Detenzione dei corpi dei Palestinesi martirizzati: una lunga storia di violenza colonialista

Nella Guerra Genocida in corso, la politica di trattenere i corpi dei palestinesi martirizzati è ancora praticata come parte della continua violenza Colonialista

Fonte: English version

Di Hussein Shejaeya – 2024
Il Colonialismo Sionista ha, fin dai suoi primi giorni, praticato apertamente politiche volte a Dominare tutti gli aspetti della vita, tangibili o meno. Israele ha ereditato le sue Politiche Colonialiste dall’imperialismo britannico che ha portato e contribuito alla creazione dello Stato di Occupazione. Queste politiche hanno incluso la prigionia, l’erezione del muro dell’Apartheid, posti di blocco, torri di guardia, annessioni e sequestri di terre, omicidi e violazioni dei diritti umani. Si potrebbe dire che queste politiche imperialiste sono misure che possono essere osservate chiaramente e i cui effetti sulla società palestinese possono essere immediatamente rilevati. Ma il Colonialismo Sionista ha anche fatto ricorso a misure più nascoste che includono il sequestro dei corpi dei Martiri.

Questo documento discute la lunga storia della detenzione dei corpi dei Martiri, i motivi dietro questa politica e il suo crescente impiego dall’inizio del Genocidio in corso a Gaza. Si basa su statistiche ufficiali che trattano questo problema, sull’analisi di ciò che è stato scritto a riguardo, sulle testimonianze delle famiglie di questi Martiri e sull’analisi dei dati e delle statistiche raccolti dalla Campagna Nazionale per liberare i corpi dei Martiri.

Conservare i corpi dei Martiri palestinesi: una lunga storia di violenza

Potremmo definire la politica di detenzione dei corpi dei Martiri palestinesi come quella che nega alle famiglie palestinesi il diritto di dire addio ai loro cari e seppellirli secondo le loro usanze e credenze. Questo perché il Regime di Occupazione Israeliano sequestra i loro corpi e li conserva per vari periodi in cimiteri con tombe numerate o in obitori, più di recente nel Campo di Concentramento di Sde Timan.

L’Occupazione, sequestrando e trattenendo i corpi dei Martiri, va oltre la semplice negazione del diritto delle famiglie di riavere i corpi, sostenendo che questa politica costituisce un forte punto di negoziazione in qualsiasi futuro accordo di scambio da concludere con la Resistenza Palestinese. Tuttavia, non è altro che un tentativo di controllare le vite dei palestinesi, sia vivi che morti, e di dissuaderli dal Resistere all’Occupazione. Pertanto, afferma Suhad Zahir-Nashif, il corpo palestinese “viene coinvolto direttamente e quotidianamente nel Dominio politico, e sulla sua pelle sono incisi, vivi o morti, gli strumenti colonialisti israeliani di Controllo e Dominio”.

Questa politica sembra a prima vista essere una politica di punizione delle famiglie dei Martiri, ma è in realtà una complessa Politica Colonialista volta a distruggere le norme e i valori sociali di una società e il suo rapporto con i corpi dei morti e dei Martirizzati, e può essere considerata come un altro stratagemma colonialista come la Punizione Collettiva e la detenzione amministrativa. La lunga storia di questa e di altre politiche imperialiste praticate in Palestina risale ai giorni dell’imperialismo britannico. Fu allora che i Martiri Muhammad Jamjum e Ata al-Zir di Hebron e Fu’ad Hijazi di Safad furono impiccati dagli inglesi il 17 giugno 1930 nella prigione di Acri e in seguito sepolti ad Acri, lontano dalle loro città natali e dai cimiteri di famiglia. Quando il Mandato Britannico li seppellì, questo potrebbe essere considerato il primo esempio di negazione dei diritti delle famiglie dei Martiri e un mezzo per punire e tormentare le loro famiglie in quell’epoca.

In seguito, il Mandato Britannico sviluppò quella politica e la incluse nei Regolamenti di Emergenza (difesa) del 1945, dove l’Articolo 133 Paragrafo 3 ad esempio afferma che “sarà lecito per un comandante militare ordinare che il corpo di qualsiasi persona giustiziata nella Prigione Centrale di Acre o nella Prigione Centrale di Gerusalemme venga sepolto nel cimitero del culto religioso a cui appartiene la persona deceduta, come può essere ordinato”. Questi regolamenti di emergenza si svilupparono ulteriormente e passarono dal Mandato Britannico all’Occupazione di Israele, che introdusse questi regolamenti nelle leggi che amministrano la Palestina. Il Regime di Occupazione impiegò quindi tutti i suoi strumenti legali per mantenere la detenzione dei corpi dei Martiri.

