, non avevo altra scelta che eleggere mio cugino e la sua lista, poiché la nostra vita in comune e la mia personale
ammirazione per lui non mi permettevano di fare altrimenti”.
Questa distanza intellettuale del narratore suggerisce qualcosa: esprime distacco dal Movimento, nega la sua affiliazione, ma insiste sulla sua vicinanza a Ibrahim, una delle figure di spicco e fondatrici del Movimento. Il narratore guarda a Ibrahim e a tutto ciò che egli rappresenta con ammirazione, descrivendolo spesso con trascendenza e grandezza; questo divario
tra Ibrahim e il movimento che egli rappresenta rende Ibrahim una figura la cui grandezza supera quella del movimento. Sebbene Ibrahim non si scontri
direttamente con le forze di occupazione e diventi un martire solo alla fine del libro, egli conosce il suo destino fin dall’inizio e lo persegue, imperterrito, anche
dinnanzi all’attaccamento della moglie e dei figli. Forse Ibrahim simboleggia uno stato d’animo che il narratore aspira a coltivare nella società attraverso
questo Movimento politico, o il modello di individuo palestinese che lo scrittore spera che Hamas crei, raggiungendo gli obiettivi di autodeterminazione e di creazione di un’entità politica per il popolo palestinese.
L’individuo che si è fatto da sé, [l’autopoiesi]
La trascendenza di Ibrahim, così come viene percepita dal narratore, è legata al concetto di “autoproduzione” [qui tradotto con il termine “autopoiesi”] che compare in due occasioni. Nel primo caso, il narratore nota che la qualità di Ibrahim di essersi “fatto da sé” gli ha garantito una forma di sovranità su se stesso e un senso di scopo. “È diventato persino un costruttore professionista; ha imparato il mestiere dal suo amico, e sono diventati soci, assumendo un operaio per aiutarli, prendendo in carico contratti di costruzione di medie dimensioni. Era chiaro che la natura di Ibrahim, che si era fatto da solo, lo stava facendo diventare un uomo”.
Dal punto di vista linguistico, il concetto di “farsi da sé” si riferisce a qualcuno che “ha raggiunto l’eminenza per virtù del proprio carattere, non per virtù dei propri antenati” [2]. Il termine è stato comunemente usato per descrivere chi “fatica, si sforza di andare avanti attraverso il proprio impegno” [3]. Da un punto di vista filosofico, l’autopoiesi può essere considerata come una pratica esistenziale in cui un individuo trova il significato della propria esistenza e della propria vita, aderendo a saldi principi, quali la responsabilità personale, l’autonomia e la libertà intellettuale. Questi principi eleveranno e accresceranno l’individuo nel cammino verso la realizzazione della sovranità del sé e del destino desiderato.
In secondo luogo, l’individuo che si è fatto da sé è associato al vero leader; l’essersi fatto da sé è il fondamento di un leader politico capace di affrontare
le circostanze dell’occupazione. “Ogni giorno Ibrahim diventava sempre più trascendentale e rispettato ai miei occhi; era colui che era cresciuto orfano dopo che suo padre era stato martirizzato quando lui aveva quattro anni, poi era stato abbandonato da sua madre quando era ancora giovane, era cresciuto tra noi ed era diventato un uomo che si era fatto da solo e un vero leader nonostante la sua giovane età e le difficili circostanze dell’occupazione”.
Quando la natura autoproduttiva [o di autopoiesi] si fonde con la dimensione politica, Ibrahim diviene un leader, qualcuno capace di sviluppare non solo se
stesso, ma anche la sua comunità e il suo popolo, elevando la condizione collettiva. Ibrahim conduce la collettività oltre, attraverso il superamento delle difficili circostanze politiche, verso la libertà. Per il narratore, Ibrahim incarna questo modello di essere umano trascendentale, che si eleva e si eleva trovando il senso della propria esistenza nell’impegno a svolgere il ruolo politico di elevazione del proprio popolo. In altre parole, Ibrahim si eleva attraverso una pratica politica fondata filosoficamente sui principi di autopoiesi.
L’Übermensch e l’individuo fatto da sé
Nella filosofia esistenziale, Nietzsche introduce l’idea dell’ “Übermensch” [4], un individuo che ha trasceso e asceso per raggiungere la vera libertà, incarnata dalla capacità di plasmare il proprio destino. Secondo Nietzsche, l’individuo trascendentale è colui che sceglie i propri obiettivi, i propri valori e i propri principi senza soccombere a pressioni sociali che sfuggono al suo controllo. Questo concetto invita gli individui ad abbracciare quella che Nietzsche chiama la “Volontà di potenza” [5], una spinta interiore alla liberazione e alla sovranità del sé. In questo modo, l’Übermensch
costituisce un modello intellettuale di persona che supera i valori e gli standard sociali che la ostacolano e ne crea di propri.
Al contrario, l’individuo trascendentale di Sinwar è un individuo politicamente autopoietico, che sceglie i propri obiettivi in modo da contribuire alla propria
liberazione politica. Pertanto, si impegna a plasmare la propria identità e a definire i propri valori all’interno del tessuto sociale e politico che lo ospita. Questo processo non è solo una ricerca personale di libertà, ma un atto politico che implica la sfida e il contributo alla formazione dell’identità collettiva con lo scopo di servire la libertà dell’intera comunità.
L’individuo politicamente trascendentale, ancorato nella filosofia del farsi da sé, è un modello di persona pratica che affronta i valori sociali, morali e religiosi
ereditati dall società come risorse per migliorare la spinta verso la liberazione della propria comunità e per raggiungere l’ascesa politica. Questi individui
