La Palestina e il Libano stanno vivendo lo stesso incubo. Ne usciremo insieme

Il popolo libanese sa che le nostre lotte sono intrecciate; che le bombe che uccidono i loro figli sono le
stesse che uccidono i nostri a Gaza.

Fonte: English version

di Mohammed R. Mhawish, 29 settembre 2024Immagine di copertina: Palestinesi sventolano bandiere libanesi durante una manifestazione contro l’assassinio di Hassan Nasrallah da parte di Israele, Ramallah, Cisgiordania occupata, 28 settembre 2024. (Flash90)

Mentre scrivo, nell’ultima settimana gli attacchi aerei israeliani in Libano hanno ucciso più di 700 persone, tra cui il leader di vecchia data di Hezbollah Hassan Nasrallah. Le bombe continuano a piovere senza sosta, radendo al suolo interi quartieri e sfollando più di 1 milione di persone dalle loro case.

Non sono in Libano, ma posso immaginare la scena in modo vivido. L’aria è densa di polvere e l’assordante rombo delle esplosioni è soffocato solo dall’incessante suono delle sirene. Le strade sono piene di gente che corre per salvarsi, ma non c’è nessun posto sicuro dove andare. Le ambulanze, sopraffatte e incapaci di raggiungere i feriti, sono impotenti mentre i bombardamenti fanno a pezzi i quartieri. Le squadre della Protezione Civile si affannano a salvare i sopravvissuti, ma l’intensità dei bombardamenti rende vani i loro sforzi.

Posso immaginarlo perché le scene che si stanno svolgendo oggi in Libano sono strazianti e familiari per me, giornalista palestinese di Gaza. Riecheggiano ciò che la mia città natale ha vissuto per generazioni, compreso l’ultimo anno di genocidio israeliano. Conosco il terrore che attanaglia quelle strade. So cosa significa svegliarsi al suono delle bombe, cercare di mettersi in salvo senza poter andare da nessuna parte, tenere stretto il proprio figlio e chiedersi se si vivrà fino a domani.

Ma in mezzo alla devastazione, qualcosa di straordinario ha attirato la mia attenzione. Anche mentre fuggono per salvarsi la vita e seppelliscono i loro morti, la persone in Libano continuano a esprimere un’incrollabile solidarietà con la Palestina. Parlano di Gaza, amplificando le voci di coloro che subiscono lo stesso terrore oltre il confine e dichiarando che il loro legame è più forte della paura che li attanaglia sotto i bombardamenti israeliani.

Nonostante le bombe, il dolore dello sfollamento e la minaccia pervasiva di morte, essi rimangono irremovibili nel loro appello a porre fine alla guerra a Gaza. Questa è una solidarietà che va oltre le parole, un’unità forgiata nel sangue e nella sofferenza condivisa.

Fumo sale dopo un attacco aereo israeliano nel sud del Libano, visto dal lato israeliano del confine, 23 settembre 2024. (David Cohen/Flash90)

Una mia amica libanese, che era appena fuggita con i suoi due figli dopo che un missile aveva distrutto la loro casa, mi ha detto: “Siamo con voi. Saremo sempre con voi. Non importa quello che ci faranno, il nostro cuore è a Gaza”. La sua voce si è incrinata per la stanchezza e il dolore, ma c’era anche una forza risoluta e incrollabile.

Per la gente del Libano, Gaza non è una causa lontana; è uno specchio della loro stessa sofferenza. Conoscono bene la sensazione di essere abbandonati dal mondo, l’attesa infinita di un aiuto che non arriva mai. Conoscono il dolore di vedere i propri figli crescere all’ombra della guerra, di crescere una famiglia tra le rovine di ciò che era. E anche ora, con le bombe che esplodono intorno a loro, sono al nostro fianco, proprio come hanno sempre fatto.

Nel caos, ho ricevuto altri messaggi da amici che si trovano lì. Parlavano di terrore e impotenza, di vedere le loro case crollare e i loro vicini scomparire sotto le macerie. “Non c’è più nessun posto dove scappare”, mi ha scritto uno di loro, con parole pesanti di disperazione. “Ma noi non staremo in silenzio. Siamo con Gaza come con il nostro Paese. Siamo con voi”.

Un altro amico, padre di tre figli, mi ha parlato con il respiro affannoso, con la voce che gli tremava mentre descriveva il panico. “Abbiamo corso tutta la mattina. Abbiamo cercato di raggiungere un rifugio, ma era già pieno. Ora ci stiamo nascondendo nel seminterrato di un edificio distrutto, ma non so per quanto tempo potremo restare qui. Le bombe sono troppo vicine”. I suoi figli, mi ha detto, piangevano, chiedendo se sarebbero morti oggi.

È una scena insopportabile, a cui nessun genitore dovrebbe mai assistere. Eppure, le loro voci si sono fatte sempre più forti nel sostenere la mia gente. Sui social media e nelle strade, gridano per la Palestina, per Gaza. Sanno, proprio come noi, che le nostre lotte sono intrecciate, che le bombe che uccidono i loro figli sono le stesse che uccidono i nostri.

Palestinesi sventolano bandiere libanesi e yemenite durante una manifestazione contro l’assassinio di Hassan Nasrallah da parte di Israele, Ramallah, Cisgiordania occupata, 28 settembre 2024. (Flash90)

Quello che sta vivendo il Libano è più di un altro giorno di aggressione; è la continuazione della storia che viviamo da decenni come palestinesi e libanesi. È una storia condivisa di sfollamento, di famiglie divise, di lotta infinita per la sopravvivenza.

Il popolo libanese parla al mondo nella stessa lingua che noi da tempo parliamo: quella della perdita, della resistenza e della volontà infrangibile di libertà. Hanno ripetutamente sventolato le nostre bandiere accanto alle loro e hanno cantato i nostri nomi nelle loro proteste. E oggi, mentre il loro mondo va in pezzi, continuano a sventolare quelle bandiere. Cantano ancora i nostri nomi.

Come noi gazawi, gli abitanti del Libano meridionale – e di tutto il Libano – sono più vicini alla tomba che alla libertà. Eppure, anche nel momento più buio, non ci hanno voltato le spalle. I volti che vedo oggi non sono molto diversi da quelli che ho visto a Gaza lo scorso anno: madri che stringono i loro figli, padri che cercano di proteggere le loro famiglie dall’indicibile, bambini in bilico tra confusione e terrore.

Stiamo vivendo lo stesso incubo, solo in città diverse. Ma ciò che mi dà speranza – ciò che mi dà sempre speranza – è il modo in cui la nostra gente si rialza, anche di fronte a una tale devastazione. Ci solleviamo non solo per noi stessi, ma anche gli uni per gli altri. Ed è questo che vedo oggi in Libano: persone che, nonostante la distruzione, le bombe e il dolore inimmaginabile, si rifiutano di voltare le spalle alla Palestina e continuano ad alzare la voce per Gaza.

Ecco perché non possiamo permetterci di tacere. Il popolo libanese ha bisogno di noi, come noi abbiamo sempre avuto bisogno di loro. Ha bisogno delle nostre voci, della nostra solidarietà e della nostra forza. Perché in questa lotta per la sopravvivenza, non siamo solo due nazioni che combattono guerre separate. Siamo un unico popolo, unito dallo stesso dolore, dalla stessa speranza e dalla stessa determinazione a vivere.

Mohammed R. Mhawish è un giornalista e scrittore palestinese di Gaza, attualmente residente al Cairo. Ha collaborato al libro “A Land With A People – Palestinians and Jews Confront Zionism” (Monthly Review Press Publication, 2021).

Traduzione: Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org