Questa politica si intensificò durante l’Intifada di Al-Aqsa, quando l’esercito israeliano trattenne i corpi dei Martiri palestinesi, seppellendoli come numeri nei cimiteri militari situati nelle regioni di Aghwar, Jawlan e Naqab.

Le tombe portano targhe di metallo numerate e non nomi. Quando la rivolta di Gerusalemme iniziò nell’ottobre 2015, il Regime di Occupazione adottò diverse misure per punire e scoraggiare i palestinesi, tra cui quella di attivare la politica di detenzione dei corpi dei defunti per ragioni di “sicurezza e ordine pubblico”. Durante quella rivolta, l’Occupazione detenne centinaia di corpi negli obitori, in particolare nell’Istituto di Medicina Legale noto come Abu Kabir.

Il diritto alla sepoltura: la politica Sionista della morte

I palestinesi sono pienamente consapevoli del fatto che il Regime di Occupazione Sionista cerca attraverso le sue politiche di punizione di controllare i corpi dei palestinesi, vivi o morti, e di controllare tutto ciò che ha a che fare con la loro esistenza. Queste politiche includono la cancellazione dei loro valori e del loro patrimonio che costituiscono la struttura, la natura e l’identità della società palestinese. Detenere i corpi dei Martiri è una questione che va oltre il semplice divieto alle famiglie di esercitare il loro diritto di seppellire i propri figli e figlie, ma si estende fino a definire quando, dove e come le condoglianze possono essere ricevute insieme alle conseguenze sociali derivanti dal tipo di funerale, sepoltura e luogo delle condoglianze. Ciò influisce necessariamente sulla struttura della famiglia e sul suo rapporto con la persona martirizzata e su come queste famiglie affrontano la morte in generale, e sulla spiritualità legata alla morte di un Martire in particolare, il tutto serve a minare la struttura stessa della società palestinese.

A livello umanitario, è universalmente accettato che una persona morta abbia il diritto di essere sepolta nella sua Patria, in particolare nel caso di un Martire. I palestinesi hanno lottato e lottano ancora per ottenere tale diritto. La richiesta di poter riavere i corpi e di onorare i Martiri si basa su diverse leggi che specificano come trattare i morti e restituirli. Pertanto, il Diritto Umanitario Internazionale specifica cinque principi che regolano il trattamento dei morti in guerra e la loro sepoltura, che includono il Principio 112 che regola la ricerca e il recupero dei corpi, il Principio 113 che specifica la protezione dei corpi dal furto o dalla mutilazione, il Principio 114 che parla della restituzione dei corpi e dei loro beni personali, il Principio 115 che parla dello smaltimento dei corpi e il Principio 116 riguardante la specificazione dell’identità dei morti.

L’Articolo 17 della Prima Convenzione di Ginevra del 1949 sottolinea l’importanza di effettuare una sepoltura degna e decorosa e invita tutte le parti in conflitto “ad assicurare una sepoltura decorosa dei defunti e, se possibile, conforme agli insegnamenti della religione del defunto, a rispettare le loro tombe, a riunirle, se possibile, secondo la loro identità nazionale, a mantenere e distinguere queste tombe in modo che siano identificabili in ogni momento”. Inoltre, l’Articolo 120 della Terza Convenzione di Ginevra e l’Articolo 130 della Quarta Convenzione di Ginevra, nonché l’Articolo 34 del Protocollo allegato, affermano esplicitamente l’obbligo di restituire i corpi e le spoglie dei defunti.

La detenzione di corpi aumenta in Cisgiordania

Dall’inizio della Guerra Genocida a Gaza nell’ottobre 2023, la politica di detenzione dei corpi dei Martiri è stata applicata sempre più ampiamente. La Campagna nazionale per recuperare i corpi dei Martiri ha registrato fino a oggi la detenzione di 569 corpi di Martiri, suddivisi in 256 corpi in cimiteri numerati, un numero che la Campagna nazionale è stata in grado di autenticare dal 1967 e 313 dalla riapplicazione della politica di detenzione dei corpi iniziata nel 2015. Tra loro ci sono 55 minori Martirizzati di età inferiore ai 18 anni e 32 Martiri del Movimento dei Prigionieri che hanno incontrato il martirio all’interno dei Campi di Prigionia dell’Occupazione e 9 donne martiri.