comprendono che la loro lotta contro l’occupazione è una battaglia esistenziale e una guerra alla “volontà di potenza” del popolo palestinese, cioè una guerra alla volontà di autogovernarsi politicamente. In questo contesto, la filosofia del “farsi da sé” trascende l’autodeterminazione individuale e diventa uno strumento per influenzare e plasmare il discorso politico. L’individuo che lavora sodo e che si impegna a raggiungere il proprio obiettivo di liberazione
indirizzerà tutti gli sforzi delle altre persone verso tale scopo, per quanto possibile. Per quanto riguarda il Movimento di Resistenza Islamico, esso cerca,
attraverso i valori islamici, di produrre questo individuo trascendentale, o questo stato dell’essere nell’individuo palestinese. Qual è dunque il contributo
di questi valori? “La casa si riempì di uomini e donne, ragazzi e ragazze della stessa famiglia, e i ricordi di noi bambini, riuniti in una piccola stanza troppo grande per noi, tornarono a galla. La nostra modesta famiglia si era trasformata in un piccolo esercito nel corso degli anni… L’ho accennato scherzosamente; mia madre ha subito gridato: “Manda le benedizioni sul Profeta”, un dolce promemoria per ricordare le mie parole. Immediatamente tutti gridarono in coro: ‘O Allah, benedici il nostro maestro Maometto'”.
L’Islam e l’individuo che si fa da sé
Il romanzo inizia nell’inverno del 1967, poco prima della Naksa, quando Gaza era sotto l’amministrazione dell’Egitto. Ahmad, che allora aveva cinque anni,
racconta uno dei suoi primi ricordi: le interazioni con i soldati egiziani che andava a trovare spesso.
Giocavano con lui e davano a lui e ai suoi amici dolci al pistacchio. Poi scoppia la guerra, i soldati gridano loro di tornarsene indietro e non distribuiscono più i
dolci. “Le forze di occupazione hanno affrontato una feroce resistenza in una zona e si sono ritirate. Poco dopo, è apparso un gruppo di carri armati e jeep militari, con bandiere egiziane. I resistenti hanno esultato, pensando che fossero arrivati gli aiuti, e sono usciti dalle loro postazioni e trincee, sparando in aria per festeggiare. Si sono riuniti per accogliere i rinforzi, ma quando il convoglio si è avvicinato, è stato aperto un fuoco pesante sui combattenti, uccidendoli. Poi su quei carri armati e veicoli è stata issata la bandiera
sionista, al posto di quella egiziana”.
Questa scena segna una svolta ideologica nella lotta palestinese: la presa di coscienza del fallimento del nazionalismo arabo, o della sua inadeguatezza come corrente politica nell’indurre la necessaria serietà negli individui verso la causa nazionale palestinese, soprattutto di fronte alla sempre maggiore voracità dell’occupazione.
La filosofia de “l’individuo che si è fatto da sé” comprende una condizione per l’elevazione, che è la serietà e l’impegno nel perseguimento dei propri obiettivi; “gli individui che si sono fatti da sé guardano ai loro obiettivi con rispetto e convinzione, e prendono la questione del raggiungimento dei loro obiettivi con la massima serietà, senza compromessi.
Si impegnano in ciò che devono fare per raggiungerli” [6]. A questo proposito, la “straordinaria connessione tra religione e nazionalismo” raggiunge la serietà
richiesta attraverso l’obbligo della jihad, o guerra santa, impregnando la causa nazionale di sacralità e instillando nell’individuo il rigore necessario per raggiungerla, come afferma il narratore: “In modo che la battaglia assuma la sua vera dimensione e soddisfi lo standard richiesto”.
Quando l’individuo politicamente autonomo si guarda intorno, trova il sistema islamico tra gli ultimi sistemi sociali che sono rimasti saldi tra il popolo palestinese di fronte all’annientamento della società, o sociocidio, commesso dall’occupazione. L’individuo autonomo trova, nell’intreccio tra pratica politica e fede, nel trasferimento del riferimento dell’esistenza e dello scopo del palestinese ad Allah, un principio che il nemico non può disintegrare. L’individuo che si è fatto da sé riconosce nei siti storici islamici degli edifici politici stabili contro i tentativi dell’occupazione di erodere la conoscenza e distorcere la direzione [politica del popolo palestinese]. Per questo motivo,
Ibrahim, che definisce la battaglia “una battaglia di civiltà, di storia e di esistenza”, ha organizzato un viaggio per i giovani per conoscere le loro terre
nascoste e i loro siti islamici sacri e storici, primo fra tutti la Moschea di al-Aqsa. Questi siti sono il luogo in cui si è concretizzata la fioritura della cultura palestinese, l’auto-sovranità e la formazione della loro terra-destino.
Qui, l’architettura della Moschea di al-Aqsa e la maestosa Cupola della Roccia sono in netto contrasto con l’architettura del campo profughi, che incarna lo stato di confinamento del popolo palestinese. Per questo motivo, Hamas pone particolare enfasi su al-Aqsa, essa racchiude i sacri significati storici che immortalano la causa palestinese, come al-Isra’ wa al-Mi’raj, o il Viaggio notturno del Profeta Maometto, creando un punto di connessione tra la terra di Palestina e il cielo. Forse è per questo che la battaglia per la libertà delle persone palestinesi impriogionate prende il nome di “alluvione di al-Aqsa”, il tentativo è di magnificare la causa delle persone imprigionate, sottolineando che la libertà del popolo palestinese è la ragione per cui il loro Signore le ha create. Sebbene l’Islam colleghi la lotta politica ad Allah e al significato
dell’esistenza umana, questo legame va oltre la semplice attribuzione alla lotta di significati elevati come l’aldilà e la ricompensa di Allah. Quindi, come si
manifestano concretamente questi significati negli individui che praticano una vita incentrata sulla politica?
L’ascesi
