Nel guardare immagini che vengono da Gaza dobbiamo ricordare che: ” ..Si tratta di frammenti di una lunga storia di infanticidi, una soria di orfani e di traumi che i bambini palestinesi e gazawi in particolare vivono da molto, moltissimo tempo…”
Pina Fioretti -Venezia 15 ottobre
Giovedì 17 ottobre, presso il Centro Zitelle alla Giudecca, Venezia, inauguriamo l’8^ edizione della nostra rassegna “Cinema senza Diritti” con un focus su Gaza, sulla sua infanzia e sui suoi giovani.
Nessuno a Gaza ha scelto di essere eroe. Allo stesso momento nessuno a Gaza accetta di essere vittima e soprattutto nessuno a Gaza accetta di essere trasformato dalla narrazione neocon semplicemente in vittima o terrorista. o animali viventi.
A Gaza, durante 76 anni di ingiustizie, si sono rifugiate generazioni di palestinesi sfollati e cacciati dalle loro case. Costretti a vivere sotto l’occupazione prima e l’embargo dopo, a Gaza i palestinesi hanno mantenuto intatta la loro consapevolezza di sfruttati e usurpati maturando e coltivando la volontà di difendere il loro diritto al ritorno e all’autodeterminazione.
La Resistenza a Gaza si espleta dall’infanzia. Bambini e ragazzi costretti a sopravvivere agli attacchi e bombardamenti dell’esercito israeliano, a studiare in scuole distrutte e ricostruite, a crescere vedendo morire genitori, fratelli, amici. È in questo contesto che nascono le storie di resilienza e resistenza che ci narrano i docufilm della prima serata di questa edizione di Cinema Senza Diritti
“Between two crossings” è un documentario di Yaser Murtaja che segue le vicende di Nour, una studentessa di Gaza che ha vinto una borsa di studio per poter studiare alla Portland University. Il regista Yaser Murtaja documenta i tentativi della studentessa di uscire da Gaza assediata.
È doveroso ricordare che Murtaja era un giovane regista e fotoreporter ucciso da un cecchino israeliano il 6 aprile 2018 mentre documentava le proteste della Grande Marcia del Ritorno.
Seguono due corti animati realizzati dall’educatrice Haneen Koraz insieme a Nour A-Jawad e Shorouq Darwish che in questi mesi di orrore e genocidio hanno trovato la forza di resistere coinvolgendo bambini e ragazzi nella realizzazione di queste storie animate. Ed ecco che la Resistenza del popolo palestinese ci scuote nel profondo a ricordarci che nessuno a Gaza vuole essere un eroe ma che ogni loro azione è un messaggio al nostro essere indifferenti o impotenti dinanzi al progetto politico israeliano di pulizia etnica. Questi bambini e ragazzi, con i loro docenti, ci mostrano quanta forza e creatività ha un popolo deciso a non soccombere, a non farsi cancellare.
Soprattutto da un punto di vista didattico ed educativo, il progetto dei cortometraggi animati di Haneen Koraz, realizzato in questi mesi di genocidio, assume una funzione di rielaborazione della realtà in cui non manca la speranza e soprattutto la capacità di narrare sviluppando abilità e competenze proprie della pedagogia costruttivista.
“A day in the tent” – 2023 è stato prodotto all’inizio della guerra a Gaza da 19 bambini sfollati da Gaza City , che ora vivono in tende sul terreno di un campo sportivo chiamato “Al-Anan Sports Field” nella parte meridionale di Gaza, a Deir al-Balah. Le ragazze e i ragazzi di Gaza che hanno partecipato alla realizzazione di “A Day in tent” sono: Lana Daka, Sarah Daka
Zina Badr, Zina Mushtaha, Aida Al-Manzali, Muhammad Al-Manzali, Omar Arqiq, Malak Nassar, Sama Nassar, Basma Shahto, Ghina Abu Madi, Lin Al-Ashi, Rital Madi, Yamen Ansui, Muhammad Mushtaha, Bashir Al-Nazli, Malak Daka,YahyaAbu Madi, Jude Al-Ashi
“Grandmother wore us out” – 2024. Il corto animato è stato realizzato da 14 bambine sfollate nella città di Deir Al-Balah e narra di una famiglia composta dai genitori, 3 fratelli, una sorella e la nonna. Questa famiglia vive in una delle classi di una scuola dell’UNRWA che accoglie sfollati.
Haneen Koraz ha voluto offrire ai piccoli autori di questi cortometraggi animati la possibilità di raccontarsi e di raccontare al mondo le loro difficoltà quotidiane in un contesto di efferata violenza quale è l’aggressione israeliana a Gaza: “I bambini hanno scelto queste storie in base alla loro realtà e alle difficoltà che affrontano nelle tende, in particolare le sfide legate all’approvvigionamento di acqua pulita per bere, lavarsi, pulire e lavare i piatti. Hanno anche rappresentato la difficoltà di procurarsi il pane e cuocerlo, poiché tutti i panifici a Gaza avevano smesso di funzionare a causa della mancanza di carburante e gas provocata dalla chiusura dei valichi da parte dell’occupazione. Di conseguenza, le donne hanno iniziato a fare il pane su fuochi all’aperto. Il film ha messo in evidenza le difficoltà dei bambini, come il dover fare la fila per usare un bagno condiviso con tutte le tende vicine. C’è sempre una lunga coda, quindi i bambini devono svegliarsi presto per essere i primi in fila. Il film ha anche mostrato la lotta del padre per acquistare del pollo surgelato, riuscendo a ottenere solo un pollo. D’ altra parte, il ruolo della madre nel film è stato rappresentato in modo comico, poiché ha assunto il ruolo di “gestore” della tenda, assegnando compiti ai membri della famiglia per raccogliere cibo, acqua e legna per accendere il fuoco anche se poi i bambini non riescono a portare nulla perché sono sopraffatti dalle richieste…”. Le bambine e i bambini di Gaza che hanno realizzato “Granmother wore us out” sono:
Layan Barghout, Malak Barghout, Shorouq Al-Nakhleh, Batool Obeid, Rafif Obeid, Sujood Obeid, Aya Al-Nakhleh, Habiba Barghout, Fatima Abu Hasirah, Rimas Abu Hasirah, Eman Abu Hasirah, Mohammed Abu Hasirah, Sham Karaz
Misk Barghouti.
Come ha scritto di recente Ilan Pappe nella sua prefazione a “30 seconds from Gaza” di Mohammad Sabaaneh edito da Mesogea, nel guardare immagini che vengono da Gaza dobbiamo ricordare che: ” ..Si tratta di frammenti di una lunga storia di infanticidi, una soria di orfani e di traumi che i bambini palestinesi e gazawi in particolare vivono da molto, moltissimo tempo…”
Noi, attraverso il Cinema, continuiamo a raccontare questa storia con lo scopo di aumentare il numero dei sostenitori della causa palestinese, di motivare a una solidarietà che non sia solo umana ma soprattutto politica.