Da notare anche che il Regime di Occupazione trattiene i corpi di 6 Martiri di rifugiati palestinesi in Libano che hanno incontrato il martirio durante le operazioni militari nella Palestina Occupata settentrionale. La politica di detenere i corpi è diventata più diffusa anche nei Territori Palestinesi Occupati nel 1948, dove il Regime di Occupazione detiene i corpi di 7 Martiri, l’ultimo dei quali era Walid Daqqa. Ciò è stato fatto per ordine del “Consiglio di Guerra dell’Occupazione” che si è rifiutato di consegnare i corpi dei Martiri per usarli come merce di scambio in un accordo di negoziazione. Questo rappresenta un cambiamento di politica poiché il Regime non aveva precedentemente detenuto i corpi dei Martiri dai Territori Palestinesi del 1948, ma li avrebbe consegnati entro pochi giorni, a condizione che fossero soddisfatte le condizioni di sepoltura e che fossero fornite garanzie finanziarie, poiché questi Martiri avevano la nazionalità israeliana. Pertanto, a quel tempo, la detenzione dei loro corpi come strumento di pressione in un accordo di scambio non si applicava a loro come agli altri Martiri.

Da notare anche il fatto che, dal ritorno nel 2015 a una politica di detenzione dei corpi, il 53% dei corpi attualmente documentati sono di Martiri che hanno incontrato la morte dall’inizio della guerra in corso, dove il Regime detiene 167 Martiri su 313 trattenuti dal 2016. 81 corpi di Martiri sono stati trattenuti nel 2023. In considerazione delle date di conservazione, notiamo che il 54% (44 Martiri) è stato trattenuto dal 7 ottobre 2023 e fino alla fine dell’anno. Dall’inizio di questa Guerra di Genocidio in corso, il Regime di Occupazione ha intenzionalmente detenuto il maggior numero di corpi da usare come deterrente di contrattazione nei prossimi accordi di scambio con la Resistenza, soprattutto perché la Resistenza detiene i corpi di soldati e coloni. Si nota inoltre che la consegna dei corpi dei Martiri è diminuita notevolmente, poiché il Regime di Occupazione ha consegnato solo 11 corpi di Martiri dal 7 ottobre ad oggi.

Detenzione dei corpi dei Martiri di Gaza

Mentre la Guerra Genocida a Gaza procede, non sono disponibili informazioni esatte sui Martiri del 7 ottobre o su coloro i cui corpi sono stati sequestrati da Gaza. Ciò che la parte palestinese ha effettivamente documentato è che il 18 novembre 2023, e durante l’assalto di Israele all’Ospedale Al-Shifa di Gaza, l’Esercito di Occupazione ha sequestrato i corpi di 145 Martiri, alcuni dei quali sono stati rimossi da un cimitero recentemente preparato all’interno del Centro Medico. Il 6 gennaio 2024, mentre l’Esercito di Occupazione prendeva d’assalto il quartiere di Daraj a Gaza, il cimitero di Hayy è stato devastato dall’esercito israeliano che ha proceduto a prelevare 150 corpi di Martiri, secondo l’Ufficio Informazioni Governativo di Gaza. La stessa cosa è accaduta quando l’Esercito di Occupazione ha assaltato Khan Yunis dove il cimitero del quartiere austriaco è stato distrutto il 17 gennaio 2024 e un numero sconosciuto di corpi è stato rimosso. All’epoca, l’Esercito di Occupazione affermò che lo scopo era quello di condurre test del DNA su di loro per assicurarsi che non ci fossero prigionieri israeliani tra loro.

Nel luglio 2024, alcune informazioni divennero disponibili riguardo ai corpi dei Martiri di Gaza che erano stati trattenuti quando il quotidiano israeliano Haaretz rivelò che il Regime di Occupazione Israeliano stava trattenendo circa 1500 palestinesi martirizzati che non erano identificati e tenuti in contenitori refrigerati all’interno del Campo di Concentramento militare noto come Sde Timan, e che i corpi erano contrassegnati con numeri ma nessun nome. Il giornale aggiunse che i corpi avevano raggiunto un certo grado di decomposizione, che alcuni corpi erano privi di arti e che altri non avevano un volto. È probabile che questi corpi appartenessero a Martiri che incontrarono la loro morte nei primi giorni del Genocidio a Gaza.