Il romanzo presta particolare attenzione alla fase di “educazione e preparazione” nella storia della nascita di Hamas. Un giorno, uno sceicco, anch’egli di nome Ahmad, passa accanto ai giovani e agli adolescenti del campo che bighellonano per le strade e passano il tempo a giocare. Li mette in guardia da inutili divertimenti e li esorta invece a impegnarsi nella preghiera, nel culto e nella contemplazione, “collegando tutto questo al futuro dell’Islam, la cui bandiera deve essere innalzata sulla terra di Palestina”. Lo sceicco trascorre poi decenni con loro, instillando valori islamici che promuovono l’ascetismo e la rinuncia ai desideri mondani in favore dell’aldilà, creando una generazione “capace di sacrificio e di abnegazione”.
Forse la tesi del romanzo sull’amore, che rappresenta il legame più intenso con il sé e la “vita mondana” in termini islamici, mostra come questo ascetismo
accresca il significato dell’esistenza nella pratica politica. Il narratore dice: “Mi travolse un sentimento di conforto… È questo l’amore? (…) In seguito mi è bastato guardarla da lontano mentre partiva per l’università; non aspiravo a nulla di più, nemmeno a uno sguardo. Mi bastava amare, e mi bastava che lei
lo capisse bene”. Così, Ahmad si accontenta di conoscere l’amore nel suo mondo, rimandandone il raggiungimento al momento opportuno, quando
potrà chiederle di sposarlo, come è stato “educato fin dall’infanzia”. Non sente il bisogno di amore solo perché è l'”Amore” di cui ha sempre sentito parlare.
Ibrahim chiarisce poi ad Ahmad che anche lui ha conosciuto l’amore e, poiché si considera parte della lotta nazionale, ha deciso di non perseguirlo, affermando che [l’amore] “si trasforma in una frusta con cui l’occupazione sferza le schiene di coloro che si amano. Ahmad, quando questo nobile rapporto sacro viene usato dai collaborazionisti come una carta di pressione sugli amanti, costringendoli ad abbandonare il loro primo amore, Al-Quds, c’è ancora spazio per l’amore e la passione nelle nostre vite?”.
Ibrahim spiega come l’ascetismo sistematico della filosofia islamica si rifletta sulla vita politica; è un’educazione che permette all’individuo di rinunciare ai desideri in qualsiasi momento se questi sono in conflitto o mettono in pericolo il suo impegno nazionale. L’individuo viene plasmato in modo tale che l’impegno nazionale diventi il significato centrale della sua vita, il suo desiderio principale e il fondamento su cui costruire gli altri aspetti della sua vita.
Dopo la loro discussione sull’amore, Ibrahim scopre che il suo più caro amico e compagno nella guida del movimento studentesco, Fayez, è un collaboratore
dell’occupazione. Ibrahim sintetizza dicendo: “È lecito per noi, che viviamo questa vita e vediamo ciò che vediamo, amare ed essere appassionati, Ahmad? La nostra è una storia palestinese amara, senza spazio per più di un amore e una passione”. Ibrahim considera amara la vita palestinese, ogni aspetto della quale, sotto la mercé dell’occupazione, è soggetto a scomparire in qualsiasi momento. Ibrahim considera falsi tutti i significati e i valori che non si fondino sulla libertà politica, in quanto esse non hanno alcun significato se l’occupazione decide di sfruttarli.
Non si può fare affidamento nemmeno sulle amicizie più leali. Forse la battaglia di Al-Aqsa Flood ha spinto alcuni individui palestinesi a trarre queste conclusioni; coloro che sono coinvolti nella società “israeliana”, i cui significati di coesistenza, cittadinanza e legge li hanno traditi quando hanno espresso anche solo un minimo aspetto del loro essere, nemmeno i loro principi umanitari nei confronti dei bambini di Gaza, ma la loro identità religiosa, dato che molti di loro sono stati perseguiti per aver citato il Corano sui social media.
Altri hanno perso le loro attività e i loro mezzi di sostentamento perché dipendevano dalla società e dal sistema del nemico, altri ancora hanno dovuto
sottomettersi e rinunciare alla loro dignità politica per salvaguardare i loro mezzi di sostentamento e la loro cittadinanza.
Il romanzo diagnostica e affronta in varie forme una debolezza fondamentale che ostacola la disponibilità dell’individuo a sacrificarsi per l’emancipazione politica: la tentazione della salvezza e della stabilità individuale. Il romanzo chiarisce che l’occupazione considera tali desideri e inclinazioni individuali come luoghi di investimento politico e militare. Pertanto, il romanzo pone il problema dei collaborazionisti come un prodotto di tale deriva e un’intensificazione di tale conflitto. Il narratore affronta il fenomeno dei permessi di attraversamento da Gaza a “Israele”, che inizia come una necessità di sostentamento e di alimentazione dei propri figli attraverso permessi di lavoro, ma che alla fine lega la vita e il sostentamento di una persona alla stabilità dell’occupazione. Questi permessi diventano poi una porta d’accesso per sfuggire alla miseria dell’assedio di Gaza, per assaporare la vita, così le compagnie turistiche iniziano ad annunciare permessi per viaggi di piacere in “Israele”. di attraversamento da Gaza a “Israele”, che inizia come una necessità di sostentamento e di alimentazione dei propri figli attraverso permessi di lavoro, ma che alla fine lega la vita e il sostentamento di una persona alla stabilità dell’occupazione. Questi permessi diventano poi una porta d’accesso per sfuggire alla miseria dell’assedio di Gaza, per assaporare la vita, così le compagnie turistiche iniziano ad annunciare permessi per viaggi di piacere in “Israele”. di attraversamento da Gaza a “Israele”, che inizia come una necessità di sostentamento e di alimentazione dei propri figli attraverso permessi di lavoro, ma che alla fine lega la vita e il sostentamento di una persona alla stabilità dell’occupazione. 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Questi permessi diventano poi una porta d’accesso per sfuggire alla miseria dell’assedio di Gaza, per assaporare la vita, così le compagnie turistiche iniziano ad annunciare permessi per viaggi di piacere in”Israele”.

