Gli Alleati hanno fallito nella denazificazione dell’Europa, non riuscendo a smantellare le fondamenta politiche che condividevano con il regime nazista. Gli europei non devono ripetere quell’errore.
Fonte: English version
Di Alain Alameddine e Nira Iny – 7 agosto 2024
Immagine di copertina: l primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu incontra il cancelliere tedesco Olaf Schulz a Berlino il 16 marzo 2023. (Foto: Ufficio del primo ministro israeliano/APA Images)
Il fermo sostegno della Germania al genocidio in Palestina solleva la domanda: come è possibile che il paese noto per il suo presunto confronto con la colpa del genocidio passato, stia ripetendo errori così simili? Comprendere cosa sia il nazismo — non i crimini che ha commesso, ma la sua stessa natura come visione sociopolitica — ci aiuta a capire come e perché gli Alleati abbiano deliberatamente fallito nella denazificazione della Germania e perché lo spettro del fascismo continui oggi a perseguitare la Palestina, l’Europa e il mondoi. Ci aiuta anche a capire come la soluzione sia nelle nostre mani.
Comprendere i pilastri fondamentali del progetto politico nazista
Il nazismo non è un impulso criminale apolitico, ma un progetto politico criminale costruito su tre pilastri fondamentali: la politicizzazione dell’identità, il colonialismo e il capitalismo.
Tutti gli stati fanno una distinzione tra cittadini e non cittadini. Il nazismo, tuttavia, ha costruito una separazione tra interni ed esterni sulla base dell’identità, escludendo i cittadini tedeschi dalle identità che considerava indesiderabili. È interessante notare che, nella formulazione del loro programma politico, i leader nazisti si riferirono alla legislazione segregazionista americana. Libri come il “National Socialist Handbook for Law and Legislation of 1934-1935” e “Race Law in the United States” di Heinrich Krieger del 1936 si basavano fortemente sul precedente americano, non trovando in nessun’altra nazione modelli comparabili per la legislazione razziale. La ricerca di Krieger ispirò le leggi di Norimberga, che portarono in vigore la discriminazione del primo partito nazista contro ebrei, rom, e neri tedeschi.
La politicizzazione dell’identità nel nazismo si esprimeva anche in modo colonialista, traendo, ancora una volta, ispirazione diretta dall’espansione verso ovest degli Stati Uniti nella strategia per la conquista della Polonia e dei suoi vicini slavi. Hitler stesso studiò attentamente l’eugenetica americana e adottò una propaganda simile per giustificare i genocidi del suo partito. In effetti, l’espansionismo nazista e la pulizia etnica non erano nulla di nuovo per le nazioni europee; la differenza era che altri, come Italia, Spagna, Francia, Paesi Bassi e Regno Unito, colonizzarono, schiavizzarono e orchestrarono genocidi principalmente al di fuori dell’Europa. Agli occhi degli europei, il peccato della Germania nazista sembra non essere stato il suo progetto coloniale in sé, ma dove e su chi è stato imposto.
Il nazionalsocialismo, “socialismo nazionale”, non era affatto socialismo; piuttosto, era profondamente ed essenzialmente capitalista. Il capitalismo ha giocato un ruolo diretto nell’ascesa al potere di Hitler. La Grande Guerra in Europa si era conclusa con pesanti restrizioni sul controllo del carbone da parte della Germania e sulle dimensioni del suo esercito, influenzando pesantemente la sua industria. Era nell’interesse degli industriali capitalisti sostenere il programma politico nazista che prometteva di sfidare queste restrizioni e anche di proteggerli dalla crescente “minaccia” comunista alla loro proprietà privata dei mezzi di produzione industriale. Essi finanziarono la propaganda e le campagne politiche del partito nazista, fecero pressioni sul Presidente Hindenburg affinché nominasse Hitler Cancelliere, e approvarono la “Legge dei Pieni Poteri” che cementò la dittatura di Hitler. Non a caso, i capitalisti industriali tedeschi godevano di una stretta relazione con gli Stati Uniti, non solo prima della guerra (oltre cento società statunitensi avevano interessi in Germania, compresi i suoi sforzi di riarmo), ma anche durante (aziende statunitensi come IBM continuarono a sostenere la produzione bellica della Germania, che in realtà si espanse sotto i bombardamenti alleati, e che, come il Segretario del Tesoro degli Stati Uniti Morgenthau notò, risparmiava in gran parte le fabbriche tedesche) e dopo (gli industriali tedeschi che avevano pesantemente investito nel regime nazista e utilizzato il lavoro schiavo dei campi di concentramento ricevettero non più di una pacca sulla spalla).
Gli Alleati hanno denazificato la Germania?
La vittoria degli Alleati sui nazisti ha sollevato la questione di come denazificare la Germania. Invece di riconoscere le relazioni di potere identitarie, coloniali e capitaliste che avevano reso possibile il nazismo e implementare un programma politico volto a smantellare queste relazioni, scelsero di concentrarsi sui crimini che ne erano derivati.