Il Regime di Occupazione aveva già rilasciato in più fasi i corpi di 423 Martiri che furono poi sepolti nelle fosse comuni di Khan Yunis e Rafah. Ciò intensificò il senso di perdita per centinaia di famiglie di Gaza in attesa di conoscere la sorte dei loro familiari. Da notare qui che la complessità di questa questione a livello dei palestinesi è che il settore medico in Palestina non ha strutture per condurre test del DNA, da qui la futura necessità di riesumare il vasto numero di corpi da queste fosse e prelevare campioni per i test da confrontare con le famiglie degli scomparsi al fine di determinare le identità.

Pertanto, dato il Genocidio in corso e una guerra condotta senza alcun rispetto dei principi umanitari o morali, ci sono migliaia di persone scomparse e altre detenute con la forza, rendendo particolarmente difficile determinare il loro destino mentre il Genocidio è in corso, la Macchina Omicida persiste e l’accesso ai corpi dei Martiri è negato. Alla fine, i corpi si decomporranno e le loro identità andranno perse.

Detenere i corpi come merce di scambio

Il Regime di Occupazione ha utilizzato per la prima volta i corpi dei Martiri come merce di scambio con i palestinesi quando è stata presentata una richiesta alla Corte Suprema di Israele nel 1994, per conto della famiglia del Martire Hasan Abbas, un membro delle Brigate Al-Qassam il cui corpo era stato trattenuto dall’Occupazione. A quel tempo, il Procuratore Generale ha posto come condizione per il rilascio del corpo di Abbas che il corpo di Ilan Sadun, un soldato israeliano ucciso nel 1989, dovesse essere prima trovato. La Corte ha deciso che trovare il corpo del soldato israeliano prima di rilasciare il corpo di Abbas era “in una certa misura una condizione ragionevole” e una giustificazione legittima.

L’uso di Martiri palestinesi come merce di scambio era stato oggetto di controversia legale sin dagli anni ’90 del secolo scorso. La Corte Suprema israeliana aveva reso legale quella politica, considerando il suo uso legittimo nell’ambito della legge in quanto basato su “ragionevolezza” e “appropriatezza”. La Corte ha basato la sua sentenza sui Regolamenti di Emergenza che risalgono al Mandato Britannico e da allora la politica è stata interpretata in modi diversi, portando a interpretazioni contrastanti nelle corti per quanto riguarda la legalità di tale politica.

Le ultime decisioni adottate dal Regime di Occupazione in merito a questa questione sono apparse nel settembre 2019, quando la Corte Suprema di Israele ha approvato la detenzione dei corpi e il loro utilizzo come merce di scambio in futuri accordi di negoziazione basati sull’Articolo 133 della Legge britannica sull’emergenza. La decisione della Corte si applica anche ai corpi sepolti in cimiteri numerati e ha consentito il trasferimento dei corpi conservati in frigoriferi in cimiteri numerati una volta concluse tutte le procedure di registrazione e documentazione.

Recupero dei corpi dei Martiri

Da quando il Regime di Occupazione ha fatto ricorso a una politica di conservazione dei corpi, le famiglie dei Martiri hanno lottato, a livello individuale, per recuperare i loro cari e alcune ci sono riuscite, come la famiglia del Martire Ali Taha. La Campagna Nazionale per recuperare i corpi dei Martiri e scoprire la sorte delle persone scomparse è stata lanciata nel 2018 su iniziativa del Centro per l’Assistenza Legale e i Diritti Umani di Gerusalemme. La Campagna ha ottenuto alcuni risultati. È stata in grado di creare un archivio sui corpi trattenuti, soprattutto in vista della mancanza di dati ufficiali su di essi e di documentazione legale in quel momento. Ciò è stato fatto specificamente per evidenziare una questione centrale fino ad allora assente dall’agenda giuridica, politica e ufficiale palestinese, e perché non è stata fatta menzione dei corpi dei Martiri nei negoziati che hanno seguito gli Accordi di Oslo, anche se la questione dei prigionieri era un punto importante nelle discussioni politiche.

La Campagna ha iniziato la sua attività legale tentando di recuperare il corpo del Martire Mashhur al-Aruri, da Arura nel Distretto di Ramallah, dopo aver documentato quel caso, e la famiglia Aruri è riuscita a recuperare il suo corpo da un cimitero numerato dove giaceva dal 10 agosto 2010. Allo stesso modo, la famiglia di Hafiz Abu Zant della città di Nablus è riuscita a recuperare il corpo del figlio martirizzato il 9 ottobre 2011, a seguito di sforzi legali.