“Poi si trova uno degli uffici, gestito da un famoso collaboratore, che annuncia l’iscrizione a un viaggio turistico all’interno della Linea Verde [le terre occupate] in alcune zone turistiche… dove, durante il viaggio… si cerca di intrappolare giovani uomini in scene e situazioni che vengono fotografate, e poi li si minaccia di scandali se non collaborano”.

Nonostante ciò, il narratore riconosce il notevole divario tra”l’amara realtà, le sue esigenze e necessità, e il tetto delle ambizioni nazionali”. Per Ahmad, questa sfida impone un sacrificio individuale come prova della propria appartenenza e del prorprio investimento politico nell’ascesa individuale e della società intera; un sacrificio con cui gli individui devono essere cresciuti per essere pronti a offrirlo.

“Trovi un di questi lavoratori che cerca di convincerli, mentre si rifiuta di consegnare loro il permesso di lavoro, indicando i suoi otto figli dietro di lui, che non hanno abbastanza da mangiare. Perché quello che offre l’Agenzia di soccorso [UNRWA] non è sufficiente, e spesso rimangono affamati… Questi combattenti della resistenza [fedayeen] hanno rifiutato la sua richiesta e hanno insistito per prendere il permesso, con gli occhi pieni di lacrime… Hanno strappato il permesso dell’uomo, sentendosi in imbarazzo”.

