Come le sentenze della Corte Internazionale di Giustizia e dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite rafforzano la Causa Palestinese

La posizione internazionale riafferma la legittimità della Lotta della Palestina per la Libertà e la Giustizia

Fonte: English version

Di Ramzy Baroud – 24 settembre 2024

Immagine di copertina: La Camera del Consiglio di Sicurezza presso la sede centrale delle Nazioni Unite a New York. Credito immagine: AFP

Il 19 luglio e il 18 settembre si sono verificati due eventi storici riguardanti l’Occupazione Israeliana della Palestina.

Il primo è stato un “parere consultivo” molto completo della Corte Internazionale di Giustizia, che ha ribadito che l’Occupazione Israeliana della Palestina è illegale e deve finire immediatamente.

Il secondo, da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, due mesi dopo, ha stabilito, per la prima volta nella storia, un lasso di tempo esatto entro il quale l’Occupazione Israeliana della Palestina deve terminare.

Molti palestinesi hanno accolto con favore il consenso internazionale che sostanzialmente ha dichiarato nullo e non valido qualsiasi tentativo israeliano di rendere permanente quella che dovrebbe essere un’Occupazione Militare temporanea.

Tuttavia, molti comprensibilmente non sono rimasti impressionati, semplicemente perché la comunità internazionale si è dimostrata inefficace nel porre fine alla catastrofica guerra israeliana a Gaza o nell’applicare le sue precedenti Risoluzioni sulla questione.

La “presenza illegale” di Israele

Non bisogna però essere avventati nel concludere che le ultime azioni della Corte Internazionale di Giustizia e dell’Assemblea Generale dell’ONU non meritano una riflessione.

Per apprezzare l’importanza di entrambe le date, dobbiamo inserirle nel contesto appropriato.

Innanzitutto, il parere legale della Corte Internazionale di Giustizia. A differenza del parere consultivo della Corte del 2004, l’ultimo parere non si concentra su una questione specifica, ad esempio l’illegalità del cosiddetto Muro di Separazione israeliano in Cisgiordania.

Infatti, l’ultima decisione della più alta Corte del mondo è stato il risultato di una richiesta specifica da parte dell’Assemblea Generale dell’ONU il 20 gennaio 2023 di esprimere un parere “sulle pratiche israeliane che incidono sui diritti umani del popolo palestinese nei Territori Palestinesi Occupati, inclusa Gerusalemme Est”.

Secondo, la Corte Internazionale di Giustizia è giunta alle sue conclusioni dopo aver ascoltato le testimonianze dei rappresentanti di 52 Paesi e tre organizzazioni internazionali, che si sono schierati pienamente con i palestinesi nella loro storica ricerca di libertà, giustizia e rispetto del Diritto Internazionale.

Terzo, il parere della Corte Internazionale di Giustizia ha toccato numerose questioni, non lasciando spazio a interpretazioni errate da parte di Israele e degli Stati Uniti.

Ad esempio, ha invitato Israele a porre fine alla sua “presenza illegale” nella Palestina Occupata e a “ritirare le sue forze militari; fermare l’espansione degli insediamenti ed evacuare tutti i coloni dalle Terre Occupate; e demolire parti di un Muro di Separazione costruito all’interno della Cisgiordania Occupata”.

Quarto, il parere della Corte Internazionale di Giustizia segue anni di presunti successi israeliani nell’emarginare la Causa Palestinese e nell’esigere il sostegno americano, che ha effettivamente riconosciuto la sovranità israeliana sulle Terre Palestinesi e arabe Occupate.

Se la Corte Internazionale di Giustizia ha premuto il pulsante di azzeramento sull’illegalità dell’Occupazione Israeliana della Palestina, l’Assemblea Generale dell’ONU ha premuto il pulsante politico.

Infatti, la Risoluzione ONU A/ES-10/L.31/Rev.1 del 18 settembre ha posto fine a qualsiasi illusione israeliana di poter, attraverso pressioni, minacce o il passare del tempo, porre fine allla discussione sulla sua Occupazione Militare di Gerusalemme Est, Cisgiordania e Gaza.

La Risoluzione “chiede a Israele di rispettare il Diritto Internazionale e ritirare le sue forze militari, cessare immediatamente ogni nuova attività di insediamento, evacuare tutti i coloni dai Territori Occupati e smantellare parti del Muro di Separazione che ha costruito all’interno della Cisgiordania Occupata”.

124 Paesi hanno votato a favore della Risoluzione, mentre 14 hanno votato contro, separando così, ancora una volta, coloro che credono nella preminenza del Diritto Internazionale nella risoluzione dei conflitti e coloro che non lo fanno.

È significativo anche che l’ONU abbia, per la prima volta, stabilito un lasso di tempo entro il quale l’Occupazione Israeliana deve terminare: “non oltre 12 mesi dall’adozione della Risoluzione”.

Quarta Convenzione di Ginevra

Nel Diritto Internazionale, le occupazioni militari sono concepite come un processo temporaneo, regolato da numerosi trattati e accordi giuridici, tra cui la Quarta Convenzione di Ginevra, tra gli altri.

Israele, tuttavia, ha trasformato quel processo temporaneo in uno permanente.

Se l’Occupazione Militare Israeliana non termina entro il periodo di tempo specificato dalla Risoluzione, Israele violerebbe due serie di leggi: le precedenti Risoluzioni ONU sulla questione, tra cui i pareri consultivi della Corte Internazionale di Giustizia, e anche l’ultima Risoluzione.

L’enfasi posta dai media occidentali sull’elemento “non vincolante” di queste Risoluzioni non altera in alcun modo l’illegalità dell’Occupazione Israeliana, né mina l’unanimità della comunità internazionale riguardo all’etica della Lotta Palestinese contro l’Occupazione Israeliana e tutte le altre ingiustizie.

In definitiva, la Palestina non sarà liberata da una Risoluzione ONU. Le Risoluzioni dell’ONU sono semplicemente un’espressione degli equilibri di potere che esistono sulla scena internazionale. Pertanto, i palestinesi e i loro sostenitori non dovrebbero aspettarsi che una Risoluzione ONU, vincolante o meno, caccerà l’esercito israeliano dalla Cisgiordania e da Gaza.

In realtà, i palestinesi si libereranno da soli. Ma la posizione della comunità internazionale rimane significativa in quanto ribadisce la legittimità della Lotta Palestinese, crea spazio per la solidarietà e aiuta ulteriormente a marginalizzare Israele per le sue continue violazioni del Diritto Internazionale e dei Diritti del Popolo Palestinese.

Ramzy Baroud è un giornalista e redattore di The Palestine Chronicle. È autore di sei libri. Il suo ultimo libro, curato insieme a Ilan Pappé, è “La Nostra Visione per la Liberazione: Leader Palestinesi Coinvolti e Intellettuali Parlano”. Ramzy Baroud è un ricercatore senior non di ruolo presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), dell’Università Zaim di Istanbul (IZU).

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org