Nel luglio 2012, il Regime di Occupazione ha consegnato i corpi di 91 uomini e donne martirizzati all’Autorità Nazionale Palestinese nell’ambito di quelle che sono state chiamate iniziative di “buona volontà” per riprendere i negoziati. Nel periodo tra il 2013 e il 2014, Israele ha rilasciato i corpi di 27 uomini e donne martirizzati come ordinato dalla Corte Suprema israeliana che ha ordinato il rilascio di 36 corpi, ma l’Occupazione ha rinnegato questo, citando ciò che ha definito “ragioni di sicurezza”.

Da quando la politica di detenere i corpi è stata ripresa nel 2015, il Regime di Occupazione ha rilasciato i corpi di 262 Martiri tenuti in refrigerazione per periodi che vanno da giorni ad anni. Alcune famiglie di Martiri sono state sottoposte a condizioni molto dure come la sepoltura notturna, il pagamento di tariffe esorbitanti e la limitazione del numero di persone che potevano unirsi a un corteo funebre. Queste condizioni sono state imposte principalmente alle famiglie di Martiri di Gerusalemme e dei Territori del ’48.

Lo scambio di corpi è stato sollevato come questione principale durante le attuali negoziazioni di scambio. La terza fase del quadro dell’accordo includeva lo scambio di corpi una volta identificati. Questa è la prima volta che l’argomento dei corpi dei Martiri è stato sollevato in un accordo di scambio con i palestinesi in cui la Resistenza detiene i corpi dei prigionieri israeliani. I corpi di 517 Martiri furono rilasciati durante i negoziati di scambio tra il Regime di Occupazione israeliano e l’Hezbollah libanese, nonché l’esercito siriano; l’ultimo fu l’accordo di scambio concluso nel 2008, quando più di 200 corpi di Martiri, palestinesi, libanesi e arabi, furono rilasciati dopo essere stati tenuti in cimiteri numerati.

Conclusione

Un giovane di nome Muhammad Hasan Abu Ghannam incontrò il martirio nei pressi della sua città natale di al-Tur, a Est della Gerusalemme Occupata. Ciò avvenne il 23 luglio 2017, durante una rivolta popolare scoppiata per protestare contro l’installazione di posti di blocco militari agli ingressi della Moschea di Al-Aqsa. La cosa sorprendente fu ciò che accadde al suo corpo una volta che il suo martirio fu annunciato all’Ospedale Maqasid di Gerusalemme. Gli amici di Muhammad “riuscirono a far uscire di nascosto il suo corpo dall’ospedale prima che le Forze di Occupazione potessero rapirlo e trattenerlo e gli diedero una sepoltura rapida e appropriata”.

Questo episodio e altri simili hanno a che fare con il recupero dei corpi dei Martiri ed esprimono la grande importanza attribuita dai palestinesi al recupero delle spoglie dei loro Martiri, il loro rifiuto di contrattare su questa questione e la loro determinazione a non dimenticarli nemmeno dopo decenni. Illustra ulteriormente l’importanza di una sepoltura appropriata e di rituali di condoglianze per le famiglie dei Martiri e la liberazione dei corpi poiché ciò rappresenta una sfida alla Politica Colonialista. Questa è una questione che richiede uno sforzo collettivo per recuperare questi corpi che costituiscono una parte importante della nostra memoria collettiva di lotta, e per proteggere il nostro patrimonio sociale e le nostre norme culturali di fronte a un’Occupazione che intende derubarci della nostra umanità.

Nella Guerra Genocida in corso, la politica di trattenere i corpi dei palestinesi martirizzati è ancora praticata come parte della continua violenza Colonialista. Quest’ultima è aumentata a tutti i livelli e mira a ottenere il dominio non solo sulla terra e sul popolo della Palestina, ma anche sui loro corpi martirizzati. Questa diffusa politica di trattenere i corpi, praticata a Gaza, in Cisgiordania, nelle regioni del ’48 e ai rifugiati palestinesi in Libano, fa parte di un piano strategico più ampio che cerca di fare pressione sui palestinesi detenendo i loro Martiri, violando i loro corpi e usandoli come merce di scambio in qualsiasi accordo di negoziazione.

Hussein Shejaeya è ricercatore e coordinatore di campagne per il Centro per l’Assistenza Legale e i Diritti Umani di Gerusalemme.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org