L’attacco di Israele al Libano con dispositivi elettronici esplosivi fa parte di una lunga storia e strategia di attacchi ai civili

L’ultimo attacco di Israele al Libano rappresenta un’espansione della sua Dottrina Dahiya che prende di mira intenzionalmente i civili per inviare un messaggio politico.

Fonte: English version

Di Jonathan Ofir – 18 settembre 2024

Il massiccio attacco in corso in Libano che ha preso di mira i dispositivi elettronici personali appartenenti a membri di Hezbollah, che finora ha ucciso almeno 20 persone e ne ha ferite circa 3.000, è chiaramente opera di Israele. L’attacco iniziato martedì è continuato per un secondo giorno, con altre segnalazioni di altri dispositivi di comunicazione personali esplosi, che hanno ucciso almeno nove persone e ne hanno ferite decine durante un funerale mercoledì per le persone uccise nell’attacco del giorno prima.

L’attacco in corso, che può essere descritto solo come terroristico per natura, è senza precedenti nella sua portata e metodo, ma la natura del suo attacco indiscriminato è tutt’altro che unica per Israele. Infatti, la Dottrina israeliana di infliggere danni massicci ai civili prende il nome dall’area di Beirut, Dahiya, dove è stato incentrato questo attacco. Lo sviluppo più recente segna un progresso scioccante nel totale disprezzo di Israele per la vita umana, ma non è una novità, anche se non lo si scoprirebbe mai leggendo la stampa occidentale.

La propaganda nei media occidentali

La squadra del New York Times composta da Patrick Kingsley, Euan Ward, Ronen Bergman e Michael Levenson ha coperto l’attacco e, sebbene abbiano indicato Israele come colpevole, ha lavorato per includere le affermazioni palesemente false di Israele che si trattasse di un attacco mirato.

Il Times ha riferito:

“Secondo funzionari americani e di altro tipo informati sull’attacco, Israele ha nascosto materiale esplosivo in una spedizione di cercapersone di fabbricazione taiwanese importati in Libano. Il materiale esplosivo, di appena una o due once, è stato inserito accanto alla batteria in ogni cercapersone, hanno affermato due funzionari. I cercapersone, che Hezbollah aveva ordinato alla società Gold Apollo di Taiwan, erano stati manomessi prima di raggiungere il Libano, secondo alcuni funzionari. Secondo un funzionario, Israele ha calcolato che il rischio di danneggiare persone non affiliate a Hezbollah era basso, data la portata dell’esplosivo”.

Il Times ha anche scritto che “le esplosioni sembravano essere l’ultima salva di un conflitto tra Israele e Hezbollah che è degenerato dopo che Hamas ha attaccato Israele il 7 ottobre”, dando a questo un’aura di mera attività militare, piuttosto che un attacco palesemente impreciso e mortale contro una popolazione civile. L’informatore americano Edward Snowden ha riassunto correttamente e attentamente l’impatto dell’attacco:

“Ciò che Israele ha appena fatto è, in qualsiasi modo, sconsiderato. Hanno fatto saltare in aria innumerevoli persone che erano alla guida (vale a dire auto fuori controllo), che facevano acquisti (con voi e i vostri figli nel passeggino in coda alla cassa dietro di loro), eccetera. È indistinguibile dal terrorismo”.

Il maggiore analista politico di Al Jazeera Marwan Bishara ha fornito un’analisi ulteriormente realistica, forse più pertinente per il pubblico occidentale:

“Per i nostri spettatori in tutto il mondo, è probabilmente utile fare un po’ di ‘gioco di ruolo’ qui. Immaginate se 1.200 persone, attive nel Pentagono, nel Dipartimento di Stato e nella CIA, avessero dei cercapersone che esplodono. Come pensate che si sentirebbero gli Stati Uniti al riguardo?”

Il Times nota la “lunga storia di Israele nell’uso della tecnologia per portare avanti operazioni segrete contro l’Iran e gruppi sostenuti dall’Iran” come se si trattasse di un’impressionante conquista tecnologica. Ma in realtà, per capire cosa sta facendo Israele qui, dobbiamo guardare al suo passato di attacchi indiscriminati. E questo è, di fatto, non solo storicamente rilevante, ma anche strategicamente e geograficamente rilevante.

Il percorso dagli attacchi indiscriminati al Genocidio

Il nome della Dottrina Dahiya deriva dal quartiere Dahiya di Beirut che Israele prese di mira e rase al suolo durante la guerra del 2006, un quartiere in cui vivevano molte famiglie affiliate a Hezbollah. Nel 2008, l’allora capo militare del Comando Settentrionale Gadi Eisenkot (in seguito Capo di Stato Maggiore e ministro centrista), coniò la Dottrina e delineò “cosa sarebbe accaduto” a qualsiasi nemico che osasse attaccare Israele:

“Ciò che è accaduto nel quartiere Dahiya di Beirut nel 2006 accadrà in ogni villaggio da cui Israele verrà colpito. Scateneremo una forza sproporzionata contro il villaggio e causeremo grandi danni e distruzione. Dal nostro punto di vista, questi non sono villaggi civili, sono basi militari”.

Israele ha applicato questo metodo già nel suo assalto a Gaza del 2008-2009. Il “Rapporto Goldstone” delle Nazioni Unite del 2009 ha concluso che Israele aveva condotto un “attacco deliberatamente sproporzionato, progettato per punire, umiliare e terrorizzare una popolazione civile“, e ha osservato che la Dottrina Dahiya “sembra essere stata esattamente ciò che è stato messo in pratica”. Solo per ribadire: “Punire, umiliare e terrorizzare”. Quest’ultima parola, “terrorizzare”, dovrebbe farci riflettere tutti, soprattutto in questo particolare contesto.

Il recente assalto a Gaza è stato a suo modo l’implementazione a tutti gli effetti di questa Dottrina in un Genocidio. Ciò non sorprende, poiché la politica del danno deliberato ai civili come logica di “guerra” era scritta nel DNA di questa Dottrina fin dall’inizio.

Quindi ora Israele sta facendo esplodere i cercapersone. La prospettiva che questo venga definito un atto di terrorismo dai media occidentali sembra essere molto bassa. Questa è ancora considerata una nozione radicale, quando si tratta di Israele, perché il terrorismo è un termine politico riservato solo ai nemici dell’Occidente. Per i lettori del New York Times, si tratta solo di “ultima salva” e non di una riflessione sulla natura stessa di Israele.

Jonathan Ofir è un direttore d’orchestra, musicista, scrittore e blogger israelo-danese, che scrive regolarmente per Mondoweiss.

Traduzione di Beniamino Rocchetto -Invictapalestina.org