Come i palestinesi vedono il loro futuro e il loro passato

La Palestina otterrà la libertà, perché ha investito in un percorso di aspirazioni a lungo termine.

Fonte: English version

Di Ramzy Baroud – 25 ottobre 2024

Immagine di copertina: Palestinesi sfollati siedono con i loro averi tra le macerie delle case distrutte dai bombardamenti israeliani a Khan Yunis, nella Striscia di Gaza meridionale. Credito immagine: AFP

Stranamente, è stato lo storico israeliano Benny Morris a indovinare, quando ha offerto una previsione sincera sul futuro del suo Paese e sulla sua guerra con i palestinesi.

“I palestinesi guardano a tutto da una prospettiva ampia e a lungo termine”, ha affermato in un’intervista al quotidiano israeliano Haaretz cinque anni fa. “Vedono che, al momento, ci sono cinque-sei-sette milioni di ebrei qui, circondati da centinaia di milioni di arabi. Non hanno motivo di arrendersi, perché lo Stato Ebraico non può durare. Sono destinati a vincere. Tra altri 30 o 50 anni ci sconfiggeranno, qualunque cosa accada”.

Morris ha ragione. Ha ragione nel senso che i palestinesi non si arrenderanno, che non potrà mai esserci una situazione in cui le società sopravviveranno e prospereranno indefinitamente all’interno di una matrice permanente di segregazione razziale, violenza ed esclusione: esclusione dell’altro, dei palestinesi e isolamento del sé.

La storia stessa della Palestina è una testimonianza di tale verità. Se gli oppressi, i nativi della terra, non vengono completamente sconfitti o decimati, è probabile che si sollevino, combattano e riconquistino la loro libertà.

Deve essere estremamente frustrante per Israele che tutte le uccisioni e le distruzioni in corso a Gaza non siano state sufficienti a influenzare i risultati complessivi della guerra: la “vittoria totale” di cui Netanyahu continua a parlare.

Un diversa percorso intellettuale

La frustrazione di Israele è comprensibile perché, come tutti gli occupanti militari del passato, Tel Aviv continua a credere che la giusta quantità di violenza dovrebbe essere sufficiente per sottomettere le nazioni Colonizzate.

Ma i palestinesi hanno un diverso percorso intellettuale che guida il loro comportamento collettivo.

Tra le numerose classificazioni della storia, gli storici francesi moderni distinguono tra “histoire événementielle”: storia eventuale, e “longue durée”: storia lunga. In breve, la prima ritiene che la storia sia il risultato dell’accumulo di eventi consequenziali nel corso del tempo, mentre la seconda vede la storia a un livello molto più complesso.

Una storia credibile può essere vista solo nella sua interezza, non semplicemente nella totalità degli eventi della storia, recenti o passati, ma nella somma dei sentimenti, nel culmine delle idee, nell’evoluzione della coscienza collettiva, delle identità, delle relazioni e dei sottili cambiamenti che avvengono nelle società nel corso del tempo.

I palestinesi sono l’esempio perfetto di una storia plasmata dalle idee, non dalle armi; dai ricordi, non dalla politica; dalla speranza collettiva, non dalle relazioni internazionali. Alla fine otterranno la loro libertà, perché hanno investito in un percorso a lungo termine di idee, ricordi e aspirazioni comuni, che spesso si traducono in spiritualità o, piuttosto, in una fede profonda e inamovibile che si rafforza, anche in tempi di guerre orribili.

In un’intervista che ho condotto con l’ex Relatore Speciale delle Nazioni Unite, il Professor Richard Falk nel 2020, egli ha riassunto la lotta in Palestina come una guerra tra coloro che hanno le armi e coloro che hanno legittimità. Ha affermato che nel contesto dei movimenti di liberazione nazionale, ci sono due tipi di guerra: la guerra vera e propria, come i soldati che portano le armi, e la guerra della legittimità. Chi vince quest’ultima alla fine prevarrà.

Prospettiva a lungo termine

I palestinesi, infatti, “guardano tutto da una prospettiva ampia e a lungo termine”. Concordare con l’affermazione di Morris può sembrare strano perché, dopotutto, le società sono spesso guidate dalle proprie lotte di classe e dai propri programmi socioeconomici anziché da una visione unificata e coesa a lungo termine.

È qui che il lungo termine diventa più rilevante nel caso palestinese. Anche se i palestinesi non hanno stipulato un accordo comune per aspettare che gli invasori se ne andassero, o che la Palestina tornasse a essere un luogo di coesistenza sociale, razziale e religiosa, sono spinti, anche se inconsciamente, dalla stessa energia che ha spinto i loro antenati a respingere l’ingiustizia in tutte le sue forme.

Mentre molti politici occidentali sono impegnati a incolpare i palestinesi per la loro stessa oppressione, la società palestinese continua a evolversi in base a dinamiche del tutto indipendenti. Ad esempio, in Palestina, il Sumud, o Resilienza, è una cultura radicata, difficilmente soggetta a stimoli esterni, politici o accademici. È una cultura antica come il tempo. Innata. Intuitiva. Generazionale.

Questa saga palestinese è iniziata molto prima della guerra, molto prima di Israele, molto prima del Colonialismo moderno. Questa verità dimostra che la storia non è mossa solo da semplici eventi, ma da innumerevoli altri fattori; che, mentre la “storia eventuale”, gli aspetti politici, militari ed economici che contribuiscono a creare la storia attraverso eventi a breve termine, è importante, la storia a lungo termine offre una comprensione più profonda del passato e delle sue conseguenze.

Questa discussione dovrebbe coinvolgere tutti coloro che sono preoccupati per la lotta in Palestina e sono desiderosi di presentare una versione della verità che non sia guidata da futuri interessi politici, ma da una profonda comprensione del passato. Solo allora potremo iniziare a liberare lentamente la narrazione palestinese da tutte le storie convenienti imposte al popolo palestinese.

Questo non è un compito facile, ma inevitabile poiché è fondamentale rompere i confini del linguaggio sovrapposto, degli eventi storici, delle date ricorrenti, delle statistiche disumanizzanti e dell’inganno assoluto.

In definitiva, dovrebbe essere chiaro a qualsiasi lettore attento di storia che, mentre gli aerei da guerra e le bombe anti-bunker possono avere un impatto sugli eventi storici a breve termine, il valore, la fede e l’amore comunitario determinano la storia a lungo termine. Ecco perché i palestinesi stanno vincendo la guerra per la legittimità, ed ecco perché la libertà del popolo palestinese è solo questione di tempo.

Traduzione di Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org