Da quando hanno invaso Gaza, i soldati israeliani hanno regolarmente scattato foto e video di se stessi mentre facevano esplodere case e scuole e abusavano dei prigionieri.
Fonte: English version
di Peter Oborne, 3 ottobre 2024
Immagine di copertina: Soldati israeliani in manovra a Gaza, il 23 agosto 2024 (esercito israeliano/AFP)
I soldati israeliani hanno commesso a Gaza abusi diffusi, compresi potenziali crimini di guerra, secondo le foto e i video che hanno postato, condiviso e immortalato sui loro account di social media, rivela un nuovo documentario.
Secondo il documentario ‘Gaza’, pubblicato giovedì online dall’Unità investigativa di Al Jazeera, le forze israeliane, dopo aver invaso l’enclave, hanno regolarmente condiviso gli abusi commessi su piattaforme come TikTok, Instagram, YouTube e Facebook.
I crimini vanno dalla distruzione e saccheggio, alla demolizione di interi quartieri e possibili uccisioni illegali.
Al Jazeera ha dichiarato di essere riuscita a rintracciare i nomi, i gradi e le unità militari di molti dei soldati dopo aver compilato un database di “oltre duemila e cinquecento account di social media, contenenti foto e video messi online dai soldati israeliani”.
L’avvocato per i diritti umani Rodney Dixon, che ha assistito a una prima proiezione del documentario, lo ha definito “un tesoro in cui raramente ci si imbatte”.
Dixon ha ipotizzato che il documentario potrebbe essere rilevante per la Corte penale internazionale (CPI), sostenendo che contiene materiale tale che: “i procuratori si leccheranno i baffi”.
I leader israeliani e di Hamas stanno attualmente affrontando una serie di accuse presso la Corte penale internazionale per il loro ruolo in presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità durante la guerra a Gaza.
A maggio, il procuratore della Corte penale internazionale Karim Khan ha dichiarato di aver presentato una richiesta di mandato di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant, nonché per i leader di Hamas Yahya Sinwar, Ismail Haniyeh e Mohammed Deif.
La CPI deve indagare
Il documentario di Al Jazeera avvalora anche precedenti inchieste che hanno evidenziato come i civili palestinesi vengano abitualmente uccisi dai cecchini israeliani.
A gennaio, Middle East Eye ha riferito di un cecchino israeliano che ha ucciso un’anziana donna palestinese il cui nipote reggeva una bandiera bianca.
Commentando gli abusi presentati nel documentario, Dixon ha dichiarato: “Il fatto che un civile si trovi in un’area in cui si combatte non lo rende un semplice bersaglio.
“Se vengono coinvolti nelle ostilità in un determinato momento, sì, perdono il loro status di civili e possono essere presi di mira. Ma poi bisogna dimostrare che rappresentano una minaccia per noi”, ha detto.
“È potenzialmente una questione che la Corte penale internazionale potrebbe voler esaminare”, ha aggiunto Dixon.
Il documentario fa anche riferimento a un video caricato su YouTube da un membro del 202° Battaglione Paracadutisti di Israele, in cui tre uomini palestinesi disarmati sono stati uccisi da cecchini israeliani.
Il generale dell’esercito britannico in congedo Charlie Herbert ha dichiarato che è “straordinario” che un soldato israeliano abbia caricato il video su YouTube. “Il livello d’impunità”, ha detto. “Forse c’erano obiettivi legittimi, ma a me non sembra proprio”.
Successivamente, commentando un incidente in cui un soldato israeliano ha fatto esplodere un edificio, Herbert ha detto: “Il fatto che siano stati in grado di attrezzare questi edifici con esplosivi dimostra chiaramente che da quegli edifici non proveniva alcuna minaccia”.
Abbiamo distrutto un intero villaggio per vendicarci”.
Il filmato ha anche analizzato il modo in cui un’unità dell’esercito israeliano ha distrutto Khirbet Khaza’a, una piccola città appena al di là del muro di sbarramento che separa Gaza dal kibbutz israeliano di Nir Oz, attaccato il 7 ottobre.
Un soldato ha postato su Facebook un video, con musica di sottofondo, che mostra la distruzione della città, con una voce fuori campo che dice: “Siamo andati con gioia ad annientare il villaggio dei nazisti. Abbiamo lavorato duramente per due settimane. Abbiamo fatto saltare in aria l’intero villaggio”.
Al termine dell’operazione, i soldati hanno pubblicato le foto del prima e del dopo della distruzione.
Secondo un video pubblicato a parte su Instagram, si vedono i soldati israeliani andarsene con un messaggio che recitava: “Missione compiuta. Abbiamo… distrutto un intero villaggio come vendetta per ciò che hanno fatto al Kibbutz Nir Oz”.
Secondo l’avvocato Dixon, che si occupa di diritti umani, “è severamente vietato usare la rappresaglia contro la popolazione civile del proprio nemico”.
Bill Van Esveld, direttore associato per i diritti dei bambini di Human Rights Watch, ha affermato che la distruzione inutile e su larga scala di proprietà civili è vietata dalle Convenzioni di Ginevra e dallo Statuto di Roma della Corte penale internazionale.
Il documentario include anche la testimonianza di Fadi Bakr, ex prigioniero del campo di detenzione di Sde Teiman, nel sud di Israele.
Dopo aver fornito un resoconto personale riguardo la sua detenzione e le torture subite, Bakr racconta di aver visto soldati israeliani organizzare lo stupro di uno dei suoi compagni di prigionia da parte di un cane.
“Loro [le forze israeliane] lo hanno costretto [il prigioniero palestinese] a terra sulla pancia. Gli hanno legato le mani e i piedi. Erano circa otto o nove soldati. Lo hanno spogliato delle mutande. Un capitano è arrivato e gli ha spruzzato qualcosa sul sedere. C’era un cane. Hanno sguinzagliato il cane su di lui. Il cane ha violentato il giovane. Lo ha violentato, letteralmente. Uno stupro”.
“È impossibile che qualcuno ne abbia mai sentito parlare o che l’abbia visto, o che [possa] essere immaginato da una mente umana”, ha aggiunto.
Il documentario evidenzia anche il ruolo svolto dal Presidente degli Stati Uniti Joe Biden e suggerisce che sia stato il più grande sostenitore della presunta criminalità israeliana, ed esplora anche la possibile complicità britannica negli abusi israeliani, soprattutto attraverso i voli di sorveglianza della RAF su Gaza dalla base di Akrotiri a Cipro.
Il film si apre con una citazione della scrittrice palestinese Susan Abulhawa: “L’Occidente non può nascondersi, non può rivendicare l’ignoranza. Nessuno può dire che non lo sapeva. Viviamo nell’era della tecnologia e questo è stato descritto come il primo genocidio in livestream della storia, e io credo che sia vero”.
Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org