Mentre Israele riprende la costruzione di un “Muro di Separazione” lungo le Alture del Golan Occupate, restano dubbi sul fatto che questi muri garantiscano effettivamente sicurezza o semplicemente attirino ulteriore Resistenza, come si è visto per altre strutture simili a Gaza, in Cisgiordania e in Libano.
Di Haidar Mustafa – 19 novembre 2024
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Tel Aviv ha recentemente ripreso a lavorare su un progetto a lungo inattivo annunciato nel 2011: la costruzione di un “Muro di Separazione” lungo il confine con la Siria. Il progetto cerca di replicare strutture simili erette lungo i confini con Libano, Egitto, Gaza e in tutta la Cisgiordania, una rete di cemento destinata a proteggere dalle minacce percepite.
I muri, sormontati da filo spinato e rinforzati con sistemi di sorveglianza, fanno parte di un tentativo in corso di stabilire confini sicuri attorno alle aree Occupate da Israele, in particolare le Alture del Golan in Siria.
Due terzi del Golan furono Occupati il 9 giugno 1967; in seguito, nel dicembre 1981, Israele si mosse unilateralmente per annettere il territorio, ignorando spudoratamente le norme internazionali e violando apertamente la Risoluzione 497 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
La Risoluzione delle Nazioni Unite ha sottolineato che l’acquisizione territoriale con la forza è inaccettabile ai sensi della Carta delle Nazioni Unite e del Diritto Internazionale, considerando nulla e non valida l’annessione delle Alture del Golan da parte di Israele.
Tutte le azioni israeliane nel Golan, tra cui l’imposizione della cittadinanza israeliana, l’espansione degli insediamenti e i tentativi di violare la zona di disimpegno per costruire un Muro di Separazione, sono ancora oggi considerate flagranti violazioni del Diritto Internazionale.
Importanza strategica del Golan
Le Alture del Golan hanno un valore strategico significativo per Tel Aviv, sia militarmente che economicamente. Il terreno elevato fornisce un punto di osservazione per monitorare le attività nelle profondità della Siria, offrendo un cuscinetto strategico contro minacce potenziali o percepite.
Inoltre, il Golan è una ricca fonte d’acqua, con il bacino idrografico della Regione che alimenta il fiume Giordano e contribuisce al più grande bacino idrico di Israele, il Mar di Galilea. La terra fertile è anche utilizzata per l’agricoltura, rendendola un’area di importanza economica e strategica. Questi fattori contribuiscono alla determinazione di Israele a mantenere il controllo sulle Alture del Golan nonostante la schiacciante opposizione internazionale.
Nel mezzo delle difficili operazioni di terra dell’Esercito di Occupazione nel Libano meridionale, sono emersi resoconti dei media su incursioni delle forze israeliane nel territorio siriano. Queste incursioni, tuttavia, erano principalmente per lavori logistici avanzati legati alla costruzione di trincee e barriere di cemento nella zona di disimpegno, l’area contrassegnata dalle linee “Bravo” e “Alpha” tra i territori siriani liberati dal 1973 e il Golan Occupato.
L’11 novembre 2024, la Forza di Osservazione del Disimpegno delle Nazioni Unite (UNDOF) ha avvertito che le “gravi violazioni” di Israele nella Zona di Disimpegno “hanno il potenziale per aumentare le tensioni nell’area”. Tuttavia, l’UNDOF, che supervisiona quest’area in base a un accordo del 1974, non ha il potere di scoraggiare tali azioni, limitando il suo ruolo al monitoraggio delle violazioni.
Le immagini satellitari pubblicate dall’Associated Press hanno confermato l’ampia costruzione e pavimentazione stradale da parte dell’Esercito di Occupazione, che si estende per 7,5 chilometri lungo la linea Alpha, con veicoli blindati e carri armati che forniscono sicurezza.
Stracciare gli accordi di disimpegno
La Zona di Disimpegno, istituita come parte degli accordi di cessate il fuoco in seguito alla guerra dell’ottobre 1973, aveva lo scopo di ridurre le tensioni e creare un cuscinetto tra le forze siriane e israeliane. Nonostante queste intenzioni, le recenti azioni di Israele indicano il desiderio di modificare lo status quo nella Regione, minando di fatto lo spirito degli accordi di disimpegno.
La costruzione di trincee e barriere in questa zona non solo aumenta le tensioni, ma eleva anche lo stato di guerra tra Damasco e Tel Aviv, rendendo qualsiasi futura negoziazione ancora più difficile.
Le attuali misure di Israele sembrano la continuazione di un controverso progetto lanciato nel 2011 dopo che palestinesi e siriani avevano violato la recinzione a Majdal Shams. Il piano ha incontrato una forte reazione negativa, con una discussione pubblica riemersa intorno al 2014-2015 durante la guerra siriana, quando gruppi estremisti sostenuti dall’estero non sono riusciti a stabilire il controllo sulle aree lungo la linea del cessate il fuoco.
Già impopolari tra la comunità drusa siriana di Quneitra che si affaccia sul Golan Occupato, questi militanti legati ad Al-Qaeda, che hanno anche ricevuto supporto militare, logistico e persino medico da Israele, erano visti come un “muro di protezione avanzato” per Israele. La loro sconfitta ha segnato il ritorno del “panico” nella dirigenza israeliana per il ripristino del controllo siriano nella Regione.
Il fallimento dei gruppi estremisti nel mantenere il controllo nella Regione meridionale della Siria evidenzia la dipendenza di Israele dai mandatari per proteggere i suoi confini. Con questi militanti non più in grado di fungere da cuscinetto, Israele è tornato alle barriere fisiche per fornire un senso di sicurezza.
