Nel villaggio di Burin, in Cisgiordania, gli aquiloni sono una forma di resistenza

Nel villaggio di Burin, appena fuori Nablus, dove gli insediamenti si avvicinano da quasi ogni lato, far volare gli aquiloni è un atto di resistenza.

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Di Anna Lippman, 29 luglio 2024

Immagine di copertina: Il festival degli aquiloni nel villaggio di Burin, in Cisgiordania. (Foto: Anna Lippman)

Tutto intorno a me sento le risate dei bambini e vedo i loro volti sorridenti mentre fanno volare gli aquiloni. È difficile credere che solo poche ore prima, più di 700 ulivi sono stati dati alle fiamme. Nel villaggio di Burin, appena fuori Nablus, dove gli insediamenti si avvicinano da quasi ogni lato, far volare gli aquiloni è un atto di resistenza. È per questo che Burin organizza ogni anno un festival degli aquiloni, affinché la comunità locale possa unirsi nella gioia e nella resistenza. Questo è il diciannovesimo festival degli aquiloni, anche se il festival non si è tenuto ogni anno consecutivamente a causa di circostanze come il COVID e la violenza dei coloni.

Quando siamo arrivati Ghassan, l’organizzatore del festival, ha spiegato la storia del festival. Ghassan è stato arrestato due volte per aver organizzato il festival degli aquiloni. Solo l’anno scorso, tre aquiloni sono stati abbattuti dai coloni israeliani. Questi episodi di violenza dei coloni e repressione statale non sono nuovi per Ghassan o per gli altri residenti di Burin.

Situato nel nord della Cisgiordania occupata, nella regione di Nablus, Burin è abitato da circa 3.000 persone. Annidato tra colline ondulate e noto per la produzione di olive, la principale fonte di reddito di Burin è l’agricoltura, soprattutto dopo che in ottobre Israele ha revocato i permessi di lavoro palestinesi all’interno dei confini del ’48. Burin è maggiormente conosciuto per la produzione di olive, che avviene verso la fine dell’autunno. Anche se quasi ogni anno è difficile raccogliere le olive, quest’anno molti abitanti del villaggio non sono riusciti nemmeno a visitare i loro uliveti, per paura di essere colpiti dai coloni-soldati. Tuttavia, Ghassan è riuscito a trovare per me un po’ di olio d’oliva da una famiglia locale da acquistare.

Burin è incastonato tra due insediamenti che continuano a cercare di accaparrarsi sempre più terra. Da un lato c’è l’insediamento illegale di Yitzhar. Dall’altro lato, l’insediamento illegale di Har Brakha. Entrambi fondati nei primi anni ’80, iniziarono come piccoli avamposti e poi crebbero fino a diventare grandi insediamenti con una reputazione di ideologia di destra e la violenza che l’accompagna. Ghassan parla del suo amico Massoud, che è l’unico abitante del villaggio a vivere dall’altra parte dell’autostrada (costruita attraverso il villaggio per uso dei coloni), e che ha costruito la sua casa negli anni ’60. Per due decenni la sua famiglia ha goduto di una grande area di pascolo per il suo gregge, molto spazio per i suoi ulivi e una grande casa per la sua famiglia in continua espansione. Ora, direttamente sotto l’insediamento e isolato dal resto del villaggio dall’autostrada 60, l’unica autostrada in Cisgiordania, quello che una volta era una zona idilliaca e tranquilla si è trasformata nel suo inferno personale.

Ghassan stesso fu imprigionato per la prima volta quando aveva quindici anni. Per quattro mesi fu tenuto in isolamento. Dice che  usò quel tempo per scrivere tutti i suoi piani per il festival degli aquiloni. Schizzare i dettagli della sua visione è ciò che lo ha tenuto in vita durante l’isolamento. Sono colpita da Ghassan mentre parla. Il suo spirito arguto rompe la tensione mentre fa battute tra una condivisione e l’altra di storie di immenso dolore e sofferenza.

Ghassan menziona un bambino del villaggio che vuole anche farci intervistare. Spiega che all’inizio di quest’anno, il bambino di dieci anni ha visto il suo migliore amico di nove anni ucciso davanti a lui dai coloni-soldati. Ora ha paura di uscire di casa, esce solo una volta a settimana, quando Ghassan lo prende per giocare a calcio. Speriamo che partecipi al festival, ma non so se ce la farà.

Di solito partecipano famiglie del vicino campo profughi di Balata, ma quest’anno erano troppo preoccupate per viaggiare. Con nuovi posti di blocco che spuntano quasi quotidianamente, viaggiare anche tra villaggi vicini può lasciare le persone bloccate, arrestate o addirittura morte. Moussad, un abitante che vive direttamente sotto l’insediamento, non può partecipare al festival. Da ottobre, non ha potuto lavorare né uscire di casa perché deve costantemente difendere la sua casa e la sua famiglia dai coloni che cercano di danneggiarla e e quindi di cacciarlo. Anche se vive a pochi minuti di distanza, i coloni-soldati si rifiutano di lasciargli portare i suoi figli da una parte all’altra del villaggio. Ghassan ci invia un video dei suoi due bambini che giocano da soli nel giardino. Non capiscono perché non possono andare a giocare con gli altri bambini. Solo in Palestina far volare un aquilone è considerato un crimine.

La bandiera palestinese sventola al festival degli aquiloni nel villaggio di Burin, in Cisgiordania. (Foto: Anna Lippman)

Anna Lippman è una emigrata ebrea Ashkenazi di terza generazione su Turtle Island. È una studentessa di dottorato nel dipartimento di Sociologia presso la York University.

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org