La guerra di Gaza non è importante solo per Netanyahu, ma anche per il futuro stesso del campo di estrema destra israeliana.
Fonte: English version
Di Ramzy Baroud – 5 agosto 2024
L’idea che la guerra a Gaza sia essenzialmente condotta e sostenuta dal Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu domina da tempo l’analisi politica sull’argomento.
L’idea è spesso mantenuta viva dall’opinione pubblica all’interno di Israele.
La maggior parte dei sondaggi realizzati dall’inizio dell’attacco israeliano a Gaza suggeriscono che la stragrande maggioranza degli israeliani crede che le decisioni di Netanyahu siano motivate da interessi personali, politici e familiari.
Questa conclusione, tuttavia, è troppo conveniente e non del tutto esatta. Si presuppone erroneamente che il popolo israeliano si opponga alla guerra di Netanyahu a Gaza, anche se, in realtà, finora ha approvato tutte le tattiche utilizzate dall’esercito israeliano.
Ad esempio, a più di 300 giorni dall’inizio del conflitto, il 69% di tutti gli israeliani sostiene le disperate tattiche di omicidio di Netanyahu, inclusa l’uccisione del leader politico di Hamas Ismail Haniyeh a Teheran il 31 luglio.
Anche se la decisione di Netanyahu di prendere di mira un leader politico riflette il suo fallimento e la sua disperazione, come spiegare l’entusiasmo del popolo israeliano per l’espansione del cerchio della violenza?
La risposta non sta negli eventi del 7 ottobre. Infatti, è tempo di iniziare a pensare oltre i confini della teoria della vendetta, che ha dominato la nostra comprensione e analisi dell’assalto israeliano a Gaza.
Per anni prima dell’attuale guerra, Israele si è spostato lentamente verso destra ed estrema destra, con un estremismo politico che ha superato quello di qualsiasi generazione di leader del Paese a partire dalla Pulizia Etnica dei palestinesi nel 1948.
Secondo un sondaggio dell’Istituto Israeliano per la Democrazia, pubblicato nel gennaio 2023, il 73% degli israeliani di età compresa tra i 18 e i 24 anni si identificano come “di destra”.
Considerando che anche gli attuali ministri israeliani Itamar Ben-Gvir, Bezalel Smotrich e Orit Strook sono classificati come “di destra”, si può concludere che la maggioranza dei giovani israeliani praticamente si identifica come estremisti di destra.
Questi giovani sono il motore dell’esercito israeliano e del Movimento dei Coloni. Sono loro che portano avanti gli attacchi a Gaza, i Pogrom quotidiani in Cisgiordania e che servono come soldati di fanteria per le diffuse Campagne di Razzismo contro le comunità arabe palestinesi all’interno di Israele.
Ci sono un buon numero di analisti che hanno cercato di spiegare come Israele sia diventata una società decisamente di destra, e come i giovani, in particolare, siano diventati i guardiani della versione israeliana del Nazionalismo suicida.
La spiegazione, tuttavia, è semplice. L’estremismo di estrema destra di Israele è solo una naturale evoluzione dell’ideologia sionista, che, nelle sue forme più “liberali”, è sempre stata basata sull’Odio Etnico, su un senso di Supremazia Razziale e sulla Violenza Sistematica.
Sebbene il Sionismo Ideologico, in tutte le sue manifestazioni, seguisse essenzialmente la stessa traiettoria del Colonialismo di Insediamento e della Pulizia Etnica, esisteva un conflitto tra i vari segmenti della società israeliana.
I cosiddetti liberali, rappresentati dai vertici dell’esercito, dagli ambienti economici e da alcuni gruppi politici centristi e di sinistra, hanno lavorato per mantenere l’equilibrio tra un Regime Coloniale e di Apartheid nella Palestina Occupata e un ordine liberale selettivo che si applica solo agli israeliani.
L’estrema destra aveva altre idee. Per molti anni, il campo della destra israeliano, guidato da Netanyahu, ha percepito i suoi nemici ideologici all’interno di Israele come traditori anche solo per aver osato impegnarsi in un “processo di pace” con i palestinesi, anche se quel processo era una facciata, tanto per cominciare.
La destra voleva garantire che la contiguità territoriale tra il cosiddetto “Israele vero e proprio” e gli insediamenti ebraici illegali non fosse solo fisica ma anche ideologica. È così che i coloni si sono spostati lentamente, nel corso degli anni, dai margini della politica israeliana al centro.
Tra aprile 2019 e novembre 2022, in Israele si sono svolte cinque elezioni generali. Sebbene l’attenzione della maggior parte sia rimasta fissa sul ruolo di Netanyahu nel dividere la società israeliana, le elezioni, in realtà, sono state una battaglia storica tra i gruppi ideologici israeliani per determinare il futuro del Paese e la direzione del sionismo.
Nelle elezioni più recenti, gli estremisti di estrema destra hanno vinto, formando il governo israeliano più stabile degli ultimi anni. Mentre la destra si preparava a riconfigurare definitivamente Israele, le sue istituzioni politiche, educative, militari e, soprattutto, giudiziarie, è arrivato l’attacco del 7 ottobre.
Inizialmente, l’assalto di Hamas e le sue conseguenze hanno rappresentato una sfida per tutti i segmenti della società israeliana: l’esercito umiliato, l’intelligence degradata, i politici mortificati, i media confusi e le masse arrabbiate.
Ma la sfida più grande l’ha affrontata l’estrema destra, che stava per plasmare il futuro di Israele per generazioni. Pertanto, la guerra di Gaza non è importante solo per Netanyahu, ma anche per il futuro stesso del campo di estrema destra israeliano, il cui intero programma politico e ideologico è stato distrutto, molto probabilmente al di là di ogni salvezza.
Ciò dovrebbe aiutare a spiegare le evidenti contraddizioni presenti nella società israeliana, ad esempio la sfiducia nelle motivazioni di Netanyahu, ma anche la fiducia nella guerra stessa; la critica diffusa del suo fallimento complessivo, ma anche l’approvazione delle sue azioni, e così via.
L’apparente confusione non può essere spiegata semplicemente con la capacità di Netanyahu di manipolare gli israeliani. Anche se la destra israeliana ha perso ogni fiducia nel Primo Ministro, senza di lui come figura unificante, tutto è perduto: non solo le possibilità del campo di estrema destra di riscattarsi, ma anche il futuro stesso del sionismo.
Ramzy Baroud è un giornalista e redattore di The Palestine Chronicle. È autore di sei libri. Il suo ultimo libro, curato insieme a Ilan Pappé, è “La Nostra Visione per la Liberazione: Leader Palestinesi Coinvolti e Intellettuali Parlano”. Ramzy Baroud è un ricercatore senior non di ruolo presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), dell’Università Zaim di Istanbul (IZU).
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org