Sacrificio e abnegazione 

Ibrahim si rende conto fin da subito di aver bisogno di denaro per proseguire gli studi e andare avanti nella vita. Impara a costruire, lavorando a fianco di un amico professionista, per poi diventare lui stesso un professionista e un imprenditore. Quando Ibrahim si diploma, si rifiuta di viaggiare al di fuori del suo Paese per l’istruzione, o anche di lasciare la Striscia di Gaza per frequentare l’Università di Birzeit in Cisgiordania. Sceglie invece di studiare all’Università islamica di Gaza, che all’epoca non aveva nemmeno un edificio proprio. La moglie dello zio disapprova la sua decisione, sostenendo che l’Università islamica si qualifica a malapena come istituto di istruzione, e lo esorta a studiare all’estero come i suoi cugini. Tuttavia, Ibrahim sceglie l’Università islamica perché costa appena la metà di quanto costerebbe studiare all’Università di Birzeit, per non parlare delle spese per studiare in Egitto. Nonostante l’occupazione abbia assediato l’università e ne abbia impedito la costruzione,”non ha potuto ostacolare la volontà di conoscenza e di istruzione di un popolo”. Ibrahim, e con lui Ahmad e altri, continuano a studiare all’Università islamica in tende e rifugi di fronde di palma. “Ibrahim era uno studente e un attivista trasformato in imprenditore; lui e alcuni studenti rispettabili, con l’aiuto di centinaia di noi, hanno costruito aule… imponendo così una nuova realtà all’occupazione”.

