Una giovane donna corrisponde con la terra che ha lasciato e per la quale si addolora
Fonte: English version
Basma Almaza – Diaspora 8 ottobre 2024
Immagine di copertina: Foto: Basma Almaza
Mia cara Gaza,
Ti scrivo dalla Malesia, a 7.632 chilometri di distanza.
Il mondo è rimasto fermo per tre lunghi anni durante il COVID-19, ma ora ti guarda in silenzio mentre soffri. È perché non sei l’Ucraina? È per questo che il tuo dolore è più facile da ignorare? Vedo persone che guardano la fuga sui loro schermi, da nord a sud, da Khan Younis a Deir Balah, e con ogni nuovo luogo di rifugio, si verifica un altro massacro.
Come fai a resistere, mia cara, dolce amica? Mi manchi così profondamente e mi addoloro per te, mentre il mondo rivolge la sua attenzione alla vita delle tartarughe. Non riesco a capire come proteggere le tartarughe sia diventato più importante che salvare vite umane. Il mondo ti ha dimenticato? O semplicemente non gliene importa più?
Ti mando sempre amore,
Basma
Cara Basma,
Qui le cose vanno male. Nonostante la mia popolazione eterogenea e gli alti livelli di istruzione, le mie scuole e università sono distrutte. Ciò significa che per almeno cinque anni non ci sarà un sistema educativo in città.
E il nostro sistema sanitario è stato distrutto, poiché gli ospedali sono diventati obiettivi di questo genocidio. Mi dispiace dirti che è per questo che i tuoi cugini non sono potuti venire, insieme ai loro figli. Riesci a immaginare la sofferenza della tua famiglia e di altre famiglie, sapendo che i loro cari sono stati uccisi in un ospedale mentre cercavano cure mediche per il cancro o mentre aspettavano un bambino?
Non riesco a immaginare quanto sia doloroso aspettare, senza dormire, notizie sulla sopravvivenza della tua famiglia, sentirsi impotenti, temendo la perdita dei tuoi cari in un istante.
Spero che tu sia al sicuro, Basma. Vorrei che ogni abitante di Gaza potesse essere al sicuro.
Con amore,
Gaza
Cara Gaza,
Ammetto di sentirmi in colpa perché sono al sicuro, a chilometri di distanza da te. Sto contando i giorni con respiri affannosi, aspettando che questa anima stanca venga liberata dal suo corpo stanco.
Quando dicono: “Ma sei sopravvissuta!”
Sorrido e annuisco,
cercando la ragazza che ero una volta,
persa tra le rovine della speranza.
Sono nata in questo tumulto, la mia infanzia è stata rovinata da una serie di guerre: Operazione Piombo Fuso (2008-2009), Operazione Pilastro di Difesa (2012), Operazione Margine Protettivo (2014) e innumerevoli scaramucce minori che non sono mai arrivate al telegiornale della sera.
Ogni conflitto ha lasciato cicatrici indelebili nella nostra psiche e nel nostro paesaggio. La costante minaccia di bombardamenti ha trasformato le nostre case e scuole in rifugi precari. Ci hanno consegnato foglietti di carta che ci consigliavano di evitare gli obiettivi di guerra, un tentativo crudelmente inadeguato di garantire la nostra sicurezza.
Nonostante la carneficina, ci sono state brevi pause. Le organizzazioni umanitarie hanno occasionalmente portato una parvenza di normalità, organizzando workshop sulla salute mentale in cui i clown hanno cercato di far ridere i bambini stanchi della guerra.
Questi fugaci momenti di gioia sono stati un balsamo, ma non sono mai riusciti a mascherare completamente il trauma che ci si è attaccato addosso come una seconda pelle.
Un evento è rimasto impresso nella mia memoria: il massacro di Al-Fakhura. Avevo solo otto anni. Tutti pensavano fossi morta e sono tornata a casa ricoperto del sangue di altri martiri. La confusione e il terrore di quel giorno mi perseguitano ancora.
Anche la poesia fallisce, ma lasciatemi provare ancora una volta:
A Gaza, dove il cielo cade a pezzi,
E le famiglie sono dilaniate, cuore a cuore.
