Oltre 150.000 tonnellate di rifiuti sono ammassate nel bel mezzo della città di Gaza. Questo è uno degli obiettivi del Genocidio di Israele: trasformare Gaza, una città un tempo orgogliosa, in una città che annega nei suoi stessi rifiuti.
Fonte: English version
Di Ahmed Abu Abdu – 25 settembre 2024
Immagine di copertina: Ahmed Abu Abdu sul campo. (Foto per gentile concessione dell’autore)
Come responsabile della gestione della salute e dell’ambiente presso il comune di Gaza, sono responsabile del trattamento e dello smaltimento di tutti i tipi di rifiuti, compresi quelli domestici, medici, industriali, agricoli e marini. Con una popolazione che supera le 800.000 persone, la nostra città genera oltre 700 tonnellate di rifiuti al giorno. Prima che il Genocidio israeliano iniziasse il 7 ottobre, quasi un anno fa, gestire questo volume di rifiuti in una città sotto assedio era già una sfida. L’Occupazione Israeliana ci ha sistematicamente impedito di importare o costruire le attrezzature necessarie per svolgere il nostro lavoro, compresi camion della spazzatura o impianti di trattamento dei rifiuti, per quasi due decenni. Dopo l’inizio del Genocidio, l’Occupazione Israeliana ha lanciato una guerra contro tutti i nostri impianti igienico-sanitari e sistemi di gestione dei rifiuti, con l’obiettivo di creare una crisi ambientale e sanitaria a Gaza.
Nel corso degli anni, ho vissuto diversi attacchi israeliani a Gaza, nel 2008, 2012, 2014 e 2021. Ogni volta, ci siamo adattati e abbiamo continuato a fornire i nostri servizi essenziali. Ma questa guerra è diversa da qualsiasi cosa abbiamo mai visto. Non è solo un altro assalto, ma un Genocidio che mira a togliere alla nostra città la capacità di funzionare. Ogni giorno sembra un’ardua corsa contro il tempo per mantenere i servizi essenziali per una città che viene sistematicamente cancellata.
L’Occupazione ha preso di mira le nostre squadre nella Gaza orientale, dove si trova la nostra discarica, rendendo impossibile trasportare i rifiuti lì e costringendoci ad accatastarli nel mezzo della città, creando condizioni pericolose per i residenti di Gaza.
Fin dall’inizio della guerra, mi sono preoccupato costantemente per la sicurezza della mia famiglia. Quando l’esercito israeliano ha ordinato le evacuazioni, ho portato la mia famiglia a Khan Younis nel Sud come ordinato. L’immagine della supplica in lacrime di mia madre di restare con loro quando ho deciso di tornare a Nord mi perseguiterà per sempre. Eppure, mi sono sentito obbligato a tornare a Gaza per continuare il mio lavoro per coloro che erano ancora lì.
Mentre tornavo indietro da solo, ho superato un veicolo colpito da un attacco aereo. Ho visto corpi sparsi sulla strada e macerie ovunque. Ho proseguito nonostante la mia paura.
Al mio ritorno a Gaza, ero solo. Abbiamo lottato per salvare ciò che rimaneva del sistema di gestione dei rifiuti e per mantenere operativi i servizi di base per coloro che erano rimasti. In mezzo a queste condizioni terribili, ho perso più di 8 chili in un mese. Mia madre quasi non mi ha riconosciuto quando abbiamo parlato insieme in una videochiamata.
Gestione dei rifiuti solidi durante un Genocidio
Prima del Genocidio, il blocco ci aveva già impedito di importare attrezzature adeguate come compattatori o inceneritori. Il nostro intero sistema era già fragile a causa dell’assedio durato 17 anni.
La gestione dei rifiuti dovrebbe avvenire in tre fasi: raccolta, trasporto e smaltimento. Il blocco ci ha costretti a ricorrere a soluzioni improvvisate, come l’utilizzo di 300 carri trainati da animali, che per anni hanno mantenuto la città funzionante fino all’inizio del Genocidio.
Il primo giorno del Genocidio, le forze israeliane hanno preso di mira i nostri lavoratori nella discarica, ferendone molti e distruggendo attrezzature per un valore di 1,5 milioni di dollari (1.343.100 euro). Non avevamo altra scelta che scaricare i rifiuti nel centro della città in luoghi improvvisati come il mercato di Yarmouk e gli spazi aperti del mercato di al-Feras. Queste aree, un tempo vissute, sono ora invase da spazzatura in decomposizione, che rappresenta un grave rischio per la salute dei pochi residenti rimasti.
Gestire oltre 500 lavoratori è diventato quasi impossibile. Metà della mia squadra vive nel Nord di Gaza, dove ha continuato a usare i carri nei primi giorni della guerra. Con l’intensificarsi dei combattimenti, anche questo metodo non era più sicuro. La parte settentrionale di Gaza ha subito pesanti bombardamenti e molti lavoratori sono stati sfollati, riparandosi nei rifugi delle scuole.
I loro carri erano parcheggiati nei cortili vicini, ma sono stati distrutti dagli attacchi aerei. Molti lavoratori hanno perso i loro mezzi di sostentamento e di sopravvivenza. In un attacco, abbiamo perso oltre 40 dipendenti che si erano rifugiati nel nostro garage principale. Otto missili hanno distrutto oltre 120 veicoli utilizzati per la raccolta dei rifiuti, la gestione delle acque reflue e la distribuzione dell’acqua. Metà della mia squadra è rimasta ferita, alcuni non potranno mai più tornare al lavoro.
Una città che affoga nei suoi stessi rifiuti
Con oltre 150.000 tonnellate di rifiuti che si accumulano nella città di Gaza, le conseguenze ambientali e sanitarie sono disastrose. Con l’avvicinarsi dell’inverno, questi cumuli di rifiuti ostruiranno i sistemi di drenaggio, causando potenziali inondazioni in una città già devastata. Molti residenti sfollati che vivono in rifugi di fortuna dovranno affrontare l’ulteriore orrore delle inondazioni. L’aria è densa del tanfo di spazzatura bruciata mentre i residenti disperati cercano di gestire i rifiuti dandogli fuoco. I fumi tossici stanno peggiorando la situazione, causando un aumento delle malattie respiratorie. Il Ministero della Sanità di Gaza ha segnalato oltre 250.000 casi di malattie della pelle dovute all’esposizione ai rifiuti. Con rifiuti medici e pericolosi che si accumulano insieme ai rifiuti domestici, siamo sull’orlo di una catastrofica crisi sanitaria.
Il nostro sistema di gestione dei rifiuti, un tempo fragile ma funzionale, è ora in rovina. Oltre 150.000 tonnellate di rifiuti stanno avvelenando la città e la stagione delle piogge non farà che aggravare la situazione. Abbiamo urgente bisogno di assistenza. Le infrastrutture di Gaza stanno crollando e la sua gente è sopraffatta dal peso del Genocidio. Non possiamo sopportare ancora a lungo. Il mondo deve agire prima che Gaza diventi inabitabile e che la sua gente non abbia altro che i ricordi di una città un tempo orgogliosa, ora sepolta sotto i suoi stessi rifiuti.
Ahmed Abu Abdu è un esperto in gestione di rifiuti solidi e questioni ambientali che attualmente affronta le complessità delle crisi umanitarie e l’impatto del cambiamento climatico. Con oltre un decennio di esperienza e un passato nella gestione dei rifiuti pericolosi in Giappone, si dedica ad affrontare le sfide multiformi che le comunità in zone di conflitto come Gaza devono affrontare.
Traduzione di Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org