Tuttavia, la dipendenza dai “muri di separazione” si è dimostrata inefficace in passato, come dimostrato dalle ripetute violazioni delle operazioni di Resistenza da Gaza, dove tunnel e altri metodi hanno reso queste barriere fisiche obsolete. Il nuovo progetto di Muro nel Golan riguarda, quindi, tanto una dimostrazione di forza e di controllo quanto la sicurezza effettiva.
Un falso senso di sicurezza
Nonostante questi sforzi, l’Operazione Onda di Al-Aqsa del 2023 ha infranto l’illusione di barriere di sicurezza impenetrabili. L’attacco a sorpresa dell’anno scorso ha esposto le vulnerabilità nell’infrastruttura di difesa di Israele, dimostrando chiaramente che le sole barriere fisiche non sono sufficienti a garantire la sicurezza.
Tuttavia, Israele continua a investire milioni nella costruzione di un altro muro lungo la Zona di Disimpegno del Golan, sostenendo che è destinato a impedire infiltrazioni dal territorio siriano. Tacito, tuttavia, è il suo desiderio di creare una narrazione mediatica che suggerisca che sta avanzando in Siria, in grado di muoversi liberamente all’interno del territorio siriano, rapire cittadini e proteggere punti strategici nella Zona di Disimpegno.
L’aspetto psicologico della costruzione del muro di Israele non può essere ignorato. Per lo Stato di Occupazione, queste barriere servono come affermazione simbolica di sovranità e controllo, sia per la sua stessa popolazione che per la comunità internazionale.
Costruendo muri, Israele mira a trasmettere un senso di difesa impenetrabile, anche se la realtà sul campo racconta una storia diversa. I muri di separazione sono, per molti versi, manifestazioni fisiche delle paure di Israele: paure di cambiamenti demografici, paure di rivendicazioni territoriali e paure di movimenti di Resistenza che prendono slancio.
Israele vede le Alture del Golan come fondamentali per i suoi interessi strategici e demografici. La continua costruzione di barriere e muri, lungi dal creare una vera sicurezza, può essere letta come un accrescere, che mira a provocare e destabilizzare la Siria meridionale, alimentando ulteriormente le tensioni.
Trascinare Damasco in guerra
I funzionari israeliani esprimono apertamente il desiderio di sconvolgimenti regionali e non hanno mai smesso di sostenere progetti militanti che accrescono le tensioni nelle regioni meridionali della Siria. Solo il mese scorso, il politico israeliano e parlamentare Avigdor Lieberman ha avvertito:
“Se la Siria continua a essere utilizzata come base logistica per i nostri nemici, ci impossesseremo semplicemente della parte siriana del Monte Hermon e non la abbandoneremo fino a nuovo avviso”.
Le recenti incursioni israeliane e gli sforzi di costruzione devono essere visti nel contesto più ampio dell’aggressione crescente contro la Siria, dal taglio delle rotte logistiche tra la Siria e Hezbollah del Libano all’attacco indiscriminato alle aree civili di Damasco, Aleppo, Homs e le regioni costiere.
La costruzione di un muro di separazione nella zona di disimpegno è una continuazione degli sforzi per trascinare la Siria in uno scontro diretto nonostante il fallimento dei precedenti progetti di muri nel garantire la sicurezza.
Le più ampie implicazioni geopolitiche di queste azioni non possono essere trascurate. Con il consolidamento della sua presenza nel Golan e l’aumento delle tensioni con la Siria, Israele sta effettivamente inviando un messaggio agli alleati di Damasco nell’Asse della Resistenza della Regione sulla sua volontà di intraprendere un’azione unilaterale per proteggere i propri interessi.
Confronto con la Resistenza
Il “Muro del Golan”, quindi, non rappresenta solo una barriera fisica, ma una dichiarazione politica, che rischia di trascinare l’Asia Occidentale in un conflitto più profondo.
La domanda chiave rimane: qual è la fattibilità di un altro muro? Questa nuova barriera avrà successo dove altre barriere hanno fallito, a Gaza, in Cisgiordania e in Libano?
Il modello delle tattiche espansionistiche di Israele e il suo disprezzo per il Diritto Internazionale sollevano solo dubbi sul fatto che queste misure miglioreranno davvero la sua sicurezza. L’ultima spinta per un Muro del Golan potrebbe portare Israele a uno scontro indesiderato, costringendolo a fare i conti con le formidabili forze dell’Asse della Resistenza dell’Asia Occidentale, le cui capacità e i cui piani Tel Aviv deve ancora comprendere appieno?
E se il Muro del Golan fa parte di un piano più ampio per rimodellare la Regione a vantaggio degli interessi israeliani e statunitensi, la Siria e i suoi alleati permetteranno che questo progetto si concretizzi?
Per Damasco e altri membri dell’Asse della Resistenza, la sfida sarà come rispondere a questa provocazione senza cadere nella trappola dello scontro diretto, un risultato che l’esercito israeliano sostenuto dagli Stati Uniti potrebbe cercare di giustificare l’Occupazione in corso e le politiche espansionistiche di Tel Aviv.
Haidar Mustafa è un giornalista siriano e presentatore televisivo di programmi politici. Ha lavorato per diversi canali mediatici e istituzioni in Siria, Libano e Iraq. È anche autore del libro Eyewitness (Testimoni Diretti) e laureato presso la Facoltà di Arti e Scienze Umane dell’Università di Damasco.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org