La cancellazione simbolica, ovviamente, non è così dannosa come la cancellazione fisica, ma la rende possibile. Una vita che principalmente non è altro che un artificio retorico: è una vita che non c’è nessun problema ad annientare.
Fonte: English version
Di Yoana Gonen – 21 agosto 2024
La richiesta del Procuratore di Stato per quanto riguarda la possibilità di un’indagine penale contro il cantante Eyal Golan, in seguito all’appello di Golan a “cancellare completamente Gaza”, ha scatenato una tempesta. Da un lato, vale sicuramente la pena chiedersi perché la Procura di Stato abbia scelto proprio Golan, ignorando completamente le dichiarazioni Genocide di decine di politici, ufficiali militari e giornalisti, che si sono svenati con fantasie morbose sul distruggere e radere al suolo Gaza e privare tutti i suoi residenti di cibo e acqua.
D’altronde vi rassicuro: Eyal Golan non corre alcun pericolo, e chi è uscito indenne da un caso di sfruttamento sessuale di minorenni non andrà certamente in prigione per incitamento contro i palestinesi. Chiunque abbia vissuto in Israele per più di due ore capisce che questa “indagine” è semplicemente uno spettacolo di fumo e specchi a beneficio dei giudici all’Aja e degli zii d’America, come se Israele si occupasse seriamente di Crimini di Guerra e di Incitamento al Genocidio. Quindi, non c’è bisogno che un gruppo di repubblicani ficchi il naso e tiri fuori idee stravaganti come le convenzioni internazionali e la dignità umana.
Sollevare la possibilità di indagare su Golan era così sconcertante che la rivolta contro di esso copriva l’intero spettro politico, dal parlamentare del Sionismo Religioso e golpista giudiziario Simcha Rothman al parlamentare palestinese Ahmad Tibi, anche se per ragioni opposte (azzarderei l’ipotesi che Tibi creda che molti altri che hanno incitato al Genocidio a Gaza dovrebbero essere condannati, mentre Rothman ritiene che nessun ebreo dovrebbe essere perseguito, perché “l’incitamento” è un reato coinvolgente che solo gli arabi possono commettere).
Tra le tante risposte ne spicca una particolarmente idiota, quella di Attila Somfalvi, già opinionista di Ynet e ora consulente media con vaghe aspirazioni politiche. “Ecco qualcosa di nuovo degno di indagine”, ha scritto Somflavi, “espresso qui come risultato della decisione infondata del Pubblico Ministero: Cancellare Gaza! Vengano a indagare su di me”. Non c’è bisogno di lodare Somflavi per la sua audacia: sa benissimo che lo Stato dà totale appoggio a coloro che chiedono la cancellazione di Gaza, e di fatto anche a coloro che la cancellano fisicamente. Se fosse stato così ansioso di difendere la libertà di espressione con il suo corpo, forse si sarebbe battuto per i cittadini arabi palestinesi che sono stati licenziati, arrestati e picchiati negli ultimi mesi per cose perfettamente legali, ad esempio, un post sui social media che diceva: “L’occhio piange per Gaza”, una maglietta con scritte in arabo e manifestazioni nonviolente contro la guerra.
Ma il post di Somflavi non è solo patetico, è pericoloso. Trasforma la sopravvivenza fisica di due milioni di persone in niente più che un artificio retorico in un dibattito teorico sui diritti degli ebrei (proprio come un appello a “gasare tutti gli ebrei” in nome della libertà di espressione trasformerebbe i veri ebrei in una questione astratta).
Questo post banale rappresenta un fenomeno molto più ampio: la completa cancellazione dei palestinesi dalla coscienza israeliana. È stato come il modo in cui il Presidente Isaac Herzog ha condannato il Pogrom di Jit, che secondo lui ha danneggiato “l’intero progetto di insediamento” e “l’immagine di Israele”, senza una parola sul danno reale subito dai palestinesi che hanno cercato di bruciare vivi. Allo stesso modo, l’ex Ministro degli Esteri Tzipi Livni ha scritto che “pensano di bruciare le case palestinesi, ma stanno bruciando le fondamenta su cui è stata fondata la Casa Nazionale per il popolo ebraico”, come se le case palestinesi in fiamme fossero un’illusione immaginaria e non il nocciolo della questione.
Trattare la vita dei palestinesi come se fossero un popolo immaginario, o tutt’al più un problema di pubbliche relazioni, trasforma milioni di persone in figure spettrali che non hanno alcuna esistenza o importanza al di là del modo in cui illuminano il dibattito ebraico interno. La cancellazione simbolica, ovviamente, non è così dannosa come la cancellazione fisica, ma la rende possibile. Una vita che principalmente non è altro che un artificio retorico: è una vita che non c’è nessun problema ad annientare.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org