Questo era necessario per l’autoconservazione poiché, come abbiamo visto, gli Alleati erano essenzialmente colpevoli delle stesse forme di violenza politica. Per citare a riguardo il docente ugandese, autore e commentatore politico Mahmoud Mamdani: “Interpretando il nazismo in modo ristretto come una serie di crimini commessi dai tedeschi piuttosto che come un’espressione di nazionalismo, le Potenze Alleate si sono protette e hanno protetto i loro cittadini dallo scrutinio… per evitare di dover rendere conto della loro stessa violenza nazionalista in patria e nelle loro colonie… limitando la colpevolezza ai tedeschi, gli Alleati hanno risparmiato i loro concittadini che avevano collaborato con i nazisti. Se invece il nazismo fosse stato compreso come un progetto politico, tutte queste scomode — ma vitali — verità sarebbero state messe sul tavolo, potenzialmente portando a una rivoluzionaria riorganizzazione dell’organizzazione politica moderna.”
Il fallimento della denazificazione e i suoi effetti sull’Europa e sulla Palestina
La cortina di fumo del programma nominale di denazificazione degli Alleati ha preservato e approfondito la normalizzazione delle componenti capitaliste e colonialiste nella più ampia coscienza sociopolitica europea. Scegliere di ritenere la Germania responsabile come paese e popolo invece del nazismo come programma politico (che fu opposto da alcuni tedeschi e sostenuto da alcuni non tedeschi) fu di per sé una ripetizione identitaria. La politicizzazione dell’identità, lo strumento centrale che il colonialismo usa per frammentare le società, divenne radicata in Europa a suo detrimento.
Questo radicamento delle mentalità identitarie è tra i fattori che animano la recente ascesa dell’estrema destra in Europa oggi. Ad esempio, i Democratici Svedesi (un partito di estrema destra) osservano un tasso di criminalità più elevato nei quartieri popolati da immigrati più recenti. La vera ragione di questo tasso di criminalità più elevato potrebbe essere la minore qualità dei servizi sociali in questi quartieri, ma invece viene incolpata l’identità degli immigrati. D’altro canto, la sinistra europea spesso cade nella stessa trappola, offrendo un sostegno incondizionato ai gruppi identitari emarginati invece di affrontare le radici politiche dei problemi che affrontano. In altre parole, questa trappola trasforma “noi contro loro” in “noi con loro”, rafforzando la divisione tribale di “noi e loro”.
Il fallimento nel depoliticizzare l’identitarismo in Europa ha anche reso possibili guerre, incluse guerre civili, basate sull’assunzione che l’identità debba determinare i confini in cui si vive, il che significa che stati e società dovrebbero idealmente essere monoetnici. La frammentazione di Cipro lungo linee etniche o quella della Jugoslavia in Kosovo musulmano, Croazia cattolica e Serbia ortodossa sono esempi salienti. Più recentemente, la Russia ha invocato l’etnicità degli ucraini orientali per giustificare la sua guerra lì.
Il sostegno dell’Europa al sionismo è anche una ripetizione identitaria. Invece di offrire compensazione a tutte le vere vittime del nazismo, compresi, ovviamente, gli ebrei europei danneggiati, e liberarsi dalla separazione dei nazisti nei confronti degli ebrei, l’Europa ha accettato i presupposti del nazismo e ha compensato il movimento sionista che affermava di rappresentare la volontà di tutti gli ebrei nel mondo, materializzato in Israele, il cosiddetto “stato nazione del popolo ebraico [dove] la realizzazione del diritto all’autodeterminazione nazionale è esclusiva del popolo ebraico”. E così l’Europa ha reso possibile, persino causato, la partizione e la pulizia etnica della Palestina, fino all’olocausto odierno. Il fatto che gli antisemiti condividano la visione settaria dell’identità ebraica propria del sionismo fa luce sul perché Herzl disse che “gli antisemiti sono alleati del sionismo”. C’è qualche differenza fondamentale se a dire che “gli ebrei non hanno futuro in Europa” è stato Hitler, Netanyahu o il rabbino della Grande Sinagoga di Parigi?
Il sostegno della Germania al genocidio a Gaza condivide quindi le stesse radici sociopolitiche del sostegno per altri genocidi perpetrati dall'”Occidente” nel corso della sua storia. Gli Alleati hanno fallito nella denazificazione dell’Europa non riuscendo a smantellare le fondamenta politiche che le loro stesse nazioni condividevano con il regime nazista. Gli europei non devono ripetere quell’errore. Denazificare l’Europa oggi significa stabilire stati che siano strumenti funzionali per amministrare gli affari della società piuttosto che stati che armano le identità, interiormente o esteriormente. Questo può essere realizzato solo da movimenti politici che non si limitano a trattare i sintomi di una governance eticamente scorretta, ma che riconoscono la politicizzazione dell’identità, il colonialismo e il capitalismo come i mali sottostanti. Tali movimenti devono lottare per nientemeno che il completo sconvolgimento degli ultimi centinaia di anni di storia europea — un’impresa che renderà possibile un’Europa libera, una Palestina libera e un mondo libero.
Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestina.org