Viviamo attraverso gli echi del dolore,
Prendendo in prestito la forza per ogni domani.
Giuro di sopravvivere e condividere le nostre storie mai raccontate, nonostante il dolore travolgente come un coltello in mezzo al mio cuore.
Amore e pace,
Basma
Cara Basma,
Grazie per aver mantenuto vivi quei ricordi.
Quando i palestinesi mostrano al mondo lo spargimento di sangue dei loro figli, non è per pietà, è una richiesta di riconoscimento. Sostenere la nostra causa non riguarda la gratitudine; riguarda il riconoscimento della nostra umanità. Nonostante la distanza e la devastazione, resistiamo, cercando una parvenza di normalità mentre aneliamo a una casa che non esiste più.
Mi dispiace tanto dirti ciò che già sai, che la Gaza della tua infanzia, la Gaza dei tuoi sogni, non esiste più. Sono solo un fantasma che infesta i ricordi del mio popolo.
Molte persone non sanno che in questo periodo post seconda guerra mondiale, in un’era di presunti diritti umani, ho finora sopportato oltre 65.000 tonnellate di esplosivi, più di quelli che hanno colpito Hiroshima e Nagasaki insieme, sotto le mentite spoglie dell’autodifesa di Israele. Che logica è questa?
Di recente pensavo che forse è giunto il momento di introdurre un nuovo concetto in psicologia: il trauma PTSD palestinese. Questa forma unica di trauma non è solo una ferita passeggera, ma una cicatrice profonda e duratura che non può essere guarita e vivrà sempre in coloro che la sperimentano. Incarna il ciclo implacabile di conflitto, sfollamento e perdita che i palestinesi sopportano, plasmando le loro identità e vite in modi profondi e indelebili.
Piango per le mie perdite,
Gaza
Cara Gaza
Il mare è il tuo orizzonte, un simbolo di libertà irraggiungibile. Ho visto bambini che un tempo attendevano con ansia i fine settimana desiderare ardentemente la routine della scuola, le loro vite sconvolte dalla distruzione intorno a loro.
L’idea che il mare stesso potesse esserci portato via sottolinea il nostro pervasivo senso di intrappolamento.
Ricordo vividamente la voce animata della Sig.ra Wafa che leggeva ad alta voce alla nostra classe: Articolo 2: Diritto alla vita. Questo diritto è spesso considerato assoluto, ma esistono eccezioni in cui lo Stato può usare la forza necessaria, come:
Per proteggere qualcuno dalla violenza illegale.
Per impedire a qualcuno di fuggire dalla detenzione.
Per fermare una rivolta.
Questa introduzione ai diritti umani a scuola, in particolare in sesta elementare, ha plasmato la mia comprensione dell’umanità. È stato attraverso queste lezioni che ho affrontato per la prima volta la realtà del mio status di rifugiata, un’identità imposta su di me, non scelta.
Questa esperienza ha acceso il desiderio di esplorare la vita al di là della nostra città confinata, di immaginare un mondo libero dalle sirene costanti e dagli echi della prigionia che caratterizzavano i nostri giorni e le nostre notti.
Nel 2022, ho avuto ciò che non pensavo sarebbe stato il mio ultimo sguardo a Gaza. È stata la mia introduzione al mondo al di là, un mondo che risuonava di pace, dove l’aria del mattino era piena dei suoni rilassanti degli uccelli, il traffico ronzava sulle strade e le persone erano impegnate in conversazioni ordinarie.
Tuttavia, la mia nuova prospettiva ha preso una piega cupa nell’ottobre 2023. Nonostante la mia continua osservazione del mondo circostante, il mio focus è cambiato. In mezzo a tutto questo, la mia famiglia ha perso tutto, persino il senso di sé. Separata da loro, mi sono ritrovata ad aspettare con ansia un messaggio che mi assicurasse la loro continua esistenza.
Ciò che fa più male è il senso di colpa e il dolore di esserci separati senza sapere che era l’ultima volta. “L’ultima volta che ti ho visto” è diventato un ritornello ossessionante nelle nostre vite. Ogni addio portava con sé una paura inespressa che potesse essere l’ultimo, mentre amici e familiari scomparivano nel caos della guerra.