Ibrahim sceglie di investire il suo denaro nell’università locale della sua città natale e risparmia la maggior parte del suo denaro per comprare un’auto che userà per il suo lavoro politico e il suo attivismo. Investe anche i suoi sforzi e le sue energie nella costruzione e nello sviluppo dell’università, fino a farla diventare un’istituzione adeguata agli standard richiesti. Ibrahim sacrifica la sua salvezza e il suo avanzamento individuale per il bene della sua famiglia e della comunità. Quando un individuo trascende le ambizioni personali e le politicizza, il significato della sua esistenza diventa necessariamente legato alla salvezza collettiva. Questo immerge l’individuo nel miglioramento della condizione collettiva che è gravata da vincoli, richiedendo di esercitare tutti gli sforzi necessari per il raggiungimento di tale scopo.

Ciò li spinge ad affrontare la realtà in modo professionale, compreso l’adempimento di compiti importanti come la formazione di sistemi e la creazione di infrastrutture necessarie per il loro obiettivo.

Alla fine, Ibrahim costruisce un’istituzione educativa che istruirà tutti coloro che, non potendosi permettere le spese di viaggio e le quote di altre università, sarebbero stati privati di un’istruzione. In questo modo, Inrahim salva intere generazioni dalla trappola dell’ignoranza, dell’ozio e spesso della collaborazione con il nemico che li attira con il denaro. Il personaggio ha persino sfidato l’occupazione e ha investito il suo denaro e i suoi sforzi nella creazione di un’istituzione che plasmerà le generazioni sui valori e sui principi del Movimento di resistenza islamica (Hamas), formando un centro per il lavoro e l’attività politica di emancipazione. Il romanzo illustra come  un’educazione al valore del sacrificio individuale crei un individuo autonomo nella sua pratica politica, disposto a compiere ogni sforzo necessario per realizzare le aspirazioni nazionali. La persona che si fa da sé è un principio fondamentale rafforzato da questi valori islamici nel rapporto tra l’individuo palestinese e la sua liberazione, che lo rende abile nel costruire e stabilire un’entità politica.

La resistenza e l’arte dell’ascesa politica 

Ibrahim ha un fratello maggiore di nome Hassan. Hassan ha scelto la salvezza individuale fin dalla giovinezza; è fuggito a”Tel Aviv”per vivere alla mercé di una ragazza”israeliana”e della fabbrica del padre, finché l’attività del padre non è crollata e lei lo ha cacciato dal suo appartamento. È stato quindi costretto a tornare a Gaza e al campo. Tuttavia, poiché Hassan è incline alla propria salvezza personale, finisce per diventare un collaboratore locale e un corruttore nella sua comunità. Questo porta una cattiva reputazione alla famiglia e porta rovina, caduta e deterioramento politico al Paese e alla causa, turbando la vita di Ibrahim. Un giorno, Ahmad è sorpreso di trovare tra le carte di Ibrahim un meticoloso rapporto di intelligence su Hassan. Ahmad osserva:”Il rapporto non è opera di ragazzini o di dilettanti, ma di persone che sanno quello che fanno”. Il rapporto indica l’esistenza di un avanzato apparato di intelligence palestinese costruito dalla resistenza, di cui Ibrahim fa parte. Il collegamento diretto di Ibrahim al problema del fratello Hassan lo spinge a creare un sistema di sicurezza completo per identificare i collaboratori, studiare i loro metodi e affrontarli senza che il nemico si accorga dell’esistenza di tale sistema. Alla fine, Ibrahim uccide Hassan ma, grazie alle sue conoscenze, lo fa senza lasciare alcuna prova.

