Perché l’ambasciatore di Israele Gilad Erdan vuole distruggere l’ONU

Per quanto riguarda l’ONU, Israele rimane una Potenza Occupante, vincolata dalle leggi e dalle norme internazionali.

Fonte: English version

Di Ramzy Baroud – 26 agosto 2024

L’ambasciatore israeliano uscente presso le Nazioni Unite Gilad Erdan ha chiaramente avuto un’esperienza spiacevole presso la più grande istituzione internazionale del mondo. In un’intervista pubblicata sul quotidiano israeliano Maariv la scorsa settimana, l’inviato scontento ha affermato che “l’edificio dell’ONU dovrebbe essere chiuso e cancellato dalla faccia della Terra”.

Che Erdan se ne sia reso conto o meno, la sua dichiarazione aggressiva indica che il suo mandato di quattro anni come principale diplomatico israeliano all’ONU è stato un fallimento.

Nell’intervista, Erdan ha espresso il suo desiderio di diventare il capo del Likud, il partito di destra del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Il linguaggio violento di Erdan potrebbe essere il suo modo di fare appello alle circoscrizioni di destra e di estrema destra che si nutrono di tale violenza. Tuttavia, c’è di più nell’odio di Erdan per l’ONU della semplice frustrazione di un diplomatico deluso.

Israele ha avuto una lunga e travagliata storia con l’ONU e le sue istituzioni. Secondo Israele, l’ONU è un’organizzazione “antisemita”, un’etichetta che gli israeliani spesso invocano quando il loro Paese è sottoposto anche alla minima critica.

Il rapporto di Israele con l’ONU è particolarmente strano perché il Paese è stato creato da una decisione dell’ONU, che è stata a sua volta un risultato diretto degli intrighi politici dell’ONU e della pressione occidentale.

Il 29 novembre 1947, l’ONU approvò la Risoluzione 181 dell’Assemblea Generale, che chiedeva la divisione della Palestina storica in uno Stato Ebraico e uno Arabo. Assegnava la maggior parte del territorio, il 56%, alla popolazione ebraica, che all’epoca era una minoranza, e il resto ai nativi arabi palestinesi.

Poco dopo, i leader sionisti ebrei iniziarono una campagna militare che conquistò la maggior parte della Palestina e fece Pulizia Etnica della maggior parte della sua popolazione originaria.

Israele fu ammesso come membro a pieno titolo dell’ONU l’11 maggio 1949, mentre i nativi palestinesi rimangono oggi apolidi. Sebbene l’ammissione di Israele all’organismo internazionale fosse condizionata all’accettazione delle Risoluzioni 181 e 194, sullo status di Gerusalemme e sul Diritto al Ritorno dei rifugiati palestinesi, Israele è stato risparmiato dalla punizione per le sue violazioni di queste e altre Risoluzioni grazie al forte sostegno degli Stati Uniti e di altre potenze occidentali.

Nel giugno 1967, il resto della Palestina storica fu conquistato. Di nuovo, centinaia di migliaia di palestinesi furono sottoposti a Pulizia Etnica e, da allora, i palestinesi rimasti hanno vissuto sotto un Sistema Oppressivo di Occupazione Militare, Apartheid, Assedio e un costante Stato di Guerra.

Il Genocidio israeliano in corso nella Striscia di Gaza è il culmine di tutte le ingiustizie inflitte al popolo palestinese nel corso dei decenni. La guerra non è iniziata il 7 ottobre 2023, né finirà quando verrà finalmente dichiarato un cessate il fuoco.

Assieme alla Dichiarazione Balfour del 1917, in cui la Gran Bretagna si impegnò a costruire uno Stato Ebraico nella Palestina Storica, la Risoluzione 181, che consentì la fondazione di Israele, potrebbe essere considerata la genesi di tutte le sofferenze palestinesi.

In tutta questa storia sanguinosa e ingiusta, l’ONU non ha né penalizzato Israele né concesso ai palestinesi la giustizia che meritavano da tempo. Non è nemmeno riuscita a implementare o far rispettare nessuna delle sue successive Risoluzioni che riconoscevano l’illegalità dell’Occupazione Israeliana della Palestina.

Eppure, i palestinesi continuano a ricorrere all’ONU, poiché è l’unica piattaforma internazionale che può ricordare costantemente a Israele e al mondo che Tel Aviv è una Potenza Occupante e che le leggi internazionali e umanitarie devono applicarsi ai palestinesi in quanto Popolo Occupato.

Questi promemoria sono stati fatti frequentemente in passato, all’Assemblea Generale dell’ONU e persino al Consiglio di Sicurezza, sempre con dispiacere di Israele e dei suoi benefattori occidentali, in particolare gli Stati Uniti.

L’ultima solida posizione giuridica è stata articolata attraverso un parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia il 19 luglio. Dopo le testimonianze e gli interventi di almeno 52 Paesi e innumerevoli esperti, la Corte ha stabilito che “l’Occupazione Israeliana della Striscia di Gaza e della Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, è illegale, insieme al Regime di Insediamenti, all’annessione e all’uso delle risorse naturali associati”.

Sebbene l’ONU non sia riuscita a costringere Israele a porre fine alla sua Occupazione, a smantellare i suoi insediamenti illegali o a rispettare i diritti umani fondamentali dei palestinesi, l’istituzione internazionale rimane una fonte di frustrazione per Israele.

Sin dalla sua fondazione sulle rovine dei villaggi e delle città palestinesi, Israele ha lavorato per cambiare lo status della Palestina e dei rifugiati palestinesi e ha costantemente contestato il termine “Occupazione”. Ha fatto del suo meglio per riscrivere la storia, annettere illegalmente terre palestinesi e arabe e costruire insediamenti illegali per alterare permanentemente i “fatti sul campo”.

Nel 2017, sembrava che Israele fosse riuscito nel suo intento di cancellare del tutto la Causa Palestinese, poiché Washington aveva riconosciuto la pretesa fraudolenta di Israele di Occupare Gerusalemme Est, la Cisgiordania e le Alture del Golan. Tuttavia, il mondo non ha seguito l’esempio, come dimostrato dalla recente sentenza della Corte Internazionale di Giustizia.

Per quanto riguarda l’ONU, Israele rimane una Potenza Occupante, vincolata dalle leggi e dalle norme internazionali.

Sebbene, per i palestinesi, tali fatti rimangano privi di significato pratico, per Israele, la posizione dell’ONU è un ostacolo importante di fronte al suo palese Progetto Coloniale. Ed è per questo che Erdan vuole che l’ONU venga “cancellata dalla faccia della Terra”.

Anche se il diplomatico israeliano arrabbiato ottenesse ciò che desidera, nulla cambierà questa verità: Israele rimarrà un Regime Coloniale e la Palestina continuerà a Resistere, finché la Giustizia non sarà finalmente ristabilita.

Ramzy Baroud è un giornalista e redattore di The Palestine Chronicle. È autore di sei libri. Il suo ultimo libro, curato insieme a Ilan Pappé, è “La Nostra Visione per la Liberazione: Leader Palestinesi Coinvolti e Intellettuali Parlano”. Ramzy Baroud è un ricercatore senior non di ruolo presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), dell’Università Zaim di Istanbul (IZU).

Traduzione> Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org