Vivere sui marciapiedi, fare il bagno in mare. Gli sfollati libanesi affrontano l’inverno senza riparo.

Oltre un milione di persone sono fuggite dagli attacchi israeliani, mentre Beirut fatica a sostenere la crescente popolazione sfollata

Fonte: English version

di Nader Durgham a Beirut, 3 ottobre 2024

Immagine di copertina: Sfollati sul marciapiede nel centro di Beirut, 1 ottobre 2024 (AFP)

Mentre cammina da sola nel centro di Beirut, Nohad Yazbek, ora senza casa, trova tutto il conforto possibile nel gatto della sua vicina, Susu, dopo essere fuggita da casa in seguito agli attacchi israeliani.

“Mi fa dimenticare le preoccupazioni e il terrore”, ha detto Yazbek a Middle East Eye.

Yazbek e la sua famiglia sono tra le centinaia di persone che sono fuggite dalla periferia meridionale di Beirut, comunemente nota come Dahiyeh, quando Israele ha iniziato a bombardare pesantemente l’area la scorsa settimana.

Non riuscendo a trovare un rifugio, ora dorme sulle scale di fronte alla Moschea Mohammed Al-Amin, nel centro di Beirut.

Nelle notti di pioggia, lei e le persone intorno a lei cercano semplicemente un tetto per proteggersi. L’inverno che si avvicina è nella mente di tutti.

“Dove dovremmo andare?”, ha detto. “Anche il mio villaggio è stato bombardato”.

Anche la città natale di Yazbek, Nahleh, vicino a Baalbek, nel nord-est del Libano, è stata oggetto di incessanti bombardamenti israeliani.

Più di un milione di persone sono state sfollate da quando Israele ha lanciato la scorsa settimana un’intensa campagna di bombardamenti in tutto il Libano, che potrebbe essere il più grande sfollamento nella storia moderna del Paese, secondo il suo primo ministro.

Oltre 1.200 persone in Libano sono state uccise nell’ultima ondata di attacchi. Israele afferma di prendere di mira le infrastrutture di Hezbollah, ma molte organizzazioni hanno denunciato il “devastante” bilancio di vittime e la distruzione delle infrastrutture.

Se non ci danno nulla, moriremo di fame

Mentre i rifugi di Beirut, della città portuale meridionale di Saida, delle montagne e del nord sono stati aperti per accogliere coloro che sono sfuggiti agli attacchi, molti rimangono senza un posto dove stare.

“Siamo qui da quando hanno colpito gli edifici di Dahiyeh”, ha detto Ratiba Sheikh Abed, una rifugiata siriana sfuggita anni fa al dominio dello Stato Islamico (IS) in Siria.

Sheikh Abed e la sua famiglia sono fuggiti da Dahiyeh quando, venerdì, massicci attacchi hanno colpito l’area, uccidendo il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah. Ora la donna si trova con la sua famiglia sul marciapiede vicino al faro di Beirut.

Lei e suo marito hanno otto figli e prestano assistenza ad altre due donne che hanno quattro figli ciascuna. Poiché il loro numero è elevato, nessun rifugio è stato in grado di accoglierli tutti.

Ora si trovano a dover fare affidamento sulla generosità delle persone e sulle donazioni di cibo per tirare avanti.

“Alcune persone vengono qui per darci il Manakish”, ha detto, riferendosi a una focaccia tradizionale levantina solitamente servita con timo o formaggio. “Se ci portano del cibo, mangiamo. Se ci portano acqua, beviamo. Se non ci danno nulla, moriamo di fame”.

Con l’inizio dell’invasione di terra del Libano da parte di Israele, che si scontra pesantemente con Hezbollah nel sud, sono aumentati i timori di una catastrofe umanitaria.

Il primo ministro libanese Najib Mikati e il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite in Libano, Imran Riza, hanno lanciato un appello urgente per ottenere 426 milioni di dollari per affrontare la crisi umanitaria causata dagli ultimi attacchi di Israele.

L’UE ha inviato 30 milioni di euro di aiuti umanitari nel Paese, mentre la situazione continua a peggiorare.

Lo Stato libanese è stato criticato per la sua mancanza di azione e di preparazione a questa situazione, e molti libanesi si sono fatti carico di colmare il vuoto e di aiutare direttamente le persone.

“Attualmente stiamo cercando di fornire cibo e pasti caldi a chiunque non trovi nulla da mangiare”, ha detto Panda, che fa parte di un gruppo chiamato Food Not Bombs. “Stiamo cercando di lavorare seguendo il motto: ‘nessuno dorma affamato’”.

Panda ha detto a MEE che lui e i suoi compagni volontari sono riusciti a preparare tra i 300 e i 370 pasti al giorno dalla loro base di Achrafieh, nella parte orientale di Beirut. Attualmente stanno cercando di trovare una sede più grande che permetta loro di produrre di più.

“Non vogliamo scappare continuamente”

Sebbene si stiano compiendo molti sforzi per evitare una catastrofe umanitaria, i bisogni della gente rimangono molto elevati.

Per andare in bagno, Sheikh Abed dice che il suo gruppo è solito recarsi all’Università americana di Beirut (AUB) e chiedere di usare i loro bagni.

Una notte, però, è stata diversa e le ha mostrato i rischi maggiori che lei e la sua famiglia potrebbero correre con l’arrivo del freddo.

“Non potevo andare all’AUB di notte perché pioveva e faceva freddo”, ha raccontato la donna, che ha deciso di far urinare i suoi figli nel mare vicino.

“È arrivata un’onda che me li ha quasi portati via”.

Questo problema riguarda tutti coloro che stanno ancora cercando un rifugio. Yazbek dice che di solito cerca una scatola di cartone per sé e per sua madre da usare mentre si nascondono dalla gente.

Anche le docce sono difficili: Yazbek dice di usare l’acqua potabile che i volontari le danno per lavarsi, mentre Sheikh Abed dice di essere costretta a fare il bagno ai suoi figli in mare.

“Stavo facendo il bagno in mare ai miei figli quando ho guardato in basso e ho visto che l’acqua era macchiata di rosso. Mi sono resa conto che c’era del vetro sulla spiaggia e che li aveva tagliati, così mi sono strappata il foulard e ho fasciato i loro piedi feriti”, ha raccontato.

Né Yazbek né Sheikh Abed vogliono ancora lasciare Beirut, per motivi diversi. Yazbek vuole rimanere vicino a casa sua, sperando di tornare una volta che la guerra sarà finita. Sheikh Abed teme che la guerra possa estendersi alla Siria, visto che nelle ultime settimane Israele ha bombardato più volte anche il Paese.

“Non vogliamo scappare continuamente da un Paese all’altro”, ha detto.

Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org