Il romanzo chiarisce che la padronanza della costruzione di un’entità politica richiede una conoscenza profonda e completa della propria realtà in tutti i suoi aspetti, compresa la conoscenza necessaria per assicurare la continuità, la protezione e la garanzia della propria pratica politica e del processo di liberazione, ovvero della resistenza. Il romanzo fa emergere concetti fondamentali in questo contesto, come gli “uccelli”, che sono spie piazzate dall’occupazione tra i prigionieri per estorcere confessioni ai detenuti. Senza la consapevolezza di questo termine, Ahmad sarebbe potuto cadere nella trappola, incriminarsi, confermando alle autorità il coinvolgimento di Ibrahim nell’omicidio di Hassan e smascherando il loro sistema volto a catturare ed eliminare i collaboratori. Questo avrebbe ostacolato il percorso di lotta di Ibrahim, che ha ottenuto guadagni politici per la comunità e ha sviluppato il movimento di resistenza. Pertanto, questa conoscenza li ha aiutati a mantenere la coerenza dei loro racconti durante gli interrogatori, senza bisogno di un coordinamento preventivo.

Il romanzo si concentra sull’educazione alla sicurezza, sullo sviluppo di un “acume per la sicurezza” da parte dell’individuo palestinese. Questo concetto è definito come il sentimento e la sensazione che nasce dentro  di sé, basandosi su ragioni e fattori situazionali che portano ad anticipare gli eventi prima che si verifichino, con l’obiettivo di prevenirli e respingerli se danneggiano la nazione e le sue conquiste [7].

L’acume per la sicurezza, così come viene presentato, protegge l’individuo e l’intera comunità, assicurando la capacità della comunità di continuare a resistere e a progredire politicamente senza essere facile preda o esporre al fallimento il proprio progetto di liberazione. L’acume per la sicurezza permette agli individui non coinvolti di evitare il pericolo senza mettere a rischio quelli che lo sono; serve come bussola per l’organizzazione e il coordinamento senza la necessità di una comunicazione diretta tra gli individui, evitando così il rischio di esporre tale comunicazione. Questo pricipio permette alla comunità di continuare, sostenere e organizzare la lotta con ripercussioni minime, soprattutto se si considera che l’occupazione prende di mira l’organizzazione e l’ordine tra le persone palestinesi, punendo tali atti con lunghe e irragionevoli pene detentive. Ahmad potrebbe non essere così desideroso di Jihad come Ibrahim, il che potrebbe indicare il riconoscimento da parte dell’autore dei diversi ritmi con cui gli individui sviluppano questa capacità di confronto o dei diversi ruoli che ricoprono. Tuttavia, l’acume per la sicurezza, secondo l’autore, è una necessità e un principio esistenziale per l’armonia di questi ruoli e la completezza di questa ascesa politica.

Forse il romanzo stesso è un tentativo di costruire questa consapevolezza della sicurezza nell’individuo palestinese, che comprende la conoscenza del processo e del lavoro della resistenza, le sue condizioni e i suoi metodi, le esperienze e gli errori dei combattenti della resistenza, le tattiche dei collaboratori, i loro comportamenti e i modi in cui vengono reclutati e costretti a fare il loro”lavoro”. L’impatto di questa mentalità è evidente in un risultato impressionante con i bambini di Gaza, che in uno spettacolo a telecamere nascoste si rifiutano di rispondere a qualsiasi domanda o anche solo di discutere di argomenti relativi ai tunnel o ai siti militari di Gaza. Il loro accume per la sicurezza riflette forse la visione dell’autore per la società palestinese, che Ibrahim chiama”escalation e continuità”. Come spiega egli stesso, questo binomio significa mantenere e continuare la vita quotidiana non solo”in un modo che non contraddica l’intifada in corso”, ma anche che faccia dell’intifada”la spina dorsale dello stile di vita palestinese”, a cui si adattano le altre attività della vita, tra cui, naturalmente, la procreazione e la formazione della famiglia; avere figli. Cioè, costruire una società che porti con sé l’esperienza della resistenza in grado di ripeterla e di intensificarla per realizzare altri obiettivi politici fino a quando il popolo palestinese non raggiungerà la piena sovranità sulla propria vita.