Di recente, al FreedomFilmFestival in Malesia sono stata invitata a leggere la storia di una giovane donna di Gaza che ha perso tutta la sua famiglia. La mia lettura è seguita alla proiezione del film Three Promises, sulle esperienze di una famiglia durante la Seconda Intifada.
Le nostre vite sono diventate una storia, un film che gli altri possono guardare. Il mio cuore soffre per il dolore di sapere che mentre le persone scelgono di osservare e ascoltare, spesso non riescono a intraprendere azioni significative.
Essere lontani da te non diminuisce il dolore; lo amplifica. Portiamo con noi il trauma e i ricordi di coloro che non sono riusciti ad andarsene. Il privilegio della sicurezza è oscurato dal persistente senso di colpa di lasciare indietro i propri cari in un luogo dove il pericolo è una realtà quotidiana.
Ho capito che in questa danza di vita e morte, stiamo tutti cercando un posto dove i nostri cuori possano riposare, un santuario dove le nostre anime possano trovare conforto, sempre connesse a casa. Ma in realtà, dopo aver terminato i miei studi, non avrò nessun posto dove andare, nessun posto che una volta chiamavo casa. Sarò di nuovo una rifugiata, ma questa volta in un paese straniero
Nessuno sceglie di essere un rifugiato
Nessuno sceglie di essere un rifugiato
Lascia che te lo confermi per la terza volta. Non vogliamo essere rifugiati. Il mondo ha preso la nostra casa
Con violenza e sangue…
Con solidarietà,
Basma
Cara Basma,
Porto la tua casa dentro di me, la casa in cui hai desiderato ardentemente tornare, tanto quanto le persone che la riempiono. So quanto profondamente hai amato tua nonna, Shama’a, e quanto siano preziosi i tuoi ricordi, che siano di scuola o di college.
Confido che tu stia andando bene negli studi e che tu mantenga vivo il mio spirito, anche se la mia voce potrebbe essersi affievolita. La tua voce e le voci di tutti i gazawi della diaspora devono continuare a risuonare.
Resisti, mia cara bambina, non ti ho dimenticato. Senza di te, il mondo non mi conoscerebbe veramente.
Per me, non sei una rifugiata sparsa per il mondo, ma l’anima di ogni luogo che tocchi.
Gaza
Cara Gaza,
Sei la mia missione, sei il mio messaggio al mondo.
Dopo aver affrontato una profonda insoddisfazione per il mio percorso accademico e aver lottato con innumerevoli pensieri sul futuro, so quanto è caduta in basso l’umanità. Tutto ciò che vedo sono coloro che guardano il nostro sangue versato sui loro schermi, indifferenti alla nostra sofferenza. Questa consapevolezza ha solo rafforzato la mia determinazione a lottare per la giustizia, a portare consapevolezza e a fare la differenza.
Gaza, sei la mia causa e porto il tuo messaggio in tutto ciò che faccio.
Per così tanto tempo, ho perso la voglia di impegnarmi in qualsiasi cosa mi appassionasse, ossessionata dalle infinite notizie di morte da parte tua. Ma quando ho finalmente trovato il coraggio di uscire dal mio silenzio e ho partecipato a una conferenza in collaborazione con l’International Islamic University Malaysia e l’International Institute of Advanced Islamic Studies, incentrata sull’analisi politica ummatica e sul futuro, ho scoperto che riguardava tutto di te. Nonostante le potenti forze della propaganda, rimane una profonda paura che la comunità Ummah si risvegli.
Oggi ti ho vista più grande sul palco , uno specchio che riflette i fallimenti del mondo. Spero che dopo tutta la sofferenza che hai sopportato, il mondo finalmente riconoscerà e onorerà i tuoi sacrifici.
Con amore e impegno incrollabili,
La tua cara bambina Basma
Fine: spero che Gaza mi risponda presto
Caro mondo,
Noi resistiamo, non perché siamo forti, ma perché non abbiamo altra scelta, quindi smettila di chiamarci resilienti!
Anche un guerriero può aver bisogno di forza una volta sola, nemmeno due.
Ancora oggi mi chiedo: quanto sarebbe normale la vita?
Basma
Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestina.org