Nella sua filosofia esistenziale, Nietzsche invita gli individui a plasmare la propria vita in un modo che ritengano soddisfacente, cosí che, se fossero costretti a ripetere eternamente il loro ciclo di vita, sarebbero soddisfatti e contenti della ripetizione dell’esperienza che hanno creato, questo porterà loro ascendenza, libertà e auto-sovranità [8]. Allo stesso modo, la filosofia esistenziale proposta da Sinwar nella sua visione del lavoro politico attraverso il Movimento di Resistenza Islamica (Hamas) mira a produrre individui che intensificano automaticamente le condizioni di resistenza e liberazione in ogni luogo e tempo, ognuno dalla propria posizione e secondo le proprie capacità e abilità.

In questo contesto, il romanzo narra l’evoluzione della condizione delle armi nel contesto della resistenza, la più severa e difficile che sia mai esistita; essa è iniziata con dei bambini che lanciavano pietre ed è stata poi sviluppata da giovani di diversa provenienza e specialità. Ad esempio, il romanzo descrive come lo studente Yahya, spinto dalla propria iniziativa, scava nel suo libro di chimica alla ricerca di qualche equazione per poi inventare la cintura esplosiva, le autobombe e i successivi metodi di operazioni di martirio. Si passa poi attraverso gli anni di esperienza dei combattenti della resistenza, che si sono accumulati fino a quando le Brigate al-Qassam, l’ala militare del movimento Hamas, hanno finalmente ottenuto un’infrastruttura di razzi e artiglieria in grado di bombardare a lungo raggio.

Sinwar ritiene che la presenza di concetti come l’ascetismo, il sacrificio, l’abnegazione e l’acume per la sicurezza nella formazione degli individui crei in loro una spinta interiore alla resistenza non influenzata da pressioni esterne o, in altre parole: la volontà di resistere. Per lui, la resistenza inizia con la responsabilità di ciascun individuo nei confronti della propria libertà politica, con il suo impegno nell’immaginare il percorso per raggiungerla e con la marcia calcolata verso di essa, ciascuna persona in base alle proprie circostanze e capacità, qualunque esse siano, indipendentemente da quanto difficili o lontani possano sembrare i propri obiettivi.

L’esperienza di Sinwar, che si è liberato da una condanna a 426 anni di carcere”israeliano”per guidare la più grande rivoluzione della sua storia, è un’applicazione diretta di una filosofia basata sulla pianificazione professionale: piani a lung termine per obiettivi lontani. La sua rivoluzione, definita dai media “israeliani”come”il più grande inganno  dell’intelligence nella storia di Israele”, è iniziata con Sinwar che ha investito i suoi anni di prigionia per padroneggiare il linguaggio del suo nemico e manipolarlo in modo da poter un giorno emergere e affrontarlo. Questa è la filosofia della persona che si è fatta da sé nella resistenza che egli propone: la capacità di produrre resistenza anche in sua assenza. Forse la frase del martire Yahya Ayyash (1966-1996), noto come l’Ingegnere della Resistenza, riassume eloquentemente tutto questo:”Possono sradicare il mio corpo dalla Palestina, ma io voglio piantare qualcosa nel popolo che non possono sradicare”.

Questo articolo è stato tradotto dall’originale in lingua araba da Resistance News Network (RNN). Seguite RNN su t.me/PalestineResist per aggiornamenti in diretta sulla resistenza.

traduzione in italiano del collettivo @IN.PALESTINA

 

Note:

[1] Lukács, Georg. The Historical Novel. Lincoln: University of Nebraska Press, 1983.

عصامّية [2]معجم المعاني، ر.ف. ”“.

عصامّيون ال عظامّيون“. الجزيرة. 2018-10-25 [3]مقراني، خولة. ”

[4] Nietzsche, Friedrich. Thus Spoke Zarathustra: A Book for Everyone and No One. Penguin Classics, 1961.

[5] Nietzsche, Friedrich. The Will to Power. Penguin Classics, 2017.

عصامّيون ال عظامّيون“. الجزيرة. 2018-10-25 [6]مقراني، خولة. ”

د. سعيد، محمود، د. الحرفش، خالد. مفاهيم أمنّية. )الرياض: إدارة [7] .العالقات العاّمة واإلعالم، الطبعة األوىل، 1431هـ – 2010م(

[8] Nietzsche, Friedrich. The Gay Science. New York: Vintage, 1974.